domenica 19 agosto 2012

Chi ha mai parlato con qualcuno dei Di Carlo?

E' morto Angelo Di Carlo, 54 anni, operaio precario-disoccupato che, per protesta, l'11 agosto si era dato fuoco davanti a Montecitorio. Al figlio trentenne ha lasciato 160 euro di risparmi. Una vicenda umana che suscita rispetto e commozione.
Purtroppo non è il primo caso di gesto disperato di chi ha perso il lavoro (ma anche di chi lo da) e con esso la speranza.
I "professori" al governo e una classe politica di somari finiti dietro la lavagna (non si devono fare generalizzazioni, ma l'esasperazione è troppa) sono sempre lì a organizzare "tavoli" per consultarsi e discutere. Ma qualcuno ha mai invitato a questi tavoli i Di Carlo, ha mai parlato con loro?

Continua l'inutile duello Fornero-Camusso

Dopo aver firmato la riforma del mercato del lavoro, il ministro Elsa Fornero in un'intervista a La Stampa di oggi lancia la palla alle imprese: "Il governo ha risanato il Paese, ora tocca alle imprese fare gli investimenti necessari per la crescita.....Essenziale è la riforma del mercato del lavoro, a partire dalla necessità di arginare la precarietà".
C'era da aspettarsi una risposta immediata della Confindustria. Invece, su l'Unità si è subito fatta sentire Susanna Camusso, segretario della Cgil: "Il lavoro non c'è. Intervenga lo Stato comprando quote delle aziende in crisi e le ricollochi sul mercato a crisi passata".
A Fornero farei rispettosamente notare che la sua riforma riforma pochissimo e non incide minimamente sulla piaga sociale della precarietà perché le aziende, in mancanza di controlli davvero efficaci, possono trovare facilmente il modo di aggirare una legge che fa acqua da tutte le parti (vedi la voglia di stabilizzazione di circa duemila precari della Rai che verrà quasi certamente elusa con contratti più brevi, o con nessun contratto).
A Camusso replicherei che lo Stato siamo noi cittadini e che l'esorbitante debito pubblico accumulato (circa 2 mila miliardi di euro) non andrebbe incrementato ulteriormente perché poi saremmo sempre e comunque noi cittadini a doverlo pagare. Per le aziende in crisi ci vorrebbero forse nuovi investimenti per una loro riconversione produttiva.
Fornero e Camusso continuano inutilmente a incrociare le armi in un duello ormai stucchevole. La ricetta giusta per la crescita, nonostante molte dichiarazioni d'intenti, non l'ha ancora in tasca nessuno. Mi aspetto però che ciascuna forza politica e sociale faccia lealmente l'interesse del Paese. Lealmente, senza proteggere interessi di parte, per l'interesse di tutti.

sabato 11 agosto 2012

Volti della rinascita di Monterosso

Ci sono i volti di Fulvia (guida turistica), Daniele (bagnino), Simona (direttrice di banca), Enzo (esperto informatico), Andrea (pizzaiolo), Lorenzo (bagnino), Simone (focacciaio), Carlo (cameriere), Andrea (guida turistica), Giovanni (gestore di locanda).
Li ha ritratti Serena Arpe, albergatrice e focacciaia, appassionata di fotografia, monterossina doc. Sono ritratti di persone che nella vita hanno un lavoro proprio e che di colpo, di fronte all'emergenza, si sono trovate a improvvisarne un altro: guidatori di ruspe e di mezzi di soccorso, manovali, falegnami, muratori eccetera. Gente di carattere i monterossini, che non si piange addosso e si rimbocca le maniche.
Serena Arpe, nei giorni dopo la disastrosa alluvione di Monterosso (Cinque Terre) del 25 ottobre scorso, smessi i grandi stivali, i robusti guantoni e la pala con cui ogni giorno lottava contro la montagna di fango che aveva distrutto gran parte dell'albergo di famiglia e completamente devastato l'adiacente focacceria, imbracciava la sua Nikon e andava in giro tra le macerie delle vie e dei carrugi del paese a catturare i volti di amici e concittadini impegnati nell'opera di riportare alla luce Monterosso liberandola dall'alto strato di terra e detriti che l'aveva semisepolta.
Sono immagini che esprimono la forza di volontà, il coraggio, la caparbietà, la voglia di vivere di chi non vuole lasciarsi sopraffare dalla disperazione e dalla realtà più dura. E, per contrastarla, mette in gioco tutte le sue risorse, anche quelle fino ad allora sconosciute, tra espressioni di stanchezza e qualche sorriso di speranza che l'obiettivo di Serena ha saputo catturare.
"Di necessità... virtù" è il titolo del breve reportage di Serena Arpe in mostra in questi giorni (fino al 15 agosto) a Monterosso in via Gioberti, sulla parete rugosa del muro di cinta di un orto in centro paese miracolosamente rimasto in piedi nonostante la furia dell'acqua. L'esposizione ha anche un sottotitolo: "Living is easy with eyes closed/misunderstanding all you see", due versi della celebre Strawberry fields forever dei Beatles, come a dire che a occhi chiusi è facile interpretare la realtà in modi diversi, metafora di chi non si rassegna, non vuole cedere  ed è capace di reinventarsi con grande energia. Come hanno fatto i monterossini.

venerdì 10 agosto 2012

Politici, ispiratevi a queste campionesse

I Giochi della XXX Olimpiade finiscono tra due giorni. Non tocca a me fare il bilancio della partecipazione degli azzurri ma mi piace sottolineare quel che mi resterà di queste sedici giornate di gare. Non il fallimento dei nostri campioni di nuoto, né la triste vicenda del marciatore dopato.
Mi resteranno due esempi. Quello della squadra femminile di fioretto, composta da Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Valentina Vezzali, due giovani campionesse e la "signora del fioretto", molto diverse tra loro, avversarie agguerrite, una contro l'altra armata nel torneo individuale, ma diventate unitissime compagne e sodali quando si è trattato di farsi squadra (per l'occasione è scesa in pedana anche la riserva Ilaria Salvatori) per il comune obiettivo di vincere per l'Italia.
Una compattezza che dovrebbe ispirare analogo sentimento e comportamento all'intera classe politica italiana, che neppure per gli interessi del Paese è capace di operare superando barriere ideologiche e/o di principio.
L'altro esempio è quello di Josefa Idem (48 anni) che, alla sua ottava Olimpiade, dopo un buon quinto posto nel kayak individuale, ha tirato il suo remo in barca e con grande compostezza e dignità ha dato il suo addio ai Giochi dopo vent'anni di una leggendaria carriera straricca di medaglie. Anche saper uscire di scena è un'arte. Un altro insegnamento per chi rimane attaccato alla poltrona del potere oltre ogni limite.

giovedì 9 agosto 2012

Più Canadair, meno cacciabombardieri

L'anno prossimo per la flotta antincendi (19 Canadair, 4 Elitanker e altri piccoli velivoli) saranno disponibili minori risorse: solo 42 milioni di euro contro i 150 messi a bilancio nel 2012. Lo ha dichiarato al Corriere della sera di oggi Franco Gabrielli, capo della Protezione civile. I piromani sono avvisati.
Che Paese! Stiamo acquistando 90 cacciabombardieri F35 con una spesa di 10 miliardi di euro e faremo volare meno Canadair.
Non c'è estate senza incendi in Italia. Bruciano zone del Nord (Emilia, Liguria), del Centro (la collina di Monte Mario a Roma), del Sud (Calabria, Sicilia). Non c'è cultura della prevenzione, non si fa prevenzione, è sotto gli occhi di tutti, e invano la Protezione civile lancia i suoi appelli perché vengano rispettate le norme antincendio. Invece niente. In più c'è il dilagare della piromania. Così quando divampa un incendio i Canadair, scarseggiando uomini e altri mezzi antincendio, diventano il principale strumento d'intervento e l'anno prossimo rischieranno di non poter alzarsi in volo. E se provassimo a rinunciare ai nuovi cacciabombardieri in cambio almeno di qualche Canadair in più? Il territorio e le casse dello Stato ne avrebbero un grande vantaggio.

mercoledì 8 agosto 2012

Monti e la "generazione perduta"

Molto rumore contro Monti per un paio di recenti dichiarazioni politically uncorrect. La prima in un'intervista a Der Spiegel in cui ha auspicato per i governi una maggiore autonomia dai Parlamenti nazionali nelle trattative a Bruxelles. La seconda al Wall Street Journal in cui ha evocato lo spaventoso scenario dello spread a quota 1.200 se fosse rimasto in carica il governo precedente. Due dichiarazioni successivamente un po' rappattumate.
Minor rumore ha sollevato invece l'intervista che il presidente del Consiglio ha dato a Sette (27 luglio 2012). Eppure anche lì il professore aveva detto cose gravi.
Per esempio, parlando dei 30-40enni italiani definiti la "generazione perduta" per le loro difficoltà o addirittura per l'impossibilità di inserirsi nel mondo del lavoro, Monti, dopo aver citato De Gasperi ("il politico pensa alle prossime elezioni; l'uomo di Stato pensa alle prossime generazioni"), ammette che messaggi di speranza possono essere dati solo ai giovani che verranno tra qualche anno. Quanto alla "generazione perduta", si può cercare di ridurre al minimo i danni e di non ripetere gli errori del passato.
Sono parole che si commentano da sé. Forse è per questo che non le ha commentate nessuno? Nessuno che abbia sottolineato queste parole. Eppure sono pesanti come macigni. Male ha fatto la stampa a non dare il giusto rilievo a questa parte dell'intervista. E comunque a Monti mi viene da dire: mi scusi, professore, ma la riforma del lavoro non l'ha fatta il suo governo? Allora abbiate il coraggio di ammettere quel che molti (anch'io) pensano e cioè che quella riforma tanto sbandierata è stata solo un piccolo rattoppo su uno squarcio di cui la "generazione perduta" non ha colpa ma per il quale paga un conto molto salato.

lunedì 30 luglio 2012

Orologio della Wehrmacht: era necessario?

In edicola oppure on line in questi giorni chiunque può acquistare una copia dell'orologio con l'aquila e la croce uncinata della Wehrmacht al prezzo di 7.99 euro.
E' il primo esemplare di una collezione di orologi militari da polso, ispirati alle insegne delle forze armate protagoniste della storia, distribuita da Hobby e Work.
Era proprio necessario? Non è la prima volta che, col pretesto del collezionismo storico spicciolo, si fanno circolare copie e simil-copie di oggetti e simboli come modellini di navi, aerei, carriarmati, bandiere, elmetti, soldatini. Adesso gli orologi, paccottiglia di una ideologia nefasta e criminale che in qualche occasione rischia di rigurgitare nel fanatismo di pochi.
Non è che chi compra oggetti come questi debba essere per forza filonazista o uno sciocco che si compiaccia di possedere un simbolo del male; può semplicemente essere qualcuno interessato a possedere un oggetto evocativo di un periodo storico.
Però l'orologio mi sembra ancora più inopportuno perché è qualcosa che si può indossare e può essere ostentato col suo messaggio di morte. In ogni caso, non ci sarebbe ragione nel possedere una simil-copia di questi oggetti; quando invece sono autentici, meglio lasciarli ai musei e allo studio degli storici.

giovedì 14 giugno 2012

Ciao Rachele, ci manchi

Giulia, mia figlia, guarda attraverso la finestra le nubi minacciose che si accalcano all'orizzonte. Tra poco pioverà. Anzi, come ormai è consuetudine in questa strana primavera che talvolta sembra autunno, diluvierà. Giulia sta soffrendo molto per la morte della nonna, mia madre, e mormora con un nodo alla gola: "D'ora in poi, quando piove, chi dirà: Chisà se chela tusa là l'è in gir cunt el muturin....?". Abbraccio forte mia figlia e asciugo le sue lacrime per consolarla cercando di trattenere le mie.
Giulia in scooter per le strade di Milano era un pensiero fisso per la nonna, che ogni sera telefonava per sapere se Giulia era rientrata. Così come voleva sapere, quando c'era brutto tempo, se tutti, proprio tutti, eravamo rincasati.
Mia madre, Rachele, avrebbe compiuto 96 anni il 18 agosto, era la penultima di una famiglia numerosa (sei sorelle e un fratello), come erano numerose le famiglie di una volta. Le sue sorelle e suo fratello se ne erano già andati tutti da anni lasciandole in eredità una bella schiera di nipoti e pronipoti che la coccolavano (molti dei quali, che ringrazio con tutto il cuore, le sono stati vicino con affetto e assiduità fino alla fine) e di cui palesemente si compiaceva. Amava molto raccontare storie degli anni della sua giovinezza, anche perché aveva una memoria di ferro nel ricordare nomi, date, fatti, eccetera. Talvolta la "usavamo" come agenda per non dimenticare un compleanno o un anniversario. La sua morte, l'8 giugno, ha chiuso un'epoca per la nostra famiglia.
Nata nel 1916, durante la prima guerra mondiale, a Torre del Mangano, un paesino della pianura pavese coperta da risaie (che amministrativamente non esiste più dal 1929, quando è stato incorporato nel comune di Certosa di Pavia - quante grane con il numero di codice fiscale!), mia madre ha attraversato gli anni molto difficili della seconda guerra e del dopoguerra col suo carattere forte, dinamico e coraggioso, vivendo di persona i valori in cui credeva con fermezza e che ha trasmesso a mia sorella, Franca, e a me.
Allora vivevamo in una frazione del comune di Assago, paese di neppure mille abitanti, prevalentemente agricolo, che si animava la domenica e in occasione della festa del patrono, in ottobre, con la processione e l'albero della cuccagna in piazza e, in estate, con la festa de l'Unità nei prati: pochi km da Milano ma quasi nessun collegamento con la città: solo una corriera la mattina troppo presto e il ritorno la sera, molto tardi per due scolarette. Erano i primissimi  anni '60, cominciava lo spopolamento della campagna a favore della città e delle sue nuove opportunità di lavoro create dal boom economico. Nei pressi di casa nostra nasceva il cantiere per la costruzione del tratto Milano-Serravalle dell'autostrada per Genova, ma la rete dei trasporti pubblici continuava a ignorarci.
Dopo le elementari, per permettere a mia sorella e a me di frequentare le medie (ad Assago non c'erano), la mamma, che aveva molto spirito d'iniziativa, aveva organizzato un "nostro" privato servizio di trasporto per raggiungere la scuola: la mattina, abbarbicate sui sellini rispettivamente del "Guzzino" di Ambrogio e della "Lambretta" di Aldo, due operai amici di nostro padre, Guido, che ogni mattina andavano a lavorare a Milano, mia sorella e io raggiungevamo la nostra scuola in via Arena, anche in inverno, attraverso strade di campagna, fendendo le nebbie che risalivano dal ciglio dei fossi e dal Naviglio Pavese; pomeriggio doposcuola, sera rientro con l'unica corsa affollatissima delle 19.20 in partenza dalla Darsena. Nel salire e scendere dalla corriera con le nostre cartelle gonfie di libri e quaderni eravamo l'incubo delle altre passeggere (operaie che lavoravano nelle piccole fabbriche e nei laboratori artigianali di Porta Ticinese) che temevano una scurlera (smagliatura) alle loro moderne calze di nylon quando, negli spazi stretti del veicolo sempre affollato, le loro gambe venivano a contatto incidentalmente con i nostri fardelli scolastici (non c'erano ancora gli zaini). Per le superiori abbiamo avuto più autonomia: in bici fino alla fermata dell'autobus urbano più vicino, circa 2/3  km da casa.
La mamma aveva la concretezza di chi ha sempre faticato, col lavoro e con la famiglia, condividendo col papà questa impostazione di vita senza fare una vacanza fino alla vecchiaia. Detto senza retorica: una vita di sacrifici, una vita semplice in cui erano prevalenti gli affetti e il rispetto per gli altri e per le regole, una vita normale secondo un modello per cui sembra esserci poco posto purtroppo nella vita di oggi.
Mia madre aveva una fede molto profonda che l'ha sempre accompagnata. Nei giorni peggiori della malattia, quando il dolore la faceva piangere, a fatica riusciva a pregare, ma pregava lo stesso, in italiano, e soprattutto in latino, come aveva imparato a pregare da bambina, e talvolta con parole che mai avevo sentito prima: "Voglio volare in cielo/accanto al tuo bel viso/con te in Paradiso". Così chi è in Paradiso non ha più potuto attendere.
Ciao Rachele. Avevo preso l'abitudine di chiamarla col nome, e non "mamma", quando da bambina, la mattina in cui feci dei capricci insopportabili, lei, che aveva esaurito la pazienza ed era esasperata, a un certo punto esclamò: "Basta, non chiamarmi più mamma!". Un'esclamazione su cui gli esperti di psicologia dell'età evolutiva oggi avrebbero molto da ridire; ma non ho avuto alcun trauma. Anzi, la presi in parola subito e, uscendo per andare a scuola, le lanciai un ironico "Ciao Rachele". Quanto abbiamo riso, negli anni, per quell'episodio.
Ciao Rachele, ci manchi (e certamente non solo per i tuoi eccellenti ravioli e il loro sugo inimitabile che non riusciremo più a fare).



lunedì 4 giugno 2012

Lavoro: tanto rumore (finora) per nulla

Il testo del disegno di legge della riforma del mercato del lavoro, con diversi emendamenti, è passato il 31 maggio al Senato. Ora si attende il giudizio della Camera.
La mia opinione è: "Tanto rumore per nulla". Qualcuno ha fatto solletico alla lotta al lavoro precario invece di cancellarne abusi conclamati e stabilire regole più eque. Sperare che alla Camera facciano di meglio è lecito, ma è meglio non crearsi aspettative.
Il mio pensiero è confortato da quanto ha dichiarato il giorno dopo il cardinale Dionigi Tettamanzi,  arcivescovo emerito di Milano, commentando il risultato di una ricerca dell'Istituto Toniolo secondo la quale la maggioranza dei giovani vuole farsi una famiglia. "C'è una precarietà strutturale nel lavoro che rappresenta la più pesante ipoteca sul futuro delle famiglie. Ci sono discriminazioni inaccettabili e un'ingiustizia scandalosa, che suona come un insulto alla povertà e ancor più alla dignità umana. Ci vogliono equità e regole per tutti". Sempre parole sante. Peccato che la politica continui a sollevare polveroni senza intervenire concretamente.

sabato 2 giugno 2012

Panorama: "La tua opinione è la tua opinione"

Il mitico slogan (allora si chiamava così) del settimanale Panorama fondato e diretto negli anni '70 da Lamberto Sechi era: "I fatti separati dalle opinioni".
Il nuovo claim (oggi si chiama così) del settimanale Panorama dopo il recentissimo restyling è: "La tua opinione è un fatto".
Avendo ben conosciuto il primo Panorama, anche per avervi lavorato a lungo negli anni della mia formazione professionale, mi sento di replicare: "La tua opinione è la tua opinione".

Terremoti, alluvioni? Chiamate l'assicurazione

Nel suo videomessaggio di ieri per la festa della Repubblica il presidente Napolitano, riferendosi ai danni ingenti provocati dal terremoto in Emilia, ha annunciato che "l'impegno dello Stato e la solidarietà nazionale non mancheranno per assistere le popolazioni che soffrono e per far partire la ricostruzione" e ha aggiunto la convinzione che "ce la faremo. E lo dico con fiducia innanzitutto a voi - gente emiliana - conoscendo la vostra tempra". Parole sante. Ma temo che quelle popolazioni domani debbano confidare soprattutto, e solo, nel loro carattere e nella loro concretezza.
Al presidente Napolitano, cui dobbiamo molta gratitudine per ogni decisione presa nel suo difficilissimo mandato, mi piacerebbe però con rispetto ricordare che proprio il 17 maggio (tre giorni prima della prima forte scossa) è stata approvata una legge che libera lo Stato dal dovere di ricostruire gli immobili distrutti e invita ogni cittadino a sottoscrivere una polizza assicurativa contro le calamità naturali (secondo la stima di un servizio televisivo sull'argomento pare che la spesa approssimativa possa essere di circa 75 euro all'anno per ogni 100 mila euro di valore dell'immobile). Come la mettiamo?

giovedì 31 maggio 2012

Festa del 2 giugno. Presidente ci ripensi

Hai voglia a dire che la parata per la festa della Repubblica del 2 giugno sarà sobria, senza carri, cavalli e Frecce tricolori.
Il presidente Napolitano, mal consigliato dal premier Monti e dai presidenti di Camera e Senato, ha deciso che la parata sui Fori Imperiali e il ricevimento nei giardini del Quirinale si svolgeranno lo stesso, nonostante i terremoti che hanno squassato e messo in ginocchio l'Emilia Romagna suggerissero magari un profilo diverso, per esempio quello di celebrare la festa delle istituzioni proprio visitando i luoghi devastati da distruzione e morte e promuovendo aiuti per risollevare quella regione martoriata, fino a dieci giorni fa una delle più ricche del Paese.
Così, l'annuale rito della coesione sociale (coesione che sembra più un traguardo desiderato che una realtà) diventa un'occasione di ulteriore divisione in un Paese già lacerato da mille problemi.
Non è questo il modo di mostrare che lo Stato c'è. Uno Stato che c'è ha molti altri modi per dimostrarlo.
Spero che il presidente Napolitano ci ripensi.

lunedì 28 maggio 2012

L'eclisse del padrone abbatte il partito

Nel Pdl la ricerca ossessiva delle responsabilità della recente batosta elettorale è proprio cieca e non porta certo alla rifondazione del partito che tutti, a parole, dicono di volere. Chi dice che è stata colpa dei candidati sbagliati, chi dell'assenza di Berlusconi dalla campagna elettorale, chi si è inventato altri pretesti fantasiosi. Qualcuno, per favore, potrebbe dire ad Alfano & C. che le responsabilità sono più vicine di quanto sembri? Le responsabilità sono tutte e soprattutto del malgoverno di Berlusconi che ha portato il Paese sull'orlo dell'abisso, (anzi già con la terra che si sbriciolava sotto i piedi) mentre le luci di Arcore brillavano sempre alte nella notte per tenere acceso il penoso e costosissimo bordello che allietava forzosamente un vecchio malato e stanco, incapace di riconoscere le vere necessità di cittadini che, incautamente, si erano fidati delle sue roboanti promesse.
Torni a casa cavaliere. E ci resti. La rivoluzione (soprattutto quella liberale, che lei aveva strombazzato  ai quattro venti) è comunque roba per cittadini che credono nella rappresentanza democratica. E' finito lo spazio per i padroni dei partiti (Lega docet).

venerdì 25 maggio 2012

La colpa è sempre del maggiordomo?

Quando ormai la colpevolezza del maggiordomo era definitivamente scomparsa dai romanzi gialli, ecco il colpo di scena: il "corvo" del Vaticano, colui che ha tradito la fiducia di Benedetto XVI, sembra proprio essere il suo maggiordomo. Tutto torna?

martedì 8 maggio 2012

L'esito del voto in pillole

Sintesi: le elezioni amministrative dell'ultimo fine settimana hanno dato una batosta al Pdl, una alla Lega, prodotto una buona tenuta del Pd e il successo del movimento di Grillo.
Il Pdl ha messo subito in discussione la leadership di Alfano e appare ora come una baldracca sbaulata che cerca faticosamente di trattenere i suoi clienti e sta pensando di presentarsi a loro con una faccia "nuova", magari quella della Santanché (che di nuovo ha sempre qualcosa).
Il "grillismo", forte di un risultato oltre le attese, potrebbe anche prendere il posto che fu della Lega bossiana, sepolta dal fango di ripetuti scandali di cui diamanti e lauree false sono stati la punta dell'iceberg. C'è voglia di nuova politica, non di partiti. Ma la politica stavolta non dovrebbe sottovalutare il movimento di Grillo come a suo tempo fece con la Lega. Troppi cittadini scontenti e delusi, troppo facile per Grillo vendemmiare il loro consenso.
Quanto al Pd, l'indicazione che mi pare uscire dalle urne è più vicina alla foto di Vasto che ad altre fotografie.

giovedì 19 aprile 2012

Susanna Camusso si è accorta dei precari

Se io fossi una lavoratrice precaria mi sentirei presa in giro. Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil, ha detto che "ai giovani di questo Paese bisogna dare delle risposte effettive". Quindi il prossimo 10 maggio tutti in piazza per una grande mobilitazione nazionale sul tema della precarietà. Buona fortuna.
Ma chi era al tavolo col governo durante le consultazioni sulla proposta di riforma del mercato del lavoro? Non era quella la sede in cui il sindacato avrebbe dovuto lottare contro la precarietà?
No, allora l'obiettivo era difendere l'art. 18. Incassata una concessione sul contestato articolo, tutti a casa. Improvvisamente adesso Susanna Camusso si sveglia e scopre che i giovani sono rimasti senza risposte. Mi scusi Camusso, auguro certamente un grandissimo successo alla mobilitazione del 10 maggio, ma arrivarci adesso è qualcosa che suona davvero un po' male. Spero che la mobilitazione sia così grande da convincere anche lei e gli altri dirigenti sindacali che avete fatto malissimo a trascurare i lavoratori più indifesi e che da ora in poi attribuirete loro almeno la stessa importanza dell'art. 18. Sarebbe già troppo tardi, ma forse qualcosa si può ancora salvare. Speriamo.

domenica 8 aprile 2012

Fondi pubblici ai partiti: vent'anni di vergogna

Adesso tutti invocano trasparenza. Il presidente Napolitano, i presidenti di Camera e Senato, i segretari dei partiti, dopo che i buoi sono scappati chiedono di chiudere la stalla. I buoi sono i 2,25 miliardi di euro dei rimborsi elettorali dal 1994 a oggi a fronte di 579 milioni di spese effettive (fonte Corte dei Conti, vedi Repubblica 5 aprile 2012). Il caso Lusi, amministratore dell'ex partito della Margherita (segretario Rutelli) scappato con una ventina di milioni in cassa e il recentissimo caso Belsito, amministratore della Lega Nord che con il denaro pubblico foraggiava abbondantemente, secondo intercettazioni e indagini in corso, la famiglia e gli amici stretti di Bossi, sono le punte dell'iceberg di un malcostume diffuso?
Spero siano casi isolati. Quel che è certo è che è scandaloso che nessuno abbia mai avuto nulla di ridire prima che scoppiassero questi scandali. Tutti conniventi. La legge sui rimborsi elettorali, fatta per aggirare il risultato del referendum del '93 che aveva detto no al finanziamento pubblico dei partiti, ha prodotto un mostro famelico che mangia risorse pubbliche molto più di quanto fosse necessario. E' scandaloso, tra l'altro, che i partiti ricevano rimborsi per tutti gli iscritti alle liste elettorali, sia che essi vadano a votare oppure no. Nessuno di loro ha mai avuto nulla da eccepire, nessuno che abbia mai detto "restituisco quel che non ho speso". Vergogna. Poi ci lamentiamo se l'antipolitica si fa strada. Pensarci prima, no?
Adesso sarebbe importante che chi ha rubato restituisca il maltolto, che i partiti non ricevano più nulla fino a quando non avranno finito di utilizzare il tesoro accumulato in quasi vent'anni e infine che venga approvata una legge che fissi un tetto alle spese elettorali. E' giusto che i cittadini finanzino la politica altrimenti farebbero politica solo i miliardari (e Dio ce ne scampi; l'esperienza conclusa pochi mesi fa brucia ancora). Ma la politica deve avere il giusto, non un centesimo di più.

venerdì 6 aprile 2012

Lavoro: una riforma che non punisce gli abusi

Se il Parlamento approverà l'attuale testo del ddl sulla riforma del mercato del lavoro le finte partite Iva e i finti co.co.pro non avranno certo motivo per sentirsi soddisfatti.
Perché? Perché la legge, una volta approvata, prevede che le aziende abbiano un anno di tempo per stabilizzare le finte partite Iva e prevede anche, per quanto riguarda i finti co.co.pro, che l'assunzione scatti solo con i nuovi contratti. Come a dire che le aziende avranno tutto il tempo per lasciare a casa, indisturbate e impunite, questi lavoratori vittime di abusi contrattuali e rappresentati da nessuno.
Mi piacerebbe che di questa realtà prendesse atto anche il presidente Napolitano che, nella sua meritevole azione di moral suasion riguardo l'art. 18, forse ha perso di vista, anche lui purtroppo, che questa riforma non è per i giovani disoccupati né per i giovani e meno giovani precari.
La consultazione del governo con le parti sociali è avvenuta quasi esclusivamente attorno all'art. 18 e il risultato è che ai "giovani", a fronte di una minore flessibilità in uscita (nuovo art. 18), è stata riservata una stretta della flessibilità in entrata purtroppo molto inferiore a quel che il governo aveva promesso col disboscamento della folta tipologia di contratti atipici.
E c'è anche il rischio che la prossima discussione del ddl in Parlamento porti, a causa delle pressioni di Confindustria e di Rete Imprese sostenute dal Pdl, a un testo ancora più peggiorativo per i lavoratori meno tutelati.
A Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, che sul suo giornale il 5 aprile parlando delle "cose buone di questa riforma" ha citato "l'avvio di una lotta al drammatico dualismo occupazionale..... L'inizio di una guerra senza quartiere all'apartheid del precariato con l'incentivo a recuperare la centralità del contratto a tempo indeterminato e il disincentivo ad abusare dei co.co.pro e delle finte partite Iva" suggerirei di leggere con più attenzione il testo del decreto legge.
Emma Marcegaglia, invece, si è calata nei panni di Alice nel paese delle meraviglie. La presidente di Confindustria, sul Corriere di oggi ammette candidamente che gli abusi di partite Iva, co.co.pro e associati in partecipazione "vanno combattuti con i controlli degli ispettori del Lavoro, non con una presunzione automatica di illecito per cui il rapporto di lavoro si trasforma in subordinato". Ma va?
Certo questa sarebbe stata la giusta premessa della riforma. Prima eliminare tutti gli abusi, risarcire i lavoratori truffati e poi, ripristinata la legalità, costruire una riforma degna di questo nome. Invece siamo in presenza di un gran pasticcio.
Punire gli abusi dei contratti più precarizzanti era uno degli obiettivi qualificanti della riforma. Mancato.

mercoledì 4 aprile 2012

Lavoro: pagano ancora i precari

Sembra che l'impegno dei sindacati e del Pd sulla modifica dell'art. 18 sia arrivato a buon fine con l'accordo del Pdl. Ovviamente avendo dato in cambio una revisione favorevole agli imprenditori sulla flessibilità in entrata.
Trovo tutto questo molto politico ma altrettanto, mi spiace dirlo, disgustoso. Da tempo ho capito che il lavoro che interessa è solo quello dei dipendenti, categoria in via d'estinzione (è ormai una tendenza consolidata ovunque) che il sindacato ritiene l'unica, insieme a quella dei pensionati, da difendere, al di là di generiche affermazioni contro la precarietà.
Penso che, con queste premesse, moltissimi giovani non andranno a votare e il Pd si attaccherà al tram e il sindacato, una volta "estinti" i suoi protetti, si troverà col sedere per terra senza più iscritti, quindi senza forza, per sopravvivere. E noi che avremo tollerato la precarietà ci ritroveremo quasi certamente con una pensione molto ridimensionata (per non dire senza). Scenario apocalittico? No, realistico.

martedì 27 marzo 2012

Lavoratori "abusati" ed "esodati". Perché?

Le esigenze di sintesi, nella scrittura dei giornali, partoriscono spesso dei neologismi che sono dei veri mostri linguistici. E' il caso di due parole come "abusati" ed "esodati".
I primi sono i lavoratori parasubordinati, impiegati con contratti finti (co.co.pro, certe partite Iva) non conformi alla legge, che li discriminano, a parità di mansioni e prestazione, rispetto ai colleghi subordinati: una categoria creata in anni di violazioni da parte delle aziende passate nell'indifferenza generale, anche del sindacato, e cui la recente proposta di riforma del lavoro si limita a fare solletico.
I secondi sono i lavoratori che avevano concordato l'uscita dall'azienda per andare in pensione e d'improvviso, con una riforma pensionistica discutibile, si sono visti cambiare le regole in corsa e allungare di qualche anno l'attesa; sono rimasti così di colpo senza stipendio e senza pensione.
Si possono stigmatizzare le offese alla nostra bella lingua, però quel che più offende è l'ingiustizia propagata da un governo che doveva agire sì con rigore, ma anche con equità. Una riforma imperfetta avrebbe potuto farla la politica, da tecnici preparati ci si poteva aspettare di più.

sabato 24 marzo 2012

Da Monti e Fornero parole, parole, parole

Il 18 dicembre 2011, a un mese circa dal suo insediamento, il governo Monti annunciò che avrebbe affrontato la riforma del mercato del lavoro.
Tre gli obiettivi principali: il depotenziamento dell'art. 18 (nonostante molte dichiarazioni di segno opposto del governo, che disse che nulla sarebbe cambiato per i lavoratori dipendenti attualmente in attività), lotta al precariato e welfare per tutti.
Il risultato che abbiamo sotto gli occhi è molto inferiore alle aspettative.
L'art. 18 per i licenziamenti per cause economiche viene effettivamente smantellato; la lotta alla precarietà è solo prurito e il welfare esclude i lavoratori "a progetto".

venerdì 23 marzo 2012

Per il lavoro un disegno di legge giusto e pericoloso

La proposta di riforma del mercato del lavoro diventa un disegno di legge e verrà discussa in Parlamento.
Notizia positiva, perché si spera che l'intera classe politica abbia voglia di riscatto, dopo prove molto deludenti, e produca, con opportune correzioni, una legge migliore della proposta governativa. Notizia negativa, perché vuol dire discussioni infinite, un numero imprecisato di emendamenti, anche di ostruzione, e rischio che alla fine tutto resti lettera morta.
Che ne è stato, infatti, dei diversi disegni di legge con proposte di modifica del mercato del lavoro presentati, soprattutto dal centrosinistra, negli ultimi anni? Non sono neppure entrati nell'agenda del dibattito in aula.
Le reazioni a questa notizia sono state ovviamente di segno opposto. Da un lato Bersani, soddisfatto per la scelta del disegno di legge, ha sottolineato che è giusto così perché si deve restituire al Parlamento la sua funzione e, tutto sommato, non c'è alcuna urgenza (ripeta, per favore, quest'ultima affermazione a chi - soprattutto precari - vede in questa legge almeno un piccolo segno di cambiamento). Gli ha risposto Alfano dicendo che, se verranno introdotti cambiamenti, anche il centrodestra vorrà cambiare qualcosa.
Ci risiamo.

Riforma del lavoro: si poteva (potrebbe) fare meglio

I colloqui tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro sono andati così così. Alla fine i professori hanno presentato una proposta "in una prospettiva di crescita" che è piaciuta solo a Confindustria. Brutto segno. Il dibattito si è svolto prevalentemente attorno all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che, a dire il vero, non doveva essere "il" problema. Almeno come primo passo.
Il problema vero, quello più urgente, doveva essere quello della fine della precarietà; precarietà da trasformare in stabilità, nei casi di abuso conclamato da parte delle aziende (cioè nella maggior parte dei casi), oppure in flessibilità "buona", cioè meglio pagata.
Poco è stato fatto in questo senso. La proposta del governo disincentiva timidamente il ricorso ai contratti a termine e introduce l'apprendistato come porta principale, fino a 29 anni, per entrare nel mondo del lavoro, porta attraverso la quale però a fine periodo passa solo una parte degli apprendisti che vengono assunti; gli altri dovranno cercare altrove.
L'annunciato disboscamento della giungla dei contratti (una quarantina) che causano precarietà non è avvenuto. Con due eccezioni parziali: l'abolizione delle finte partite Iva (escluse quelle dei lavoratori iscritti agli Ordini professionali) e la loro trasformazione in lavoro subordinato, e la cancellazione dei contratti di società in partecipazione (esclusi quelli sottoscritti tra famigliari).
Lo scandalo dei co.co.pro sembra destinato a continuare perché la presunzione, come dice il governo, che si tratti di lavoro subordinato va dimostrata (e non si sa da chi e con quali strumenti) e perché il previsto aumento del costo del lavoro flessibile a carico degli imprenditori verrà facilmente riassorbito diminuendo, di fatto, la retribuzione. Dov'è finita, quindi, la promessa che le retribuzioni per il lavoro flessibile sarebbero state più alte di quelle del lavoro dipendente?
Penso che il governo Monti, per equità, avrebbe dovuto prima di tutto sanare la grande quantità di abusi commessi ai danni di una moltitudine di lavoratori, ai quali con contratti finti non viene riconosciuta alcuna anzianità di servizio agli effetti del TFR e del welfare, e ai danni dell'Inps, cioè della collettività. Questi abusi sono violazioni, da parte degli imprenditori, di una legge sia pure imperfetta (non sono previsti controlli sulla conformità dei contratti) ma, come ogni violazione di legge, andrebbero puniti restituendo ai lavoratori quel che a loro è stato ingiustamente tolto.
Solo dopo aver sanato queste ingiustizie, il governo avrebbe dovuto mettere mano al complesso di regole che disciplinano il mercato del lavoro, non mettere subito nel mirino, per abbatterlo, l'articolo 18 sollevando un polverone che ha confuso le carte in tavola.

giovedì 15 marzo 2012

Un ricordo personale di Giorgio Bocca

L'altro ieri Milano ha ricordato Giorgio Bocca, partigiano, giornalista e storico scomparso da due mesi, nato montanaro e milanese d'adozione. Anch'io ho un ricordo personale di Bocca. Verso la fine degli anni '60 lavoravo in una azienda commerciale, studiavo economia all'università Cattolica, la occupavo in nome del diritto allo studio e sognavo di fare la giornalista da grande.
Un giorno, forse un po' ingenuamente, scrissi una lettera ad alcuni colleghi importanti che stimavo, tra cui Giorgio Bocca, per chiedere loro che cosa dovessi fare per diventare giornalista. Domanda frequente, non essendoci allora scuole di giornalismo, e alla quale di solito gli interpellati non rispondevano. Invece Bocca mi rispose e mi invitò ad andarlo a trovare. Non ci credevo.
Fu molto disponibile e, direi, paterno. Mi disse che non dovevo smettere di bussare a tutte le porte finché una non si fosse aperta (allora poteva anche accadere), e poi di cercare sempre la verità con cocciutaggine. Messaggio importante certo, ma per me, in quel momento, a vent'anni, fu altrettanto importante che mi avesse ricevuto personalmente e non mi avesse liquidato con parole di circostanza. Quel suo comportamento mi aiutò molto psicologicamente e fu la molla che mi spinse a non rinunciare alla mia idea neppure davanti a difficoltà che mi sembravano insormontabili.
Grande Bocca. Quanti sono oggi i giovani che vengono ascoltati, non dico dai maestri, ma almeno da un caporedattore?

giovedì 8 marzo 2012

8 marzo. Ma questo non è un Paese per donne

8 marzo, festa delle donne. La cronaca dei giornali continua a essere piena di donne molestate, offese, umiliate, stuprate, assassinate. Un femminicidio costante per cui i colpevoli pagano poco o nulla. Se questo non è un Paese per donne, che si smetta almeno di nascondersi dietro a un rametto di mimose.

giovedì 16 febbraio 2012

Precariato: finalmente controlli nelle aziende

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha detto che per combattere la precarietà del lavoro intende anche incentivare i controlli per scovare gli abusi, cioè quelle situazioni fuorilegge in cui il lavoratore con contratto a progetto o partita Iva e senza diritti è impiegato a tutti gli effetti come subordinato.
E' sconfortante che sia stata proprio necessaria la discussione sulla riforma del mercato del lavoro per mandare gli ispettori nelle aziende. Però forse adesso siamo sulla buona strada.

mercoledì 15 febbraio 2012

Quasi quasi rimpiango la tivù di Bernabei

Non volevo, ma devo per forza dire altre due parole sulla prima serata del Festival di Sanremo andata in onda ieri sera su Rai 1, di cui ho visto alcuni filmati in rete e letto certi resoconti sui giornali.
Musica e canzoni sono stati surclassati da un'eruzione di volgarità e dalla predica cretina di un santone ormai accreditato presso la Rai perché fa salire gli ascolti alla stessa velocità dello spread. Se Celentano non vuole più cantare ma solo pontificare se ne stia a casa: non è il suo mestiere. I suoi sermoni sono più inutili dei giornali che vorrebbe chiudere (Oddio, vuole chiudere due giornali!). Ho paura che mi stia venendo un pensiero che non condivido, come diceva un personaggio di Altan. La sua performance di ieri sera così come molte battute di cui erano pieni zeppi gli interventi di chi era sul palco (cantanti esclusi) mi hanno fatto quasi rimpiangere la tivù di Bernabei, quella che metteva in calzamaglia nera le lunghissime gambe delle Kessler. Per favore.....

Promemoria per il prof. Monti su Sanremo

Promemoria per il professor Monti (non trovando l'indirizzo mail l'ho inviato via fax).
Illustre professore, nell'opera di modernizzazione del nostro Paese che Lei sta portando avanti con i suoi collaboratori, la prego di non dimenticare la soppressione del Festival di Sanremo, retaggio vetusto e subculturale di un'Italia che non c'è più e che la Rai si ostina a proporci per cinque serate della nostra vita. Questo non è servizio pubblico. Lo faccia, per favore, non aspetti che l'Europa ci chieda anche questo. Il telecomando è democratico, è vero, e possiamo usarlo bene. Tuttavia la risonanza di questo evento (tv, radio, web, stampa ne parlano in continuazione prima, durante e dopo) ormai sfugge a qualsiasi tentativo di arginarla e penetra ovunque, anche quando è indesiderata.
Confidando in un sollecito emendamendo al decreto Liberalizzazioni che cancelli questo elemento di arretratezza, le auguro buon lavoro.
Valentina Strada

lunedì 13 febbraio 2012

Pd contro Pd: la lezione di Genova

A Genova, alle primarie per il candidato sindaco della sinistra si erano presentati in tre: il sindaco uscente Marta Vincenzi e Roberta Pinotti per il Pd, Marco Doria per Sel. Ha vinto il candidato di Vendola, sostenuto da don Gallo.
Il Pd si è suicidato con una sconfitta annunciata. La Vincenzi, che in occasione dell'alluvione a Genova si era messa in luce per l'incapacità con cui ha affrontato, o non affrontato, quel tragico evento (sei morti), ha voluto ripresentarsi. La Pinotti, in odor di "nomenclatura", non era il nome più adatto. Il Pd avrebbe dovuto trovare un unico candidato capace di portare aria nuova in città. Insomma, mi dispiace amici del Pd, ma ve la siete cercata.
Meno male, vien da dire, che in novembre, dopo le dimissioni di Berlusconi, col Pd nettamente in testa nei sondaggi, non siamo andati alle elezioni (grazie a Bersani, va detto, che ha voluto mettere al primo posto l'interesse del Paese). Meno male che sono arrivati i professori liberal (che in Italia si legge destra presentabile) perché altrimenti quasi certamente ci troveremmo con un governo di centrosinistra in cui tutti litigano, le riforme latitano e il Paese che sprofonda nell'abisso.
In ogni caso, tra Marta Vincenzi e Roberta Pinotti meno male che ha vinto il professor (anche lui) Marco Doria, benedetto da don Gallo.

martedì 7 febbraio 2012

Cari professori, scendete dalla cattedra

Il lavoro è un tema così scottante da innervosire anche i flemmatici professori. Dopo le uscite infelici pronunciate da se stesso e da alcuni membri del suo governo, il professor Monti, ineffabile, ha sentito il dovere di dichiarare: "Nessuna intenzione di esasperare gli animi sul mercato del lavoro, stiamo cercando il dialogo con le parti sociali". Prima incendiari, poi pompieri. Non è con gli sberleffi e le gaffes indirizzati ai giovani e alle loro famiglie/welfare che si cerca il dialogo. Questo governo di professori dovrebbe fare al più presto un corso di comunicazione e uno, più importante, di conoscenza del Paese reale.

lunedì 6 febbraio 2012

Fornero e Cancellieri: pensate prima di parlare

Ormai le battute o le esternazioni inopportune sui giovani in cerca di lavoro e sui precari si sprecano. Non sono bastati i "bamboccioni" di Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell'Economia nel governo Prodi e il grido "Siete l'Italia peggiore" lanciato da Renato Brunetta, ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi.
Adesso ci si sono messi anche esponenti del governo Monti, il governo che dovrebbe distinguersi anche per sobrietà nei comportamenti. In un paio di settimane sono state pronunciate "perle" come: "Chi a 28 anni non è ancora laureato è uno sfigato" (Michel Martone, viceministro del Lavoro); "Che monotonia il posto fisso!" (Mario Monti, presidente del Consiglio); "I giovani vogliono il posto fisso vicino a mamma e papà" (Annamaria Cancellieri, ministro dell'Interno); "Il posto fisso per tutti? Un'illusione" (Elsa Fornero, ministro del lavoro). Dichiarazioni offensive le prime, dichiarazione tranchant quella della Fornero, che spazza via le speranze di tutti coloro che un lavoro non l'hanno mai avuto e di quelli che ce l'hanno ma precario. Piuttosto sgradevole, madamin Fornero. Lei e i suoi colleghi di governo state forse mettendo le mani avanti per poter fare un passo indietro?
Ma perché questi signori si agitano tanto? Invece di rilasciare dichiarazioni come queste, che sollevano polveroni mediatici (chissà, magari è quel che vogliono), forse farebbero meglio a chinare la testa e a lavorare per ridare al Paese un sistema-lavoro dignitoso per tutti. Per tutti.

sabato 4 febbraio 2012

Crimini nazisti: una sentenza che non mi piace

La materia è dolorosa, e la sentenza è contraddittoria. La recente sentenza della Corte internazionale di Giustizia de L'Aja, nel dichiarare che l'Italia (con la pretesa di risarcimenti per i familiari delle vittime delle stragi naziste sostenuta da una sentenza della Corte di Cassazione nel 2008) ha mancato di riconoscere l'immunità della Germania per atti commessi nell'esercizio della sua sovranità (immunità riconosciuta invece dal diritto internazionale), impone di fatto una sorta di Realpolitik, cioè la consapevolezza che oggi ci sono esigenze politiche, economiche eccetera, che debbono prevalere sul diritto. Quindi pretesa respinta. Dall'altro lato, però, la stessa sentenza de L'Aja auspica trattative Italia-Germania, fuori dai tribunali, per porre fine a questo tragico contenzioso.
Questa sentenza non mi piace, come non mi piacciono mai norme che stabiliscono per qualcuno un'immunità. Certo, senza questa sentenza della Corte di giustizia de L'Aja tutte le vittime di guerre, genocidi, stragi, pulizie etniche avrebbero diritto a essere risarcite (in alcuni casi questo è avvenuto); anche le vittime italiane della barbarie italiana (Repubblica di Salò).
I diritti umani dovrebbero sempre prevalere sulla sovranità degli Stati, soprattutto quando quegli Stati esercitano la loro sovranità in guerre di aggressione. Ma viviamo in questo mondo, non in un altro.

Colpa del meteo e del buonismo. Per favore....

La paralisi di Roma sotto la neve è colpa del meteo e delle sue previsioni sbagliate, ha detto il sindaco Alemanno. La situazione critica dell'Italia è colpa dei partiti che in passato hanno avuto troppo cuore e hanno profuso troppo buonismo sociale accumulando disavanzo e debito pubblico, ha detto il premier Monti.
Che del meteo ci sia da fidarsi con prudenza, e non ciecamente, lo sappiamo tutti, caro sindaco Alemanno.
Quanto al buonismo, caro professor Monti, direi che i politici l'hanno riservato soprattutto a se stessi, una minoranza che tuttavia ha un certo peso sul bilancio dello Stato, per i costi del Parlamento e delle altre istituzioni, per rimborsi elettorali paragonabili a vincite al Superenalotto, per la loro scarsa presenza e l'ancora più scarsa produttività. Senza contare il buonismo perverso che fa tollerare la presenza nelle istituzioni di onorevoli e amministratori pubblici ladri, corrotti e legati alle mafie.

giovedì 2 febbraio 2012

Monti come Maria Antonietta e le "brioches"

Ma non si può dire ai precari che il posto fisso è monotono e che cambiare è bello. Ieri Monti, con aristocratico distacco, si è rivolto da Matrix ai precari affamati di stabilità affermando che il posto fisso è monotono e che cambiare è bello, un comportamento che ricorda quello che sembra abbia avuto la regina Maria Antonietta quando invitava il popolo affamato e senza pane a mangiare brioches.
Dopo l'infelice battuta del sottosegretario al Lavoro Michel Martone, che giorni fa ha definiti "sfigati" i giovani che a 28 anni non sono ancora laureati, quella di Monti è un'uscita del tutto fuori luogo che il premier, sempre molto controllato, avrebbe potuto evitare, sia perché oggi cominciano gli incontri formali tra il ministro Fornero e le parti sociali per discutere la riforma del mercato del lavoro, sia perché il clima di tensione che pesa su questa riforma non aveva bisogno d'essere rinfocolato.
Di sicuro Monti pensava di stimolare i giovani ad accettare la sfida della flessibilità, il che sarebbe stato anche legittimo, ma il tono e le parole rivolte alla moltitudine di persone che soffrono ingiustamente per questa condizione sono stati assolutamente sbagliati.
Ora Monti ha un solo modo per rimediare: fare un buona riforma del mercato del lavoro che spazzi via tutti gli abusi contrattuali che inchiodano milioni di lavoratori a una condizione senza diritti, e che introduca una corretta flessibilità regolata da norme che le aziende non possono più violare.

mercoledì 1 febbraio 2012

Proteggiamoci dagli articoli di Polito

"Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli" è il titolo dell'articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera di ieri. Un articolo fatto male, nettamente sbilanciato su una tesi pretestuosa o una provocazione?
Un articolo secondo me comunque inaccettabile, che sta alle famiglie e ai giovani italiani come, a detta di Der Spiegel, il comandante Schettino sta a tutti gli italiani. E' un articolo con qualche verità, ma pieno di luoghi comuni triti e ritriti non degni di un dibattito serio sull'argomento. Non basta qualche verità per costruire un fenomeno sociale. Qualcuno lo dica a Polito e al Corriere della Sera.

sabato 28 gennaio 2012

Due proposte per aiutare Monterosso

Monterosso è un bellissimo borgo delle Cinque Terre colpito da una devastante alluvione il 25 ottobre scorso. Tra tutte le iniziative organizzate allo scopo di raccogliere fondi per aiutare il paese a ripartire ne segnalo due che si svolgeranno a breve.
La prima è una notizia "ghiotta". Il prossimo 12 febbraio alle 12.30, allo spazio fiera di Abbiategrasso, un gruppo di cuochi di Levanto offrirà un pranzo tutto ligure con specialità come i gattafin levantesi (una specie di grande gnocco fritto ripieno di erbe fini), le trofie al pesto con patate e fagiolini e il coniglio in casseruola con olive e pinoli. Partecipare costerà solo 20 euro a persona e tutto il ricavato andrà a beneficio della ricostruzione della scuola materna di Monterosso.
Perché i cuochi sono di Levanto e la location è ad Abbiategrasso? Perché le due cittadine appartengono alla rete delle Città slow (città attente alla qualità della vita e al buon cibo), emanazione di Slow food. Insomma, una garanzia per il palato e un'eccellente occasione per dare una mano a chi è in difficoltà. Per prenotazioni telefonare alla Fondazione per la promozione dell'Abbiatense: o2/94692458.
La seconda iniziativa è quella di Miriam Rossignoli, "designer per formazione e fotografa per passione" (come si definisce), nata nelle Cinque Terre da padre italiano e madre olandese.
Il 20 febbraio, dalle 18.30 alle 21, per raccogliere fondi a favore della squadra della Protezione civile di Monterosso intitolata a Sandro Usai (il volontario-eroe cui è dedicata la serata, morto durante l'emergenza delle prime ore dell'alluvione dopo aver portato in salvo alcune persone), Miriam inaugurerà a Milano la sua mostra "Monterossoamare" presso la galleria Open mind by Newoldcamera (via Dante 12, angolo via Rovello). Le immagine esposte metteranno a confronto il prima e il dopo alluvione. Attraverso i suoi scatti l'autrice manifesta la sua volontà di scoprire e capire quale ferita è stata inferta alla sua terra, assumendosi la sua parte di responsabilità e sofferenza.
La mostra proseguirà da martedì 21 a sabato 25 febbraio dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.

venerdì 27 gennaio 2012

Riforma lavoro. Primo: basta ai falsi co.co.pro

Nell'agenda del governo Monti la riforma del mercato del lavoro veniva subito dopo quella delle pensioni. Invece prima del lavoro sono apparse le liberalizzazioni e poi la semplificazione. Tutti temi importanti, certo, ma diventa legittimo pensare che la riforma del lavoro si presenti più difficile del previsto.
Il primo incontro tra il ministro Fornero e le parti sociali non è andato molto bene. Il ministro sembra più incisivo quando può decidere tout court, come ha fatto con le pensioni; quando deve confrontarsi con altri interlocutori appare incerto e titubante, da sicura professoressa la Fornero ridiventa allieva balbettante.
La settimana prossima dovrebbero riprendere le trattative. Sul tavolo ci sarebbero uno, due, nessun progetto. Dipende dalla volontà di affrontare la questione e portarla a termine seriamente e con equità, ripristinando il primato della legalità.
La premessa dovrebbe essere innanzi tutto quella di eliminare gli abusi contrattuali sgomberando il tavolo da un'infinità di contratti fasulli e trasformando, ipso facto, i falsi contratti a progetto (ce ne sono molti che hanno addirittura il requisito della continuità pluriennale con la stessa azienda) in contratti a tempo indeterminato. Basterebbe questo per dare un primo, giusto colpo alla precarietà (non l'ha forse detto anche la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che bisogna cancellare gli abusi?). Poi, da lì ripartire con l'esame delle nuove proposte di intervento. Il lavoro dovrà pur diventare flessibile, ma deve smettere di essere precario. E' il caso di dire "buon lavoro".

mercoledì 25 gennaio 2012

Non è Schettino il bersaglio di "Der Spiegel"

Il settimanale tedesco Der Spiegel dice che Francesco Schettino, che comandava la "Costa Concordia", è l'italiano medio e che nessun comandante tedesco o inglese si sarebbe comportato così. Io dico: dipende: Se il comandante tedesco o inglese è un cretino si comporta come Schettino. Credo che essere cretini o no non dipenda dalla nazionalità come ha scritto Jan Fleischhauer di Der Spiegel.
Che dire, allora, per restare alla tragedia del Giglio di altri italiani medi, per lo più sconosciuti, che in quel disastro si sono dati da fare rischiando la loro vita per mettere in salvo qualcuno? Un giovane animatore, per esempio, Giovanni Lazzarini, si è vestito da Spiderman per tenere tranquilli i bambini e ne ha messi in salvo otto.
Le generalizzazioni sono sempre sbagliate. E anche i sillogismi tipo: Schettino è un cretino: Schettino è italiano. Gli italiani sono cretini.
In realtà, è evidente, l'obiettivo di Der Spiegel era un altro: tirare una bordata tremenda contro l'Italia (e altri Paesi a noi vicini) affermando che è stato un grave errore averne accettato l'adesione all'Unione Europea (qui, con buona pace di Altiero Spinelli, ma anche di Konrad Adenauer e di Helmut Kohl Der Spiegel si dimentica che l'Italia è stato uno dei Paesi fondatori della Ue) e aver messo insieme culture economiche molto diverse come la nostra, quella greca e quella tedesca. "Basta andare a Napoli o nel Peloponneso senza aver studiato economia", dice Fleischhauer, "per capire che questa moneta unica non può funzionare".
Conosciamo i nostri limiti, ma gli insulti sono solo sgradevoli e inutili, servono unicamente a qualificare chi li fa.

domenica 22 gennaio 2012

Debutto con caduta di stile per Dandini & C.

Ieri, in prima serata, su La7 ha debuttato il nuovo programma di Serena Dandini The show must go off. Uno spettacolo inaspettatamente lento, lungo e noioso. Forse il tentativo di riportare alla luce "il varietà del sabato sera degli italiani" non è stata una buona idea. Il pubblico della Dandini il sabato sera lo passa fuori casa.
Di pessimo gusto, soprattutto perché ci sono state tante vittime, la tiritera satirica cantata da Elio e le Storie tese sul caso del naufragio della "Costa Concordia" e del suo pavido comandante.
Avevo apprezzato la settimana scorsa la decisione della rete e del gruppo Dandini di sospendere il debutto del programma a causa di quella disgrazia. Per coerenza avrebbero fatto bene ieri sera a indirizzare altrove lazzi e frizzi.

giovedì 12 gennaio 2012

Il lato nascosto di Luca


Eravamo numerosi stamattina a dare l'ultimo saluto a Luca Grandori, caro amico e collega con cui in molti abbiamo condiviso un lungo tratto di strada in quella straordinaria esperienza e avventura che è stato negli anni '70 il settimanale Panorama diretto da Lamberto Sechi.
Luca era il più scapestrato del nostro gruppo di giovani. E un po' si compiaceva d'esserlo. Metti una sera a cena lui e Claudio Sabelli Fioretti, il divertimento era assicurato: che coppia formidabile nel farci ridere con battute esilaranti, ironiche, irriverenti.
Luca per natura era anche un po' pasticcione, disordinato, elegante (guardatelo in una foto di allora, durante una partita di calcio tra colleghi, con un completino da portiere british che neppure il grande Gordon Banks...), qualche volta spettinato come appena sceso dal letto, creativo (ha inventato riviste come Autocapital, Dove, Carnet); ultimamente era impegnato nel rilancio di Qui Touring. Anticonformista, non cercava neppure di nascondere i suoi tanti difetti. Ma Luca era anche altro.
Devo fare un passo indietro. Nel giugno scorso è morto Lamberto Sechi, il nostro maestro di giornalismo.
"Caro Lamberto, mi hai insegnato tutto, nella vita, nei valori, nella professione, perfino a scrivere senza errori Massachusetts.....", così iniziava, con l'affetto di un figlio, il ricordo di quel grande e difficile direttore scritto da Luca nella pagina dei necrologi del Corriere della Sera il 21 giugno 2011.
Massachusetts è notoriamente il nome di uno stato americano; quando il Massachusetts entrava in un pezzo di Luca (e capitava spesso nella rubrica "Periscopio", che aveva un occhio di riguardo per le notizie leggere provenienti soprattutto dagli Stati Uniti) ne usciva regolarmente storpiato: con tre o cinque esse, con una ti, e così via. Il direttore, insofferente alla mancanza di cura anche nei dettagli, s'infuriava. Luca sorrideva e correggeva, pronto a sbagliare di nuovo la settimana dopo. Massachusetts era diventato un divertente tormentone.
Leggendo quelle parole di Luca mi ero un po' commossa. Anche Sechi, direttore dal pugno di ferro, forse si sarebbe commosso e magari divertito. Lo scrissi a Luca. E lui mi ha risposto con questa lettera, rivelando un tratto nascosto del suo carattere che anche chi gli era più vicino forse non conosceva. Ora so di non fargli un torto pubblicandola.
"Grazie Valentina, le tue parole mi fanno tanto piacere, così come le molte telefonate di tanti altri amici. E' incredibile quanto abbia contato Lamberto nelle nostre vite, ed è fantastico: spero che lui in qualche modo nel corso degli anni se ne sia reso conto. Dicevo poco fa a Valeria che tutti noi, o per lo meno tutti quelli che provano gli stessi sentimenti per il periodo passato insieme a Panorama, anche se non ci vediamo o sentiamo, siamo in realtà uniti da un affetto e da una quasi dipendenza reciproca, esterna a tutti gli altri affetti. E' un legame che senti dentro di te immutabile e imperituro. Per questo la scomparsa di Lamberto, così naturale e prevedibile, mi sembra invece irreale e mi ha scioccato come non puoi immaginare. Grazie soprattutto a lui, che ci ha scelto e ci ha permesso di conoscerci e di volerci bene senza dircelo, di rimanere in contatto senza smancerie e ipocrisie così comuni nella nostra professione. Un abbraccio fortissimo, sentito, commosso e grazie ancora". Luca

martedì 3 gennaio 2012

Quando il potere è arrogante e crudele

Tra le voci che fanno dei nostri parlamentari i più pagati d'Europa c'è la diaria, indennità che normalmente viene corrisposta a chi lavora fuori sede. Che cosa ci fa allora la diaria negli stipendi di onorevoli di ogni partito residenti a Roma? Che cosa si aspetta a chiedere loro la restituzione di quanto indebitamente percepito?
L'Inps, per molto meno, non ha esitato a chiedere a un pensionato di Bari il rimborso (5 mila euro in rate da 50 euro al mese) di quanto gli aveva pagato per errore. Il pensionato, che sembra avesse anche altre preoccupazioni, temendo di non farcela si è suicidato.