mercoledì 30 marzo 2011

Berlusconi: "Ghe pensi mi". Povera Lampedusa

Sono bastati pochi minuti a Berlusconi, appena sbarcato a Lampedusa, per mettere in scena il suo solito teatrino di promesse. Eccone una sintesi.
"In 48, massimo 60 ore, Lampedusa sarà abitata solo dal lampedusani".
"Voglio rilanciare questa bella isola. Ho dato incarico a Rai e Mediaset di preparare dei servizi che mostrino le meraviglie di questo paradiso di cui voi godete".
"Proporremo la candidatura di Lampedusa per il premio Nobel per la Pace" (qui il premier si è dimenticato, o ha fatto finta di non sapere, che questa proposta è già stata fatta in passato dalla Fondazione O'Scià - che ogni anno in settembre-ottobre organizza un festival musicale sull'isola - e da altre associazioni culturali e di volontariato).
"Lampedusa tornerà a essere un paradiso anche grazie a un 'piano colore': per intenderci, vorrei che l'isola avesse i colori di Portofino". (E se Lampedusa volesse mantenere i suoi non-colori?).
"Venendo qui ho visto un degrado significativo: muri scrostati e niente verde, al contrario della verdissima isola qui accanto, Linosa. Il 'piano colore' (ancora) l'ho già realizzato per un paese della Lombardia, e per Lampedusa propongo lo stesso modello, arredando le strade con adeguata illuminazione e con ciottoli. E' necessario anche un piano di rimboschimento". (Urge che qualcuno di Italia Nostra o del Fai gli spieghi la natura dell'isola). Faremo un casinò e un campo da golf".
"Proporremo la zona franca per Lampedusa, la sospensione dalle tasse per un anno e altre facilitazioni fiscali, per esempio sulla benzina".
Chicca finale di uno che, su certe cose, ha una lunga coda di paglia (comunque, se fossi lampedusana, chiederei referenze ai cittadini de L'Aquila): "Poi mi sono chiesto: come dare ai lampedusani la certezza che queste iniziative verranno realizzate? Allora mi sono attaccato a Internet, ho trovato una bella casa a Cala Francese, si chiama Due Palme, l'ho comprata. Sono diventato lampedusano anch'io". (Citazione un po' "bauscia" e brianzola del presidente Kennedy al muro di Berlino durante la Guerra fredda, quando proclamò "Ich bin ein berliner").
Povera Lampedusa! L'"occupazione" temporanea di qualche migliaio di migranti sarà nulla a confronto delle colate di cemento in arrivo per animare le vacanze dei nuovi turisti, ai residence a schiera, ai villaggi con animazione, agli ipermercati, ai cinema multisala, magari un grande outlet per il "made in Italy"che attiri compratori mordi-e-fuggi dalle coste del Nord Africa pacificate dopo la guerra dei "volonterosi"..... Povera Lampedusa.

martedì 29 marzo 2011

Bossi, vada lei "foeura di ball"

Di fronte agli oltre 6 mila migranti sbarcati a Lampedusa e alla loro condizione disumana, il ministro delle Riforme per il Federalismo, Umberto Bossi, ha esclamato: "Foeura di ball" (tradotto letteralmente: "Fuori dalle palle", in dialetto: "Via di qua").
Non è più tempo di lasciar passare battute offensive e idiote. Questo ministro del governo italiano è indegno dell'incarico che ricopre e dovrebbe essere processato per vilipendio dell'umanità.

venerdì 25 marzo 2011

"Quel che farete al più piccolo dei miei fratelli....."

Su chi fugge dalla guerra e dalla fame su barche fragili, con poca acqua e cibo, e approda a Lampedusa nella speranza di un futuro, continua (oltre alla incapacità del nostro governo di far fronte alla situazione) il silenzio assordante della Chiesa, nonostante il Vangelo.
Mi sarei aspettata non parole generiche di solidarietà, ma una solidarietà concreta. Perché, per questa emergenza, non aprire parrocchie, conventi, istituti religiosi all'accoglienza? E' una domanda che, da cristiana, mi tormenta.

mercoledì 23 marzo 2011

Se questo è un Paese....

Se un amico extraterrestre dovesse giudicare, da alcune notizie di oggi (Libia esclusa), che Paese è il nostro......
Il ministro Tremonti, il giorno dopo l'acquisizione della Parmalat, risanata, da parte dei francesi, ha fatto un decreto per bloccare le operazioni che impoveriscono il nostro sistema industriale. Dice il proverbio: non si chiude la stalla dopo che sono scappati i buoi.
L'ospedale San Raffaele di Milano, convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, diventerà una società per azioni. La cura dei malati dovrà produrre profitto. Profitto?
Saverio Romano, uno dei "responsabili" (concetto difficilissimo da spiegare al mio amico E.T.), è il nuovo ministro per l'Agricoltura. Romano è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Ma il presidente Napolitano non poteva rifiutarsi di firmare il decreto di nomina?
Oggi il governo ha deciso di assegnare al settore dello spettacolo i fondi che Tremonti aveva brutalmente tagliato. Giustissimo. Molto contenti i lavoratori interessati e gli spettatori. Un ripensamento del governo a favore della cultura? Beh, non esageriamo. Quei soldi verranno prelevati da un rincaro delle accise sulla benzina di due centesimi al litro (prezzo già sotto tensione a causa della crisi libica).
Daniela Santanché, a differenza di quanto indicato nella sua biografia da parlamentare, non ha mai frequentato alcun master alla Bocconi. Lo ha detto l'università Bocconi. L'onorevole si difende dicendo d'aver smarrito il certificato durante uno dei suoi traslochi. Certamente.

martedì 22 marzo 2011

Marco Biagi nove anni dopo

Sabato scorso, a Bologna, è stato ricordato Marco Biagi, il giuslavorista ucciso nove anni fa da un commando terroristico.
Al professor Biagi si deve la legge, entrata in vigore dopo la sua morte, che ha come obiettivo quello di rendere più flessibile ed efficiente il mercato del lavoro al fine di ridurre la disoccupazione.
L'intento di Biagi poteva essere condivisibile, il risultato (un diffuso impoverimento dei diritti dei lavoratori) certamente no. Se, da un lato, è diminuito il lavoro nero, dall'altro contratti di lavoro con tutti i requisiti per essere o diventare stabili, si sono invece trasformati in contratti di precariato a vita. Senza contare gli abusi che in molti casi, in nome delle norme di questa legge, le aziende praticano ai danni di chi lavora.
Ho provato orrore quando Biagi è stato ucciso; oltre tutto, pare, senza essere riuscito a perfezionare la sua riforma. Penso che, se il professore fosse ancora in vita probabilmente non sarebbe tanto soddisfatto di questo risultato.

domenica 20 marzo 2011

Prima delle bombe, era meglio "disturbare"

La guerra di molti Paesi contro la Libia, per proteggere i cittadini libici dai massacri del tiranno Gheddafi, forse si poteva evitare. Non sono una esperta di politica estera né, tanto meno, di strategie militari; però penso che, prima della risoluzione 1973 dell'Onu sulla No-fly zone la diplomazia avrebbe dovuto lavorare di più e di meglio.
Non era l'Italia grande amica della Libia? Chi aveva ricevuto col baciamano e con tutti gli onori il dittatore? Berlusconi e Gheddafi non avevano condiviso affari, merende e bunga bunga?
Allo scoppio della rivolta, riferendosi a Gheddafi, Berlusconi aveva detto: "Non voglio disturbarlo". Invece doveva disturbarlo, eccome. Da amico (come entrambi si definivano l'uno dell'altro) ad amico. Per trattare, mediare, esercitare tutte le pressioni possibili per evitare che una feroce repressione si abbattesse sui civili.
Convertire un tiranno per cercare di indurlo alla ragione è sì un'azione disperata, ma prima di scatenare una guerra è una strada che si ha il dovere di percorrere, anche a rischio di "disturbare". Invece Gheddafi è stato subito isolato nella sua insensata follia.

sabato 19 marzo 2011

Siamo incapaci di esportare la ragione

No, un'altra guerra no. Invece purtroppo sì. L'intervento in Libia, giudicato inevitabile, è stato autorizzato dalle Nazioni Unite in appoggio agli insorti contro il regime di Gheddafi. Di fatto non siamo ancora usciti dai conflitti in Iraq e in Afghanistan, ed eccoci in quello libico. Non solo noi, ma anche altri Paesi, dopo il pronunciamento del Consiglio di sicurezza dell'Onu che ha decretato la no-fly zone.
Non entro nel merito di considerazioni politiche (che coinvolgono anche forti interessi economici), ben presenti in questa vicenda. La riflessione che mi viene spontanea è sempre la stessa: "E' giusto cercare di abbattere un tiranno con la forza delle armi per esportare nel suo Paese la democrazia?".
Non riesco, in alcun caso, a darmi una risposta convincente perché in qualunque risposta c'è sempre molto sangue (quello provocato dalla guerra fratricida se non si agisce militarmente, e quello causato dall'allargamento del conflitto quando si interviene per fermare la repressione). Credo che questo sia indice dei gravi limiti dell'uomo, capace di usare la ragione, ma incapace di esportarla al posto delle armi.

venerdì 18 marzo 2011

Grazie, presidente Napolitano

"No a perdite diffuse del senso del limite e della responsa-bilità". Sono stati tanti gli spunti di riflessione suscitati dal discorso del presidente Napolitano ieri in Parlamento in occasione del 150esimo anniversario dell'unità d'Italia, ma questo è quello che mi ha colpito di più. E' stato un forte richiamo all'intera classe politica, cui si deve in gran parte il degrado politico, sociale e morale del nostro Paese dove, soprattutto chi governa, è spesso il primo a infrangere regole condivise che stanno alla base di una solida democrazia.
Napolitano si è comportato come un buon padre. E come un buon padre, anche in questa occasione, ha sottolineato "la drammatica carenza di prospettive di occupazione e di valorizzazione delle proprie potenzialità per una parte rilevante delle giovani generazioni". Grazie, presidente.

mercoledì 16 marzo 2011

Don Andrea Gallo, moderno Savonarola

Lui si definisce "angelica-
mente anarchico", ma è più famoso come "prete di strada". Don Andrea Gallo, sacerdote genovese, 83 anni, fondatore e anima della Comunità di San Benedetto al Porto nel capoluogo ligure, ieri sera, microfono alla mano, lunga sciarpa rossa al collo agitata come una bandiera, sul palco del teatro Smeraldo di Milano ha interpretato Io non taccio, monologo tratto dalle invettive, attualizzate, di frate Gerolamo Savonarola. Tutto esaurito, pubblico inchiodato alle poltrone per oltre due ore.
Nei panni dell'eretico scomunicato da papa Alessandro VI, e morto sul rogo, don Gallo era completamente a suo agio. Del resto, sono passati sì oltre cinque secoli, ma i problemi sono sempre gli stessi: corruzione, malaffare, ignoranza, indifferenza, politica volta a perseguire interessi personali invece del bene comune, sfruttamento, lotte di potere, oltraggio alle regole, offese alla dignità della persona eccetera. E il fustigatore don Gallo, difensore degli ultimi, tutto fede e passione civile, per nulla intimorito dalla fine terribile del suo predecessore, ha lanciato i suoi strali contro la classe politica, il potere economico e le gerarchie della Chiesa, con nomi e cognomi. Non ha risparmiato nessuno. Una narrazione ricca di scontri con i suoi superiori ("Io accetto la dottrina della Chiesa e amo la Chiesa così tanto da sentire il dovere di segnalarle i suoi errori"), ma anche di episodi con al centro molti protagonisti della vita culturale e artistica (Fabrizio De André, Mino Monicelli, Dario Fo, Ettore Scola eccetera).
Un esempio. "Anni fa", ha ricordato don Gallo, "con l'amica Nanda Pivano, abbiamo messo a confronto il testo latino dell'enciclica di papa Giovanni XXIII Pacem in terris con la traduzione italiana curata dalla Cei. Con sorpresa ci siamo accorti che l'espressione 'portare la democrazia con le armi' in italiano è accompagnata da un 'non si deve'; in latino invece questo comportamento è alienum a ratione, lontano dalla ragione, cioè folle".
Da ragazzo don Gallo ha conosciuto il fascismo; per questo difende sempre con forza la Costituzione e, oltre ai "fascismi", combatte "i berlusconismi, i ciellismi, gli affarismi" che nulla hanno a che vedere col bene comune.
Verso la fine della serata don Andrea si è rivolto con grande energia ai giovani: "Agitatevi. Organizzatevi. Studiate. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza". Pausa. "Antonio Gramsci". Applausi e standing ovation.

martedì 15 marzo 2011

La lezione che viene dal Giappone

Di fronte alla catastrofe che ha colpito in modo durissimo il Giappone, lasciando sul campo non si sa quanti morti, quanti dispersi, quante persone contaminate oltre all'avvelenamento della natura per chissà quanti anni, ci sarebbe forse da fare qualcosa che le chiacchiere di questi giorni, in cui tutti si sono trasformati in fisici nucleari, non hanno contemplato: mettere in discussione l'attuale modello di sviluppo dei Paesi industrializzati.

giovedì 3 marzo 2011

Qual è il progetto del Pd sul lavoro?

Emma Marcegaglia ha detto ieri che la flessibilità in entrata nel lavoro è forse eccessiva (nota: lo è anche in Germania, ma là gradualmente si trasforma in stabilità) e i suoi strumenti andrebbero tarati. Sembra una notizia incoraggiante, se non fosse che, in cambio di questa piccola apertura, la presidente di Confindustria ha aggiunto che sarebbe ora di affrontare anche la flessibilità in uscita. Nel mirino c'è ancora e sempre l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che rende obbligatoria la giusta causa in caso di licenziamento.
Questo ulteriore tentativo di intaccare i diritti dei lavoratori stavolta sembra non coinvolgere i precari già molto vessati (per loro l'entrata è difficile e l'uscita è sempre facile), ma i cosiddetti "garantiti" (fin che crisi non li travolga).
Poiché l'occupazione è ormai frantumata contrattualmente in mille rivoli, e lo sarà sempre di più (tendenza Marchionne), vorrei tanto, prima che l'intero sistema sia ridotto in polvere, conoscere il progetto sul lavoro del maggior partito d'opposizione, il Pd, e del sindacato (quale o quali dipende dalla rispettiva sensibilità al problema).
Se questo progetto esiste, è inutile tenerlo nel cassetto, lo si comunichi, lo si discuta. Non si può continuare a lasciare il pallino del lavoro alla Marcegaglia, a Marchionne e a Sacconi.