giovedì 3 dicembre 2015

Poletti continua a dire sciocchezze. Irritante

L'ineffabile ministro Poletti, commentando l'allarme sollevato dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, in merito alle pensioni (non pensioni) dei 35enni, ne ha detta un'altra. "I giovani devono versare i contributi se vogliono una copertura previdenziale visto che non mi risulta siano stati immaginati strumenti alternativi che garantiscano soluzioni migliori".
Come, di grazia, dovrebbero versare i contributi i giovani che hanno un lavoro precario, a singhiozzo o addirittura non ce l'hanno? Con quali soldi potrebbero assicurarsi una eventuale copertura volontaria?
E, dal momento che al garrulo ministro non risulta che siano stati creati strumenti alternativi, ci vuole molto perché il governo si impegni per farsi venire una buona idea in proposito? Possibilmente un'idea migliore di quelle che hanno creato precarietà e apartheid nel lavoro.

domenica 29 novembre 2015

"Tu scendi dalle stelle" è un canto universale

La polemica suscitata dall'abolizione dei festeggiamenti di Natale nella scuola primaria dell'Istituto Garofani di Rozzano (pochi km a sud di Milano) ha indotto il preside reggente, Marco Parma, a offrire le sue dimissioni, ma ha avuto un grande merito: quello di aver portato alla luce lo scandalo di una struttura cadente, con le porte di cartone dei bagni, parti del tetto crollate, muri scrostati e pericolosamente attraversati da crepe (come appare un un video di Corriere Tv)
I genitori di fede musulmana dei bambini che la frequentano hanno dichiarato alle telecamere di essere estranei alla decisione del preside di non festeggiare il Natale, di non avere nulla in contrario a che i loro figli festeggino il Natale insieme agli altri bambini, cantando Tu scendi dalle stelle perché queste sono occasioni che uniscono.
Una bella lezione di integrazione e di dialogo interreligioso impartita non da sociologi, filosofi e storici ma dal basso, dalle persone comuni.
Questo episodio ha delle analogie con altri in cui sul banco degli imputati appariva l'esposizione del crocifisso in luoghi pubblici. A questo riguardo rimando a quanto ho pubblicato in questo blog il 3 novembre 2009 riprendendo un editoriale assai significativo di Natalia Ginzburg, grande intellettuale del '900, ebrea e atea. L'editoriale fu pubblicato su l'Unità il 22 marzo 1988 e il titolo era: "Quella croce rappresenta tutti: E' il segno del dolore umano". Chi volesse prendere visione della versione integrale di questo articolo (introvabile nell'archivio del l'Unità), può trovarlo qui: <http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/99173_un_articolo_di_natalia_ginzburg_quella_croce_rappresenta_tutti/>

sabato 28 novembre 2015

Poletti parla parla parla. Ma cosa dice?

In due giorni il ministro del Welfare Giuliano Poletti si è distinto con un paio di dichiarazioni che, se non avesse quella specie di elmo capelluto in testa, non avrei esitato a definire ironicamente il prodotto di una delle teste metaforicamente più lucide della squadra di governo.
Con la prima ha dato la colpa del ritardo con cui i nostri giovani laureati si affacciano al mercato del lavoro al fatto che danno troppa importanza al voto di laurea e così, inseguendo il 110 e lode, "che non vale un fico", perderebbero solo tempo. "Meglio 'bruciare' tutto in tre anni e portare a casa un 97 a 21 anni piuttosto che il voto più alto a 28 anni!".
Meglio un uovo oggi che una gallina domani verrebbe da dire con tristezza pensando ai sacrifici di una moltitudine di famiglie per far studiare i figli. Ma chi ha costruito il percorso di formazione universitaria dei giovani con il 3+2? Certo non i ragazzi che, col sistema attuale, sostengono l'esame di maturità a 18 anni e poi hanno davanti cinque anni di università (sei anni per medicina senza la specializzazione).
Per affrontare la competitività internazionale avendo buone carte da giocare occorrerebbe una riforma dell'intero sistema formativo. Ma, a giudicare dalle riforme (scuola e lavoro, tanto per citarne due) fatte da questo governo troppo in fretta e molto
male, ho qualche dubbio che possa uscirne qualcosa di davvero positivo.
La seconda sparata: "Il metodo di misurare il lavoro in ore è un attrezzo vecchio!". "Un attrezzo vecchio?".
Il tatto e le capacità di mediazione di Poletti, quando ha pronunciato queste parole, sono apparsi davvero esagerati. E' evidente che il mondo del lavoro da oltre una decina d'anni sta subendo una trasformazione epocale, segnata soprattutto dalla perdita di diritti dei lavoratori, e il tema che il ministro pone ha molte sfaccettature e andrebbe eventualmente studiato da tutte le parti sociali coinvolte.
Poiché invece questo governo ha sempre imposto il suo pensiero unico sulle grandi questioni sociali sottraendosi a ogni confronto, ecco che questa dichiarazione ha sollevato subito una montagna di polemiche giustificate.
Quando il ministro aggiunge che "dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento l'ora-lavoro", che cosa vuole dire?
La mia impressione è che il nuovo strumento (contratti che non abbiano come unico riferimento l'ora-lavoro) che dovrebbe sostituire "l'attrezzo vecchio" può essere molto pericoloso per i lavoratori se maneggiato male.

Valeria, vittima del terrorismo e della retorica

Ieri a Parigi, sulla spianata degli Invalides, la Francia ha ricordato le 130 vittime degli attentati del 13 novembre scorso. Una solenne cerimonia ufficiale riservata ai familiari e alle autorità, presente il presidente Hollande. I funerali di chi aveva perso la vita in un venerdì sera qualunque sotto le raffiche di kalashnikov di un gruppo di terroristi islamici erano già stati celebrati in settimana nelle rispettive città di residenza (vedi foto).
Martedì 24 a Venezia, alla presenza del Patriarca, di un Imam e di un Rabbino, erano state celebrate le esequie di Stato di Valeria Solesin, la ricercatrice italiana, dottoranda in demografia alla Sorbona, 28 anni.
E' stato scritto molto sulla compostezza del dolore dei genitori di Valeria, dolore che rispetto e che condivido profondamente.
Quello che non ho condiviso nelle ultime due settimane è stato, da parte dei media, il voler trasformare una ragazza brillante, studiosa, indipendente, impegnata nel volontariato, una ragazza come per fortuna se ne incontrano nelle università, al cinema, nelle librerie e ai concerti rock, in una sorta di eroina.
Valeria purtroppo è morta. Ma è morta mentre ascoltava musica in locale pubblico, non in un ospedale di Emergency. Questo non toglie niente alla gravità di quanto accaduto, al dolore, alla forte emozione che la sua morte ingiusta ha sollevato. Penso che lei per prima non avrebbe gradito il diluvio di retorica, funerali di Stato compresi, con cui la sua storia è stata raccontata. Ricordo la conclusione di un servizio andato in onda su La7: "Valeria (pausa) e Andrea, il suo fidanzato con la barba da hipster (pausa).....la meglio gioventù".
Quello della meglio gioventù, riferito a Valeria, è stato un tema ricorrente nelle cronache delle ultime due settimane.
Sul Corriere della Sera del 24 novembre Aldo Cazzullo (e non è la prima volta) ha mostrato di non conoscere la realtà dei giovani nel nostro Paese e ha scritto: "Valeria non ha piagnucolato, non si è chiusa in un lamento sterile contro il mondo intero. Il mondo l'ha affrontato, è andata all'estero, ha trovato lavoro in un'università di grande prestigio". Certo che i giovani non devono arrendersi, ma non basta partire lancia in resta...... Povera Valeria, nei suoi sogni di ragazza credo non ci fosse proprio quello di diventare un santino. La sua morte merita solo dolore, solidarietà e rispetto.

giovedì 15 ottobre 2015

L'Expo del dott. Sala e quella dei comuni mortali

"Chissà che non abbiamo insegnato agli italiani a fare la coda!" . Con questa battuta infelice Giuseppe Sala, commissario unico e amministratore delegato di Expo 2015,  ha commentato i numeri record degli ingressi al sito espositivo, e non solo nei weekend.
Una battuta molto fastidiosa perché pronunciata sul disagio di tutti i visitatori che, senza alcun controllo da parte dell'organizzazione, si sono accalcati tutti i giorni per ore, salvo poche eccezioni, nella piazza antistante i tornelli per poter entrare.
Giustamente, dottor Sala, le code si fanno nei Paesi civili. Ma quando sono come quelle che si sono addensate nel piazzale dell'ingresso Triulza, dove confluiscono i visitatori provenienti dalla stazione ferroviaria, non sono il segnale del successo della manifestazione, ma della completa e totale incapacità di chi avrebbe dovuto regolare in modo accettabile la grande affluenza prevista e non l'ha fatto (poco conta, purtroppo, che una volta gli addetti abbiano fatto defluire il pubblico verso un altro ingresso). Provi lei, dottor Sala, a mettersi in coda in queste condizioni.
Ma il numero degli ingressi non doveva essere contingentato? A parte il fatto che nessuno sa (salvo forse gli organizzatori) quale doveva essere il numero massimo di visitatori consentito, c'è stata la farsa dei biglietti a data aperta, i biglietti più costosi (39 euro per un adulto fino a 64 anni) per i quali nei primi tre mesi è stato obbligatorio scegliere una data e confermarla attraverso il sito; conferma che però, da agosto, è diventata solo "fortemente consigliata" col risultato che, confermata la data o no, gli organizzatori hanno perso il controllo degli ingressi. Alè, dentro tutti come bestie!
E vogliamo parlare delle scolaresche? Una moltitudine di studenti di ogni età organizzati con le loro classi e insegnanti, che puntualmente sorpassavano i disgraziati in coda da ore.
Ci voleva molto a pensare a giornate dedicate alle scuole? Che so, una giornata alla settimana nei mesi di apertura delle scuole, giornata in cui anche eventuali altri visitatori avrebbero potuto comunque entrare, ma consapevoli che le classi avevano la precedenza.
La mia giornata a Expo da comune mortale e non da giornalista, lunedì 12 ottobre, è stata un incubo. Già all'uscita dalla stazione ferroviaria, alle 10, mi sono trovata in una bolgia dantesca. Senza le barriere che incanalassero fin dall'inizio i visitatori verso un tornello, ci siamo trovati tutti pigiati come sardine, avanzando pochi centimetri alla volta gomito a gomito, piedi a piedi facendo attenzione a non calpestarci, senza vedere dove eravamo diretti. Una marmellata di persone. E la sicurezza?
Finalmente, a pochi metri dai tornelli e dai metaldetector, riesco ad avvistare, dopo due ore due, le transenne che delimitano le code. Dopo un frettoloso controllo eccomi dentro, finalmente!
Noto subito che il tentativo di visitare qualche padiglione, stimola la "creatività" di molte persone che vogliono accorciare la coda: falsi invalidi in carrozzina o col bastone, falsi over 75 improvvisamente invecchiati, di tutto, di più.
Fino alle 17, ora in cui ho gettato la spugna, ho potuto visitare solo due padiglioni (Indonesia e Oman). Per il terzo (Qatar), dopo due ore di coda ho mollato.
Uscendo, mi sono fermata alla prima postazione Informazioni incontrata sul Decumano. Sapendo che c'era la possibilità di saltare la lunghissima coda all'ingresso se avessi formato un gruppo di 30 persone (visite personalizzate a 366  euro a gruppo), ho chiesto chiarimenti al riguardo. Una gentile hostess ha gelato le mie aspettative dicendomi che queste visite, per mancanza di personale (?), sono state abolite. "Ma è scritto nel sito.....", ho cercato timidamente di replicare. "Si vede che non è stato aggiornato". Certo.
Conclusione: ho pagato il biglietto, non ho visto niente, ho perso gran parte della giornata in coda. Mal di schiena, mal di gambe, mal di piedi assicurati per qualche giorno. In coda anche per un caffè, la toilette, uno spuntino..... E' normale? No.
A prescindere dagli inevitabili discorsi trionfalistici che abbiamo sentito ogni volta che un'autorità è venuta a visitare Expo, e che sentiremo nella cerimonia di chiusura a fine mese, mi dispiace soprattutto per chi (quanti commenti negativi sull'organizzazione!), italiano o straniero, è tornato a casa con una cattiva impressione della mia città.
Spero solo che il messaggio di Expo Milano 2015, "Nutrire il pianeta", sia riuscito a oltrepassare tutte le code e tutte le barriere e, a dispetto di quelli che sanno fare solo il conto dei biglietti venduti, colga davvero nel segno e faccia partire iniziative concrete per il futuro del nostro pianeta.



mercoledì 14 ottobre 2015

Mondadori compra aziende e taglia posti di lavoro

Mondadori comincia di nuovo a sforbiciare posti di lavoro. Dopo aver annunciato l'acquisto di RCS Libri la sera del 4 ottobre scorso (per 127,5 milioni), operazione che rafforza nettamente il dominio della casa editrice di Segrate sul mercato italiano, tanto da prevedere la possibilità di un intervento dell'Antitrust, Marina Berlusconi, presidente della Mondadori, nell'intervista al Corriere della Sera (6 ottobre 2015), ha illustrato il significato dell'operazione: "E' un atto di fiducia nel libro, ma anche nell'Italia, nella creatività, nell'intelligenza, nella voglia di conoscere e di emozionarsi degli italiani, quindi nel futuro del Paese e nella qualità di questo futuro".
Delle proteste degli autori più prestigiosi di RCS Libri (Umberto Eco per primo), preoccupati per l'identità dei diversi marchi del gruppo rizzoliano, hanno parlato in tanti ma sono rimaste sulla carta.
Invece del futuro dei dipendenti RCS Libri nessuno si è occupato finora. Però una rassicurazione è venuta dalla stessa Marina Berlusconi quando, nell'intervista, alla domanda sul timore di tagli al personale ha risposto: "Non abbiamo rilevato la RCS Libri per mortificarla, ma per valorizzarla. Per valorizzare il gruppo, i suoi marchi, i suoi autori e naturalmente le persone che vi lavorano".
Allora tutti tranquilli? Per niente!
Il 1° luglio scorso Mondadori, che già deteneva il 50% della joint venture Mondadori/Gruner+Jahr ha annunciato l'acquisizione dell'altro 50% assumendo così l'intero controllo dei periodici del mondo Focus. Due giorni dopo la conclusione di quest'ultima operazione la casa editrice di Segrate ha licenziato 23 dipendenti grafici editoriali su 26.

martedì 6 ottobre 2015

Dalli al manager Air France. La lezione di Parigi

La vista dei top manager di Air France (nella foto, Xavier Broseta, capo delle Risorse umane) con la camicia strappata o senza camicia, che ieri mattina arrancavano per fuggire oltre i cancelli della loro sede all'aeroporto di Paris CDG, all'interno dei quali per loro erano botte e calci sicuri, non è stata un bello spettacolo; diciamo pure che è stato uno spettacolo incivile. Assolutamente incivile.
Ma quanto di civile c'è nella scelta fatta a tavolino di lasciare a casa 2900 lavoratori? Soprattutto dopo che su quella stesso tavolo qualche anno o mese prima erano state fatte, non importa se dagli stessi o da altri manager, scelte strategiche completamente sbagliate che hanno messo l'azienda in condizioni di dover proporre tagli dolorosi per sopravvivere?
Quello dei manager che sbagliano, della loro responsabilità, è un tema molto spinoso che suscita alcune domande.
Come vengono scelti i dirigenti di un'azienda? Se poi risultano incapaci è proprio necessario riempirli di benefit, bonus e milioni quando se ne vanno e lasciano sul lastrico migliaia di famiglie? Si dice sempre che lo prevede il loro contratto. Ma quando si scelgono non si possono condizionare i loro lauti guadagni al buon andamento dell'azienda che viene loro affidata? Perché nessuno di loro paga mai per i danni, anche gravissimi, provocati? Quanto di civile c'è nel liquidarli a peso d'oro?
Quel che è accaduto all'aeroporto di Parigi, dove a sollevarsi sono stati soprattutto piloti, hostess e personale di terra (lavoratori "garantiti"),  induca a riflettere soprattutto il sindacato, anche da noi. Chi si ribella lo fa perché ha paura di perdere ulteriormente diritti, già in parte erosi per motivi sempre ossessivamente riconducibili alla crisi e non all'incapacità del top management. Chi non si ribella invece sono gli ultimi, i precari, quelli che non hanno diritti, non sono rappresentati da nessuno e nessuno li ascolta. Attenzione, però, la scintilla scoppiata in Francia potrebbe diventare contagiosa.

giovedì 3 settembre 2015

Quanti altri Aylan in questa tragedia senza fine?


Aylan, piccolo siriano, 3 anni, morto annegato mentre da Bodrum (Turchia) con la sua famiglia cercava di raggiungere l'isola di Kos (Grecia). Nilufer Demir/DHA/Reuters

Un'immagine bestiale che non deve solo colpire e scuotere le coscienze di ognuno ma che, per rispetto di tutti i bambini che dormono in fondo al mare e che non abbiamo mai conosciuto, vittime innocenti della follia degli uomini e della guerra (chi si ricorda che in Siria c'è la guerra da quattro anni?), deve aiutarci a spazzare via ogni minima scintilla di intolleranza per chi sentiamo diverso senza che sia diverso. Il resto è quasi sempre retorica.
Come siamo ipocriti, però, caro Aylan. Poiché il mare ti ha restituito alla terra, siamo tutti commossi e  colpiti e indignati alla vista del tuo corpicino senza vita. Sul tuo fratellino Galip e sulla vostra mamma Rehan, che giacciono in fondo al mare e di cui non abbiamo visto la fotografia, non si sono spesi troppe parole e troppi fatti. Come mai troppi ne sono stati spesi per tutte le altre vittime di questo esodo biblico ovunque esse si trovino.
Forse, nella società dell'immagine, ci voleva la tua foto, piccolo Aylan, per suscitare la speranza che questa tragedia si potesse almeno arrestare, abbattendo tutti i muri ma soprattutto il muro dell'indignazione impotente, degli egoismi e dell'indifferenza nella testa e nel cuore di tutti i governanti e tutti i cittadini d'ogni Paese, anche di quelli che apparentemente non sono coinvolti in questo nuovo Olocausto.
Ciao piccolo Aylan, mando una carezza a te e a tutti gli altri bambini morti per la guerra.

















sabato 29 agosto 2015

Dramma migranti: l'Onu è meno di un condominio

Ban-Ki moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha detto che per l'emergenza migranti in Europa "bisogna fare molto di più". Parole sante, parole tardive. E infatti che fa il segretario generale? Mette il drammatico problema all'ordine del giorno della prossima Assemblea generale dell'Onu (30 settembre!!!) quando a New York saranno presenti i rappresentanti di tutti i Paesi membri.
Va bene sapersi accontentare, ma qui è in gioco la vita di qualche milione di persone. Un po' più di celerità no? Quante altre decine, centinaia di migliaia di persone moriranno nel frattempo?
Quando in un condominio si presenta un problema importante e urgente l'amministratore convoca un'assemblea straordinaria. L'Onu è forse meno importante di un condominio? La vita di una moltitudine di persone meno importante di un'infiltrazione d'acqua dal tetto?

venerdì 28 agosto 2015

Basta con l'Olocausto dei migranti

Nelle acque del Mediterraneo e lungo i confini dell'Europa dell'Est, dei Balcani e della Turchia si sta consumando un nuovo Olocausto. Sono i migranti che fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla fame, dal terrorismo, da violenze e sopraffazioni d'ogni genere, e che finiscono in gran parte in fondo al mare, asfissiati nei cassoni dei camion, stremati fino alla morte lungo i percorsi segnati da muri di filo spinato o da binari ferroviari sui quali non transita mai il treno della salvezza.
Era proprio necessario che così tanti esseri umani morissero perché l'Europa (leggi Angela Merkel) si svegliasse da un lungo torpore e decidesse che è arrivata l'ora di muoversi, di agire su tutti questi fronti? E quanti ancora moriranno prima che nuovi provvedimenti diventino operativi?
Penso da sempre che ciascuno di noi, io per prima, non abbiamo alcun merito per essere nati in un Paese libero, con tanti difetti ma libero. E i migranti che ci chiedono aiuto non hanno alcun demerito per essere nati in Paesi in guerra o nella miseria.
Solo la cultura e l'amore per il prossimo possono evitare nuove tragedie, nuove Shoah, e per raggiungere questo obiettivo occorre la mediazione di una politica che non chiuda gli occhi.

Roma città ferita, il sindaco è assente

Roma messa sotto la tutela del super prefetto Franco Gabrielli a pochi mesi dal Giubileo che porterà nella capitale milioni di fedeli. Il sindaco Ignazio Marino, in vacanza ai Caraibi, continua a fare immersioni in quel mare limpido prevedendo, al ritorno, di doversi immergere nella melma fangosa degli scandali che hanno travolto la capitale e delle polemiche per la sua assenza.
Le opposizioni ne chiedono con forza le dimissioni per andare subito a nuove elezioni. Sul suo predecessore, Gianni Alemanno, indagato per associazione mafiosa e rinviato a giudizio per finanziamento illecito, le opposizioni tacciono.
Il professor Marino, grande chirurgo dei trapianti ampiamente votato dai romani come sindaco due anni fa, ha avuto il merito d'aver scoperchiato la rete di connivenze criminali, ma politicamente si è dimostrato incapace di amministrare una città complessa come Roma.
Al di là delle sue responsabilità vere e/o strumentali, credo che Marino avrebbe fatto meglio a tornare dalle vacanze. Se la città brucia il primo cittadino deve essere in prima linea nel tentativo di spegnere l'incendio. Non serve sapere che durante la sua assenza lui era pienamente rappresentato dal vicesindaco Marco Causi. Restando in vacanza, Marino è diventato un bersaglio troppo facile per il tiro al piccione delle opposizioni. Anche volendo evitare un commento moralistico, fare la morale a Marino è diventato un gioco da ragazzi per chi da tempo aspetta di impallinarlo ben bene.
La politica, ma prima ancora l'etica e il senso civico di ognuno, ci impongono i doveri prima dei diritti. E questo vale per tutti, ma per un sindaco di più.

giovedì 27 agosto 2015

Grazie a Mattia Fantinati per lo schiaffo a CL

Non ho votato per il Movimento 5 Stelle e non ne condivido certi atteggiamenti non democratici, ma condivido in pieno l'intervento di ieri del suo deputato Mattia Fantinati al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. "CL è la più potente lobby italiana, ha trasformato l'esperienza spirituale e morale in un paravento di interessi finalizzati sempre e comunque a denaro e potere...... Avete generato un potere politico capace di influenzare sanità, scuole private cattoliche, università, appalti, sempre dalla parte dei potenti, sempre dalla parte di chi comanda e sempre in nome di Dio, e il Vangelo di Luca dice che non potete servire Dio e il denaro", ha denunciato con veemenza dal palco il deputato del Movimento 5Stelle. "La politica deve essere laica.... Non esiste una politica cristiana, esiste il cristiano che fa politica".
Ci voleva qualcuno al di fuori dei salotti della politica per parlare così schiettamente e duramente a quella platea da sempre più avvezza a interventi sul velluto. Mi auguro che i moltissimi militanti e simpatizzanti di CL riflettano su quelle parole dure ma sincere. Parole che valgono comunque ogni volta che interessi personali prevalgono sul bene comune.

venerdì 14 agosto 2015

Adesso la Lorenzin si preoccupa....

Al ministro per la Salute Beatrice Lorenzin che, preoccupata per il welfare delle famiglie e il calo della natalità, su "Repubblica" di oggi sottolinea che tra 20 anni ci sarà un numero drammaticamente basso di giovani che lavorano e pagano i contributi, vorrei chiedere se, quando il governo Berlusconi e il Parlamento che lo sosteneva hanno creato la precarietà del lavoro con la legge Biagi/Maroni pensavano di fare la cosa giusta per i giovani.
Gradirei una risposta, ma so che non l'avró.

lunedì 10 agosto 2015

Una strage silenziosa nei campi del Sud

Nei campi di pomodori e nelle vigne della Puglia sotto il sole, e che sole!, di questa estate insopportabilmente torrida negli ultimi giorni hanno trovato la morte tre braccianti: un sudanese, un'italiana e un tunisino. Si chiamavano Abdullah Mohammed (47 anni), Paola (49 anni) e Zaccaria (52 anni).
Salvo qualche breve articolo in cronaca la notizia di queste morti non ha destato particolare sdegno essendo giornali e tv già pieni purtroppo della strage continua di migranti morti annegati nel Mediterraneo.
Leggiamo le notizie dei naufragi e vediamo le scene tragiche che li rappresentano mentre sfogliamo distrattamente un giornale o guardiamo un tg facendo colazione.
Lo sdegno da troppo tempo, purtroppo, ha lasciato il posto all'indifferenza, magari un'indifferenza toccata da qualche sussulto di solidarietà ma alla fine... "E' uno scandalo,
che cosa ci possiamo fare noi? E' un problema europeo"... Domande e risposte auto-assolutorie che trovano spazio nel vuoto di una normativa comunitaria che sia davvero efficace, emergenza a parte.
E ancora ci autoassolviamo quando le vittime sono pochi lavoratori in nero che muoiono nelle piantagioni del Sud a causa dello sfruttamento disumano cui sono sottoposti per pochi euro al giorno. Colpa dei "caporali", colpa di agricoltori senza scrupoli eccetera. Tutto vero. Ma in questi casi sarebbe meno complicato intervenire davvero in modo concreto e non solo in emergenza. Gli strumenti ci sono. Ci sarebbero.
Dov'è il Jobs Act? Dove sono i controlli degli ispettori del lavoro sulla regolarità dei contratti e sulla sicurezza sul lavoro? Dove il sindacato?
Ma prima ancora ci vorrebbe qualche provvedimento molto duro contro il caporalato, piaga mai estirpata del Sud.

giovedì 25 giugno 2015

Stipendi Pa e pensioni: chi ha avuto e chi ha dato

"Chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato". Non sono una costituzionalista, ma mi sento di dire che questo mi è sembrato il principio ispiratore, poco consono a uno Stato di diritto, di un paio di interventi di uno Stato pasticcione in materia di pensioni e di contratti e retribuzioni della Pubblica amministrazione.
Nel primo caso la sentenza della Consulta ha giudicato illegittimo il blocco della perequazione delle pensioni deciso nel 2011 dal governo Monti, sentenza che dovrebbe essere applicata retroattivamente e che comporterebbe un esborso di circa 5 miliardi di euro secondo una stima dell'Avvocatura dello Stato. Una decisione che ha provocato ovviamente un terremoto per i conti dello Stato, infatti il governo Renzi ha già escogitato il modo per disattenderla prevedendo un rimborso parziale e non a tutti i pensionati.
Nel secondo e più recente caso la Consulta ha agito diversamente. Giudicando illegittimo, ma stavolta non retroattivo, il blocco dei contratti e delle retribuzioni degli statali deciso nel 2010 dal governo Berlusconi, la Consulta ha agito secondo alcuni con senso dello Stato; un po' furbescamente, secondo altri. In sostanza, invocando quanto aggiunto all'art. 81 della Costituzione nel 2012, e cioè "l'equilibrio tra le entrate e le spese di bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico", la Consulta toglie le castagne dal fuoco al governo Renzi che non sarà tenuto a risarcire i dipendenti statali per i mancati adeguamenti dei loro stipendi.
Intendiamoci, l'art. 81 della Costituzione sancisce un buon principio se lo Stato fosse retto da buoni amministratori. Invece così non è e nella quotidianità l'applicazione di questo principio finisce per pesare sull'equilibrio dei bilanci famigliari.  Siamo sicuri che non ci fossero altri sprechi da eliminare per avere i conti in ordine?
In estrema sintesi, lo Stato fa le leggi ma è il primo a trovare il modo per non rispettarle. E anche l'immagine della Corte Costituzionale non ne esce proprio bene.

domenica 21 giugno 2015

Elisabetta Sgarbi preferisce i precari a progetto

Dal Tg3 Linea Notte del 20 giugno 2015. Tra gli argomenti trattati c'è la riforma della scuola con la previsione di assunzione di circa 100 mila precari. Dopo gli interventi di un paio di ospiti in studio, prende la parola Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale della Bompiani (RCS Libri), scrittrice e regista (è presente infatti per presentare il suo docufilm Per soli uomini, che testimonia l'esistenza dura di tre uomini che lavorano nel fragile ecosistema del Delta del Po allevando pesce).
Allacciandosi alla questione dei precari della scuola, la Sgarbi interviene: "I precari, sì, ma dov'è effettivamente una politica di assunzione dei precari? Per quel che riguarda le case editrici esistono un'infinità di contratti a progetto che forse diventeranno assunzioni, ma dove i ruoli sono totalmente indistinti. Il 'progetto' ancora definiva un obiettivo..... e quindi un'attività all'interno della casa editrice, l'assunzione ci sarà ma probabilmente queste persone si troveranno a svolgere un ruolo che.....". Interviene mormorando il conduttore Maurizio Mannoni: "Nella scuola (i precari) un ruolo lo troveranno. Del resto lavorano nella scuola.... verranno regolarizzati". E interrompe le parole un po' sconclusionate della Sgarbi annunciando con decisione:"Ora vediamo i titoli dei giornali sulla scuola......".

sabato 20 giugno 2015

Una sanatoria vantaggiosa secondo Ichino

Due giorni fa ho fatto una domanda all'on. Ichino, giuslavorista. L'occasione è stata l'incontro "Dall'art. 18 al Jobs Act" che si è svolto presso la sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, dove il giuslavorista si è confrontato con Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil.
Non avendo Ichino risposto pubblicamente (forse per mancanza di tempo?), alla mia domanda se era vero che nel decreto attuativo sul riordino dei contratti era prevista la sanatoria pro-aziende di cui al post precedente, al termine del dibattito l'ho avvicinato e gli ho ripetuto la domanda.
“Certamente”, è stata la risposta dell’on. Ichino. “Del resto, scusi, in questo modo il lavoratore ha il vantaggio di poter scegliere se accettare la conciliazione oppure fare causa”.
Una risposta che mi ha lasciato di stucco. Invece di risarcire il lavoratore che ha ricevuto un danno da contratti precari reiterati si fa una sanatoria per premiare l’azienda che ha tratto beneficio da quel danno.
Questa sanatoria sarà punitiva soprattutto per quei lavoratori che sono precari da molti anni, un altro schiaffo a quella “generazione perduta” (secondo una infelice definizione di Mario Monti quando è stato presidente del Consiglio) formata da ex giovani invecchiati nella precarietà, di cui nessuno si occupa perché è troppo scomodo guardare indietro, meglio far finta di niente a guardare avanti.
Un altro regalo alle aziende, virtuose e non, che hanno già avuto l’abolizione dell’art. 18 e lo sgravio contributivo di 8 mila euro all’anno per tre anni. E questa sarebbe la lotta alla precarietà? La fine del dualismo nel mercato del lavoro?

giovedì 18 giugno 2015

Ultimo scandalo Jobs Act: la sanatoria pro aziende

Per rispettare la legalità il Jobs Act sarebbe in gran parte da riscrivere. L'ultima novità contenuta nel decreto sul riordino dei contratti è scandalosa.
Invece di prevedere una sanatoria a favore dei lavoratori che sono stati brutalmente truffati con falsi contratti a progetto e false partite Iva riconoscendo loro, nel passaggio al nuovo contratto "a tutele crescenti", l'integrità dei contributi pregressi e una somma una tantum per le differenze retributive, tredicesima e Tfr, il legislatore ha pensato ancora una volta di beneficiare le imprese, soprattutto quelle disoneste. Come? Dopo l'abolizione dell'art. 18 e gli 8mila euro di sgravi contributivi all'anno (per 3 anni) a favore delle imprese, ecco la beffa: nel passaggio dai contratti atipici a quello "a tutele crescenti" il 1° gennaio 2016 scatterà una sanatoria ancora a tutto vantaggio delle aziende che hanno violato la legge con l'estinzione di quanto dovuto ai lavoratori in materia contributiva, amministrativa e fiscale per il tempo di lavoro pregresso. In sostanza il lavoratore dovrà rinunciare a tutto quanto gli è dovuto firmando una conciliazione; in cambio l'azienda s'impegna a non licenziarlo per un anno.

venerdì 12 giugno 2015

Jobs Act: non è tutto oro quel che brilla

Non passa giorno che non ci siano annunci confortanti sull'aumento dell'occupazione a tempo indeterminato grazie al Jobs Act. Bene, contrariamente a quanto viene sbandierato ai quattro venti, si tratta di contratti "a tempo indeterminato e a tutele crescenti" che di "indeterminato" hanno nulla perché si può licenziare con molta facilità e di "crescente" hanno solo un modesto indennizzo per chi è licenziato.
Non mi stupisco che nessuno dica questa sacrosanta verità. Del resto se il Jobs Act, voluto da un sedicente governo di centrosinistra, è piaciuto solo a chi l'ha scritto e alla Confindustria (felice del regalo di tre anni di incentivi e della cancellazione dell'art. 18 salvo rari casi di discriminazione) un motivo ci sarà.
Certo, sempre meglio un uovo oggi che una gallina domani; merito del Jobs Act, e glielo riconosco, è quello d'aver agitato un po' le acque stagnanti del mercato del lavoro, per molti anni paralizzato da leggi inique che hanno creato una precarietà diffusa (quella sì, purtroppo, stabile). Però si sarebbe potuto fare di meglio. Quindi, la si smetta con i facili trionfalismi sull'aumento dell'occupazione, la verità è molto meno brillante.

giovedì 11 giugno 2015

La paga di Gad Lerner e quella dei colleghi RCS

Ieri ho letto che Gad Lerner ha deciso di interrompere la sua collaborazione con il gruppo Repubblica-Espresso (editore non nuovo a stati di crisi) perché, rispetto al lavoro che fa, ritiene di essere pagato poco (Primaonline.it).
Poi ho letto che RCS Mediagroup ancora una volta farà ricadere sui lavoratori il peso delle scelte dissennate compiute da un management incapace e irresponsabile: altri 470 esuberi da ripartire in tutte le attività del gruppo cui far fronte con una nuova richiesta di contratti di solidarietà.
Ovviamente Lerner è libero di pretendere quel che ritiene giusto per il suo lavoro così come l'editore è libero di riconoscerglielo oppure no. E' il mercato. 
Diversamente i colleghi RCS non hanno alcuna libertà perché, per poter lavorare, da qualche anno sono sotto ricatto e sembra che continueranno a esserlo.
Per non cadere in troppo facili moralismi trovo che la vicinanza di queste due notizie sia un po' stridente. E in ogni caso, comunque, avrei preferito non doverle leggere.

mercoledì 3 giugno 2015

La cattiva politica scaccia quella buona

Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, è stata denunciata per diffamazione da Vincenzo De Luca, "impresentabile" neoeletto governatore della Campania. Un po' in ritardo ma la Commissione ha fatto il suo dovere e troppo impulsivamente De Luca ha risposto. Comunque vada a finire questa brutta storia, penso che si accentuerà ancora la lontananza dei cittadini dalla politica proprio quando il Paese ha più bisogno della politica, della buona politica. 

venerdì 29 maggio 2015

Impresentabili. Se questo è un Paese

Tra pochi minuti la Commissione Antimafia dovrebbe comunicare l'elenco dei candidati "impresentabili" alle elezioni che si tengono in sette Regioni dopodomani 31 maggio.
Impresentabili? Candidati ad amministrarci?
Ma in che Paese siamo?

martedì 26 maggio 2015

Ricordo dell'amica Silvia Del Pozzo, giornalista

Qualche giorno fa (22 maggio) se n'è andata Silvia Del Pozzo, giornalista, cresciuta professionalmente nella redazione di Panorama, alla scuola di Lamberto Sechi, mitico fondatore del primo newsmagazine italiano.
Da tre anni Silvia lottava con caparbietà ed energia contro un tumore, ma solo negli ultimi giorni s'è dovuta arrendere. Non è retorico dire "con caparbietà ed energia" perché dalla diagnosi della malattia in poi, nonostante ripetuti cicli di chemio e altre terapie, Silvia ha continuato a condurre la sua vita di sempre: mai mancata un'anteprima teatrale (fino all'ultimo ha tenuto la rubrica di teatro sul mensile Style), un concerto o una rappresentazione alla Scala, una mostra, un film appena uscito ("Ho visto l'ultimo di Moretti, Mia madre: commovente, bellissimo"), una serata conviviale.
Silvia ha convissuto con la sua malattia con la consapevolezza di chi conosce bene ogni aspetto del suo nemico e con tutte le forze vuole neutralizzarlo. Ha continuato a fare progetti nonostante il progredire del male: visitare Expo, fare un giro sui Navigli per vedere la nuova Darsena, le vacanze estive da organizzare. Ha perfino cambiato casa (con tutto lo stress che un trasloco comporta) per avere una stanza in più per la persona che, all'occorrenza, avrebbe dovuto accudirla. Come dire: un passo alla volta, la malattia avanza ma io mi attrezzo.
Silvia Del Pozzo era nata a Vicenza da genitori piemontesi. Le due componenti delle sue origini le hanno dato una sorta di doppia personalità. L'allegria, la disponibilità, la verve, il senso dell'amicizia nella vita privata. La caparbietà, il pragmatismo, il senso del dovere e un certo perfezionismo fino alla pignoleria, nella professione. Dopo la laurea in lettere all'università di Padova Silvia si trasferì a Milano, dove entrò alla Mondadori.
Intanto, nei primi anni Settanta, anni roventi e dolorosi ma sempre stimolanti, Panorama, in un continuo testa a testa con L'Espresso, diventava il più importante newsmagazine italiano.
Il sogno di Silvia era scrivere e lo realizzò in breve tempo diventando giornalista professionista proprio a Panorama dove, in quegli anni epici, bisognava essere curiosi di tutto e saper scrivere di tutto, precisi e documentati, all'insegna de "I fatti separati dalle opinioni".
Silvia si fece presto notare per i suoi brillanti articoli sul teatro e sull'architettura, le sue due grandi passioni. Tra i personaggi intervistati: Luca Ronconi e Giorgio Strehler, Giulio Einaudi e Valentino Bompiani, Jeanne Moreau, Oscar Niemeyer e Renzo Piano, Tom Cruise, Woody Allen e Al Pacino.
Il passo successivo (1995) fu Carnet, nuovo mensile di divulgazione culturale della Darp (De Agostini-Rizzoli Periodici), dove Silvia, caporedattore dal pugno di ferro in guanto di velluto, ha fatto crescere una redazione di giovani giornalisti.
Adesso Silvia non c'è più ma nessuno, è certo, la dimenticherà.
E nessuno, amici, capi, colleghi, redattori e collaboratori dimenticherà mai anche le serate a casa sua con la sua stellare pasta e fagioli. Si faceva a pugni per essere invitati.
Rachele Enriquez e Valentina Strada






venerdì 20 marzo 2015

Maurizio Lupi: la famiglia prima di tutto

Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti e Infrastrutture, ieri si è dimesso "per tutelare la mia famiglia" dopo lo scandalo scoppiato con le intercettazioni che hanno svelato gli affari troppo privati di Ercole Incalza, ex capo della struttura tecnica del ministero Infrastrutture, e tre imprenditori (Stefano Perotti e Francesco Cavallo. Perché Lupi, in questo contesto, deve tutelare la sua famiglia?
Secondo una ricostruzione fatta ieri sera dal programma "Servizio pubblico" di Michele Santoro, Lupi avrebbe mandato suo figlio Luca, neolaureato con 110 e lode in ingegneria civile, da Incalza per avere qualche consiglio per entrare nel mondo del lavoro; Incalza avrebbe mandato il giovane ingegnere da Perotti e Perotti l'avrebbe raccomandato a suo cognato Giorgio Mor, titolare di un'azienda di costruzioni, dicendogli di fargli un contratto da 2 mila euro al mese. Mor, secondo questa ricostruzione, avrebbe detto: "Ma non possiamo fargli un contratto meno formale?". "No, no", è stata la risposta. "Il ragazzo deve essere stabile". Ogni commento sulla precarietà lavorativa di milioni di giovani e non è assolutamente superfluo.
Secondo me, se questa ricostruzione è precisa (d'altra parte ci sono le intercettazioni), Lupi non deve proprio tutelare la sua famiglia. Credo che di trovi nei guai proprio perché l'ha tutelata troppo. 

lunedì 9 marzo 2015

Mondadori e RCS devono assumere i co.co.pro

A partire dal prossimo 1° luglio RCS Libri, per ordine dell'Ispettorato del Lavoro, si è impegnata a trasformare i contratti di 21 lavoratori a progetto in contratti a tempo indeterminato. Mondadori invece ha annunciato che farà ricorso contro questo verdetto dell'Ispettorato (che pure la riguarda). Un verdetto che, riconoscendo dopo quasi due anni di ispezioni, la piena illegalità dei Co.co.pro largamente utilizzati e "abusati" nelle aziende editoriali, ha intimato alle due capofila del mercato librario di sanare le situazioni dei precari impiegati con contratti fasulli.
Due atteggiamenti di segno opposto; forse perché Mondadori e RCS Libri hanno appunto interessi opposti nell'operazione che agita il mondo editoriale (l'acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori) e che, se conclusa, dovrebbe portare la casa editrice di Segrate a diventare il dominus incontrastato del mercato editoriale con una quota di mercato di circa il 40 per cento.
Mondadori infatti, fiduciosa di poter concludere l'acquisto dell'azienda concorrente (costretta a fare cassa a causa della pessima gestione che l'ha ridotta sul lastrico), non intende farsi carico di altri dipendenti (i suoi precari eventualmente regolarizzati per ordine dell'Ispettorato del Lavoro) né tantomeno intende accollarsi quelli di RCS Libri.
E RCS Libri, se vuole concludere al meglio l'operazione, ha tutto l'interesse (bieco) ad alleggerirsi in fretta dei suoi precari liquidando le rispettive vertenze entro il 29 maggio, data di scadenza del periodo di esclusiva concesso a Mondadori per approfondire termini e condizioni dell'operazione.
Quel che è certo è che ora si è messo in mezzo l'Ispettorato del Lavoro con la sua richiesta di regolarizzare i precari nei due grandi gruppi editoriali. Come? Se Mondadori non ne vuole sapere, per RCS Libri c'è anche l'opzione della conciliazione (i suoi 21 lavoratori a progetto hanno ricevuto in questi giorni dall'Ispettorato la convocazione per dare il consenso al tentativo di conciliazione). In caso di assunzione, invece, la questione potrebbe complicarsi: trattandosi di situazioni lavorative ante Jobs Act, il contratto di assunzione di chi lavora da anni con continuità, e come un dipendente, nella stessa azienda sarebbe giusto che fosse retrodatato, quindi ricadere sotto il vecchio regime, col riconoscimento della parte normativa (quel che resta dell'art. 18), economica (differenza di stipendio, tredicesima, TFR) e previdenziale (contributi) pregressa. Il nuovo contratto "a tutele crescenti" in teoria non dovrebbe riguardare questi lavoratori, ma sembra l'ipotesi più probabile.
Temo quindi che la realtà sarà ben diversa e l'esito, secondo giustizia, di questa vicenda di diritti calpestati non sarà affatto scontato.

sabato 21 febbraio 2015

Abolizione dei co.co.pro con scandalo!


La tanto strombazzata abolizione dei contratti co.co.pro da parte del governo è uno scandalo e una truffa. Ancora una volta saranno il lavoratore e la collettività a pagare. Come? Oltre a regalare alle aziende che assumeranno a tempo indeterminato col nuovo contratto a tutele crescenti (dove le tutele sono solo scarsi indennizzi in caso di licenziamento) tre anni di esenzione dal versamento di contributi (a carico quindi della collettività), si è pensato di arrivare all'obbrobrio di una sanatoria pro aziende disoneste, e cioè, in caso di assunzione il lavoratore dovrà rinunciare a rivendicare legalmente quanto gli è dovuto per il pregresso. Sanatoria che avrebbe dovuto essere di segno opposto, a favore del lavoratore truffato da anni con contratti illegali, su cui politica e sindacato da sempre benevolmente hanno chiuso gli occhi. Invece si preferisce premiare il datore di lavoro disonesto, che non pagherà un centesimo per violazioni magari perpetrate continuativamente per molti anni. In cambio l'azienda darebbe al lavoratore la garanzia di non essere licenziato per un anno! Alla faccia delle tutele. Scandalo, scandalo, scandalo, è un vero scandalo.




lunedì 16 febbraio 2015

Gruber, Mieli, Pansa, Donnini, Cairo e i fatti loro

"Conflitto di interessi" è un'espressione ormai uscita dal nostro lessico politico e sociale. In verità, anche quando ne faceva parte, non ha mai portato a sanare il conflitto in questione.
Se a qualcuno fosse sfuggita la puntata di Otto e mezzo del 13 febbraio e ha la pazienza di andarsela a rivedere on line (http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/renzi-e-la-vendetta-di-berlusconi-13-02-2015-147376) troverà quanto segue: Lilli Gruber, padrona di casa nonché autrice di Rcs Libri (Eredità, Tempesta i suoi ultimi due titoli), che intervista Paolo Mieli, presidente Rcs Libri, suo editore e ospite frequente, e Giampaolo Pansa, autore di La destra siamo noi appena pubblicato da Rcs Libri e lanciato in grande stile (Il punto di Paolo Pagliaro) nella stessa puntata di Otto e mezzo.
Tema della serata era "Renzi e la vendetta di Berlusconi", ma poi la conversazione a tre ha spaziato sul libro di Pansa e sulla crisi internazionale. Interessante, certo, ma il sospetto di un incontro tra vecchi (mi perdoni Gruber) compagni di scuola reciprocamente legati da comuni interessi (favorire il proprio editore per Gruber; promozione di un libro per l'editore Mieli e l'autore Pansa) è piuttosto sgradevole.
Lilli Gruber non è nuova a exploit di questo genere. Recentemente aveva intervistato anche Laura Donnini, amministratore delegato di Rcs Libri (ancora l'editore della Gruber!), donna in carriera che tra l'altro, a ogni uscita pubblica, non esita a sottolineare che il ruolo delle donne nel lavoro deve essere valorizzato, e fa finta di non sapere che l'azienda di cui è ad è piena zeppa di donne con contratti precari, illegali in molti casi e, nonostante questo, non perseguiti.
Dimenticavo, Otto e mezzo è un programma de La7 il cui proprietario, Urbano Cairo, è azionista Rcs Mediagroup. E questo chiude il cerchio.
Oddio, che invece di conflitto di interessi sia un caso di sinergie di gruppo? Mah, mi sembra più probabile che si tratti di persone che allegramente si fanno soprattutto i fatti loro, se la cantano e se la suonano in nome della libertà d'informazione.

No ai precari. Linkem li vuole stabili.

Le buone notizie si vedono poco. Sul Venerdì del 6 febbraio 2015, a firma Cinzia Gubbini, una notizia che avrebbe meritato grande rilievo sui quotidiani e servizi nei Tg, e invece, a parte un video su YouTube e un'intervista delle Iene a Davide Rota, amministratore delegato Linkem, mi sembra che sia apparsa solo sulle pagine del supplemento settimanale di Repubblica. Titolo: E' un call center senza precari: E lo dice a tutti. Senza precari? Ebbene sì, sembra proprio di sì.
A invertire la tendenza, che vuole da sempre il call center come principale motore di precarietà lavorativa, è stata Linkem, azienda di telecomunicazioni (internet veloce, senza rete fissa, senza chiavetta). Chiamando il suo numero (06/94444), prima che risponda un operatore si può ascoltare questo messaggio: "I nostri operatori rispondono tutti dal nostro call center che si trova in Italia. Non sono precari e sono assunti regolarmente da Linkem".
Dall'articolo del Venerdì si apprende che su 300 assunti nel call center (con sede a Bari) il 70 per cento ha un contratto a tempo indeterminato, il 30 per cento ha un contratto a tempo determinato e verrà stabilizzato entro pochi mesi.
Investendo sulle persone, coinvolgendole stabilmente nel progetto di crescita, l'azienda sta ottenendo buoni risultati: in media, su 100 chiamate che arrivano al call center circa il 70 per cento si trasforma in una contratto.

martedì 3 febbraio 2015

Lettera al presidente Mattarella

Tanti auguri di buon lavoro, presidente Mattarella. Nel suo discorso d'insediamento lei ha messo in fila gli aspetti critici del nostro Paese, ha voluto riconoscere i meriti di tutti coloro che lavorano per sanare e migliorare il nostro Paese, a partire dai cittadini che fanno correttamente il proprio dovere ed ha  auspicato un futuro in cui tutte le risorse della società italiana si mobilitino per ricostruire la speranza e guardare all'orizzonte con fiducia.
Gli obiettivi che ha indicato sono ambiziosi e basterebbe che ne centrassimo il 60% durante il suo mandato. Per quanto riguarda il lavoro auspico che lei osservi ben bene con la lente della costituzionalità (compito in cui lei è Maestro) la nuova riforma che avanza, quel Jobs Act, così chiamato per attirare l'attenzione degli investitori stranieri, che dovrebbe "favorire" l'occupazione.
Ecco, se favorirà occupazione buona (stabile) andrà bene, ma se, come temo, sarà un altro strumento per creare ulteriore discriminazione tra i lavoratori favorendo soprattutto occupazione cattiva (precaria) mascherata da buona, allora le sarei grata (e con me milioni di cittadini) se facesse notare a chi di dovere che il nostro Paese è, come afferma la Costituzione, una Repubblica fondata sul lavoro. Sul lavoro, non su qualcosa che gli somiglia ma non è. Come succede ormai da vent'anni.
Grazie.

sabato 31 gennaio 2015

Nuovi posti di lavoro. Stabili o precari?

Centomila occupati in più a dicembre 2014 rispetto al mese precedente. Centonovemila in più rispetto agli ultimi 12 mesi. E senza il Jobs Act. 
Molti giornali danno notizia di questi nuovi posti di lavoro con toni trionfalistici. Ma di che occupazione si tratta? Buona occupazione (contratti stabili) o cattiva occupazione (contratti precari)?