giovedì 9 febbraio 2017

Morti perché non c'è lavoro e i politici tacciono

"Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza sì. La mia generazione è perduta, mai un lavoro". Con queste parole strazianti un giovane di 30 anni, friulano, grafico, si è tolto la vita poche ore dopo che un altro giovane di 22 anni nel Mantovano con un gesto disperato si è ucciso perché disoccupato. Il primo, in chiusura della lettera alla famiglia, ha chiamato in causa il ministro Poletti. Ma chi ha buona memoria ricorderà che al processo da cui è nata la piaga sociale della precarietà lavorativa hanno concorso tutti, centrodestra (non mi meraviglia) e centrosinistra (mi ha stupito molto quando ancora credevo, illudendomi, nelle sue politiche a tutela dei lavoratori; con Renzi e il suo Jobs Act lo stupore è finito ed è stato sostituito dalla consapevolezza che questo doloroso problema interessa solo gli aspiranti lavoratori coinvolti e le loro famiglie che ne condividono il dramma in un Paese che ormai accetta passivamente che esistano cittadini di serie A e cittadini di serie B e che ha premiato con una pioggia di incentivi fiscali anche gli imprenditori disonesti che hanno applicato, abusandone, i contratti atipici).
La stampa ha dato le notizie un po' di malavoglia e per stemperarne l'orrore (sarebbe pure uno scandalo, ma chi si scandalizza più in questo Paese che ha perso anche l'abitudine a indignarsi?) qualcuno le ha accostate a quella della giovane mamma veneta 36enne che, alla  vigilia di partorire il secondo figlio, è stata assunta, senti senti, con un contratto a tempo indeterminato!
La politica ha fatto finta di niente sulle tragedie dei due giovani mentre, per bilanciare, ha enfatizzato (non avendo alcun merito) un altro episodio di segno opposto: l'assunzione di una lavoratrice incinta. Altro che Europa a due velocità: l'Italia, in salita, arranca sempre di più,