mercoledì 20 aprile 2016

"Generazione perduta"? Murgia: "No, depredata"

Da giorni l'espressione "generazione perduta", riferita ai nati negli anni a cavallo tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80, ricorre con frequenza sulle pagine dei giornali e in tv. A coniarla (diamogli il copyright) fu Mario Monti, presidente del Consiglio, nell'agosto 2012 quando, al meeting di CL a Rimini, riferendosi a quanto aveva detto in un'intervista a Sette ("una generazione è perduta, meglio dedicarsi ai più giovani"), affermò. "Ho solo constatato con crudezza una realtà che è davanti agli occhi di tutti: lo sperpero di un'intera generazione di persone che oggi giovani non lo sono più, alcuni di loro hanno superato i 40 anni di età, e che pagano le conseguenze gravissime della scarsa lungimiranza di chi, prima di me, non ha onorato il dovere di impegnarsi per loro".
Via via l'espressione è stata ripresa anche dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, che ha cercato più volte di dare la sveglia al governo sulla condizione dei 35/40enni con un percorso lavorativo, quindi previdenziale, a singhiozzo (quando c'è) che metterà a rischio i loro trattamenti pensionistici quando mai li avranno maturati (75 anni?), e ultimamente anche dal presidente della BCE, Mario Draghi.
Tra i tanti che hanno parlato di "generazione perduta" una parola di verità (finalmente!) è venuta dalla scrittrice Michela Murgia che, su Repubblica di oggi parla di "generazione depredata".
Grazie a Michela Murgia. Questo il suo articolo:

Sono passati dieci anni da quando il precariato divenne un argomento di moda nei talk show e nei comizi, e ce li ricordiamo ancora tutti i politici nei salottini televisivi pontificare che non bisognava definire "precarietà" quel deflusso dei diritti legati al lavoro; dovevamo chiamarla "flessibilità", parola ambigua che evocava l'immagine di cose leggere e forti, il legno dell'arco e le chiome piegate dei giunchi al vento. Ma già a metà degli anni Novanta erano cominciate le prime leggi sul lavoro: ci dissero allora che quelle riforme erano moderne, poi che era l'Europa che ce le chiedeva, e che dovevamo essere contenti che le nuove generazioni avessero l'opportunità di vivere per anni motivate dalla prospettiva di non sapere se tre mesi dopo il loro contratto sarebbe stato rinnovato.
Nessuno con un briciolo di buon senso credette alla favola dell'aumento delle retribuzioni in cambio della perdita dei diritti e infatti qualche anno dopo arrivò la crisi e gli stipendi scesero alla stessa velocità con cui gli ultimi diritti rimasti se ne stavano andando. Furono gli scrittori tra i trenta e i quarant'anni - Nove, Bajani, Desiati, Platania, Baldanzi, Falco, Incorvaia e Rimassa - a raccontare per primi quello che stava succedendo, ma c'è voluto tanto tempo ancora perché un'istituzione, calcoli alla mano, si rendesse conto che il disastro che allora annunciavamo
 come possibile è già diventato probabile. I termini della denuncia del presidente dell'Inps sembrano persino ottimistici: è credibile che alla pensione non ci arrivino neanche migliaia di uomini e di donne degli anni '70 e '80, che si riconosceranno senza sforzo nella descrizione del percorso lavorativo a ostacoli che Boeri indica come tipico dei trentenni. Tutti loro, fratelli maggiori e minori, hanno avuto un futuro non più lungo dei loro rinnovi contrattuali e un presente fatto di stipendi a forfait, incarichi a progetto senza il progetto, collaborazioni permanentemente saltuarie, finte partite Iva e stage eterni mai retribuiti. Quegli uomini e quelle donne non sono una generazione perduta, come li ha definiti icasticamente Boeri, perché sono qui, sono vivi, ci camminano accanto e saranno sempre di più: ciascuno è lì coi suoi sogni non realizzati, le scelte che con più sicurezze lavorative si sarebbero potute fare, i figli mai generati per la paura di non avere abbastanza per crescerli e la pensione dei genitori come estremo paracadute.
In quella generazione depredata è l'Italia che si è perduta, sacrificando milioni di intelligenze, di idee e di potenzialità all'avidità di una parte del mondo industriale, quello che conta, convinto che la vita di quelle persone non sia una risorsa, ma un costo da abbassare fino a metterlo in concorrenza col più

basso salario al mondo. Non è la pensione la speranza perduta dei trentenni: è il futuro.















martedì 12 aprile 2016

Francia: la riforma del lavoro scatena la piazza

In poco più di un mese in Francia i giovani sono scesi in piazza tre volte a fianco dei sindacati contro la legge di riforma del mercato del lavoro. In Francia, ultimo baluardo europeo contro la flessibilità del lavoro che si traduce in precarietà, si fa sul serio. "Non è distruggendo lo statuto dei lavoratori che si creano posti di lavoro", ha detto Philippe Martinez, segretario generale della CGT, la maggiore confederazione sindacale francese rispondendo alle intenzioni del governo socialista di introdurre una legge liberista.
La protesta riguarda la legge della ministra del Lavoro Myriam El Khomri, una legge che ha molte analogie con il nostro Jobs Act e che, secondo i contestatori rende ancora più precario il lavoro dei giovani invece di tutelarlo.
In questa rivolta il sindacato non è compatto, c'è chi chiede di trattare delle modifiche e chi la respinge in toto (come le associazioni studentesche) perché la legge,
che verrà dibattuta il prossimo 3 maggio in Parlamento, introdurrebbe anche la priorità dei contratti aziendali su quelli collettivi (stesso discorso si sta facendo da noi) creando discriminazioni tra lavoratori di grandi aziende e quelli delle medio-piccole.

giovedì 7 aprile 2016

Omaggio alle donne coraggiose al volante di notte

Ieri sera verso le 22 in via Solari, a Milano, ho preso un taxi per tornare a casa. Sono salita e, con sorpresa, ho visto che al volante c'era una donna. Non mi era ancora accaduto di trovare una tassista in servizio la sera. Stavo per chiederle qualcosa del suo lavoro, che oltre allo stress comporta anche il rischio di imbattersi in qualche balordo notturno, quando vedo che si mette l'auricolare e risponde a voce bassa a una telefonata. "Si, si, bene. Hai mangiato? Ma tu amore vai a nanna...... ciao ciao, ci vediamo domani". Il tono era quello di una mamma affettuosa.
"Mi perdoni", le ho detto dopo un po', "involontariamente ho sentito la sua telefonata. Lei fa un lavoro pericoloso, io l'ammiro. Ma non ha paura di lavorare di notte sulla strada?"
"Eh.....certo. Faccio questo lavoro da molti anni; però io almeno termino il servizio all'una, ma ci sono ormai ben 35 colleghe che fanno il turno tutta la notte.... Smetto all'una, ma c'è una ragione: la mattina lavoro in ufficio. Sa, noi donne abbiamo tante responsabilità, molte più di un uomo, il lavoro, la famiglia, sappiamo fare anche diverse cose tutte insieme.....". Eh sì che lo sappiamo. Chissà se il suo bambino nel frattempo si era addormentato. Stavo per chiederle come vede la città in quello scampolo di notte, se le sembra più o meno sicura di un tempo.... Ma intanto eravamo arrivate davanti al mio cancello. Sono scesa e la tassista ha aspettato che io fossi entrata. Solidarietà femminile, ho pensato, anche se, ammetto, pure qualche tassista uomo ormai lo fa. Poi è andata via chiamata da un altro cliente.

lunedì 4 aprile 2016

Pensioni e lavoro: sindacati e governo imbarazzanti

Durante l'ultimo weekend la deflagrazione dello scandalo petroli, dopo le intercettazioni che hanno causato le dimissioni del ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi, ha un po' oscurato alcune dichiarazioni imbarazzanti del sindacato e di Matteo Renzi in tema di lavoro e pensioni.
Sabato 2 aprile i sindacati sono scesi in piazza contro la legge Fornero sulle pensioni per chiedere soprattutto flessibilità in uscita allo scopo di favorire l'entrata dei giovani nel mercato del lavoro, per dare ai giovani un futuro.
Quale futuro? Qualche emerito sindacalista si è mai accorto che c'è un'intera generazione (i nati a cavallo tra gli anni '70 e '80) che, penalizzata da riforme del lavoro che hanno saputo solo creare precarietà e sfruttamento, è stata dimenticata anche dal sindacato che ha sempre preferito tutelare dipendenti e pensionati?
Con un colpevole ritardo di almeno dieci anni il sindacato si è accorto che i giovani o sopravvivono con lavori precari o sono disoccupati. In ogni caso spesso a carico delle famiglie d'origine, in cui le pensioni dei nonni e dei padri cominciano a essere messe in discussione.....
Il Jobs Act non sta mantenendo le promesse del governo. Le nuove assunzioni, dopo un sensibile aumento entro dicembre 2015 "drogato" da un regime di agevolazioni fiscali fino a 8 mila euro l'anno per 3 anni, dal 1° gennaio 2016 (dati Istat) sono in discesa perché il bonus fiscale è stato dimezzato.
Per assumere le aziende vogliono continuare a essere "pagate". E che cosa fa Renzi? Ringrazia gli imprenditori perché secondo lui hanno creato posti di lavoro. "Per l'Italia Marchionne ha fatto più di certi sindacalisti", ha detto il presidente del Consiglio alla scuola di formazione politica del Pd.
Renzi ha memoria corta. Qualcuno gli ricordi che per la Fiat l'Italia ha fatto più che per qualunque altra impresa. Sarà stato certamente opportuno, ma si abbia la compiacenza di ammetterlo invece di rovesciare le carte in tavola.