venerdì 29 ottobre 2010

Berlusconi patetico

E' patetica la giustificazione di Berlusconi quando, riferendosi alla vicenda di Ruby (la minorenne marocchina che ha raccontato di presunte feste nella sua casa di Arcore), dice: "Ho solo aiutato una ragazza che aveva bisogno: io aiuto chi ha bisogno".
Certo. Perché allora non cominciare dai quattro milioni di giovani precari, in ogni settore, senza futuro? Questi ragazzi non hanno bisogno di un aiuto caritatevole, è vero, hanno diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione) e questo diritto è ampiamente violato. L'alibi della crisi economica che strangola anche il mercato del lavoro può reggere in certi casi, non sempre.
Per esempio, basterebbe verificare se i contratti a progetto sono effettivi o se sono degli abusi che le aziende compiono, certe che nessuno le controllerà. E, quando sono degli abusi (nella maggior parte, credo), trasformare con una legge quei contratti-capestro in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Con un gesto solo si darebbe a un'intera generazione la possibilità di avere un futuro. E questo farebbe tanto bene a tutto il nostro Paese.

martedì 26 ottobre 2010

"Rottamare" chi?

E' vero, Matteo Renzi, il sindaco di Firenze, ha maniere rozze, nessun fair play, soprattutto quando definisce "da rottamare" i dirigenti storici del suo partito, il Pd. E Anna Finocchiaro, maestrina dalla penna "rossa", gli ha tirato le orecchie rimproverandolo come un bambino maleducato: "Non si dice 'da rottamare' riferito a delle persone".
Già, ma allora quando con assoluta tranquillità si parla di lavoratori "esuberi"? Forse esuberi è più elegante, ma il concetto non cambia.
Salviamo pure la forma (è anche un dovere quando il linguaggio dei politici, amplificato dai media, trascende e invade e inquina il parlar comune come avviene ormai da troppo tempo), ma, come dire..... quando ce vo', ce vo'. Certamente lo stesso concetto si poteva rendere con parole diverse da quelle espresse dal bullismo politico di Renzi. Però non facciamone un dramma.
Detto questo, sono parzialmente d'accordo col sindaco di Firenze. E' giusto che in politica avanzino i giovani (tra l'altro ce ne sono così pochi), ma non farei di tutte le erbe un fascio. Ci sono dei "vecchi" che sarebbe ora andassero in pensione (D'Alema, tanto per non fare nomi), e altri "vecchi" (il professor Stefano Rodotà, per esempio) di cui sarebbe molto utile invece il ritorno.

lunedì 25 ottobre 2010

Chi è un peso? La Fiat o l'Italia?

A Sergio Marchionne che ieri sera, ospite del programma Che tempo che fa, ha dichiarato che l'Italia è un peso per la Fiat, avrei chiesto se sapeva che la Fiat è stata per molti anni un peso per l'Italia. E che peso.

martedì 19 ottobre 2010

Buon lavoro a Susanna Camusso

A giorni Susanna Camusso, sindacalista, femminista e skipper sostituirà Guglielmo Epifani alla guida della Cgil, il maggior sindacato italiano. L'augurio che le faccio è quello di saper tenere il timone del sindacato con la stessa bravura con cui sa stare al timone della sua barca a vela.
Susanna Camusso ha una lunga esperienza sindacale e confido che sappia interpretare il suo ruolo nel modo più ampio e incisivo, promuovendo anche iniziative in difesa dei lavoratori più deboli, i milioni di precari giovani e meno giovani che governo e Parlamento continuano a ignorare.

sabato 9 ottobre 2010

"Cara signora, non se ne può proprio più!"

Oggi pomeriggio a Milano, verso le 17.30 mentre attraversavo a piedi piazza Cordusio, sono stata affiancata a un semaforo da una bella signora di mezz'età dall'aria paciosa, solare, molto rassicurante, una nonna.
La signora attraversava quella piazza un po' pericolosa soprattutto per i pedoni, e complicata dai binari del tram e dai lastroni di pietra un po' sconnessi del fondo stradale, tenendo a mano la sua bicicletta. Attorno al collo portava, annodato, un grande telo bianco che le scendeva dietro, lungo la schiena; allora ho rallentato il passo per poter scoprire che cosa stava portando in giro.
Portava in giro una grande scritta: "Il Giornale dei Berlusconi = carta igienica", espressione certamente non elegante, ma efficace (del resto questo è il linguaggio al quale ci hanno assuefatto certi politici e politicanti, ed è quello che comprendono meglio). Le ho manifestato allora la mia simpatia e lei, sconfortata, mi ha detto: "Cara signora, non se ne può proprio più!". Parole sante.

giovedì 7 ottobre 2010

Alla Palombelli vorrei dire....

Barbara Palombelli ha scritto su Il foglio un articolo destinato certamente a sollevare dibattiti in qualche salotto televisivo e commenti sui giornali.

Dal manifesto degli espatriati: "L'Italia non è un paese per giovani. E' per questo che siamo dovuti andare via, o non possiamo farvi ritorno a breve. L'Italia è un paese col freno a mano tirato, nella migliore delle ipotesi. Un paese dove la classe dirigente - che si autoriproduce da decenni - ha fallito. All'estero i giovani hanno uguale diritto di cittadinanza delle generazioni che li hanno preceduti. Il percorso di carriere all'estero è chiaro, definito e prevede salari mediamente di gran lunga maggiori rispetto all'Italia, soprattutto per giovani neolaureati. All'estero non conta l'anagrafe: puoi ottenere posizioni di responsabilità a qualsiasi età, se vali. Anche a 25 anni...". Finale: "Noi giovani professionisti italiani espatriati intendiamo impegnarci, affinché l'Italia torni a essere un ‘paese per giovani', meritocratico, moderno, innovatore. Affinché esca dalla sua condizione terzomondista, conservatrice e ipocrita. E torni a essere a pieno titolo un paese europeo e occidentale. Ascoltate la nostra voce!".

Eh no, qui non ci siamo. La conclusione è sballata. Ve l'immaginate un sessantottino che avesse scritto a un Fanfani: per favore, stammi a sentire, avrei da chiederti... Cari ragazzi, noi ci siamo laureati in mezzo agli autobus in fiamme, alle università presidiate dalle polizie, in mezzo a scioperi di mesi, per comunicare avevamo il gettone e i telefoni pubblici rotti e non Twitter o Facebook, lavoravamo per comprarci le sigarette. Dunque, niente sensi di colpa. Zero. Immaginate un mondo a misura vostra, lottate e lasciateci invecchiare in pace. Perché dovremmo ascoltarvi, cari espatriati (spesso a spese di noi ipocriti terzomondisti genitori)? Noi ultracinquantenni ci siamo battuti già, molti anni fa, per i nostri lavori, le nostre pensioni, i diritti sociali e civili. Ora tocca a voi, dimenticatevi di noi e dei nostri errori (a ciascuno il suo). Impegnatevi a cambiarlo, questo paese per vecchi. Mollate i popoli viola, smettete di lanciare petardi veri o di carta, tornate qui che c'è tanto da fare. Lasciate le pigrizie catalane di Barcellona, le folli notti berlinesi, la Londra sempre swinging, i loft newyorkesi e venite - se credete, se non è troppa fatica - a battervi per i vostri diritti, le vostre leggi, il vostro futuro. Vi informo che fra qualche mese quella classe dirigente fallita si ripresenterà al voto, al giudizio degli elettori e cercherà di rinfrescare le liste delle coalizioni pescando qua e là fra i più ambiziosetti ed esibizionisti di voi. Prima che ciò accada, trasformate il giusto e severo verdetto che avete pronunciato partendo per gli Erasmus, i Leonardo, le borse di studio per cui si sono battuti i matusalemme che schifate, in un'azione collettiva e positiva. Basta denunce, basta giudizi, è l'ora di fare. Scendete in campo aperto, voi così post ideologici, così informati sulle meravigliose condizioni sociali europee: potrete dare una svolta necessaria. Smettete di astenervi, di lamentarvi, di piangere, di distaccarvi, di elogiare un altrove sempre più adeguato alle vostre meravigliose qualità. Se siete così gagliardi, qui l'agonia dei Palazzi è davvero alle scene finali, il teatrino della politica è sceso sotto il livello minimo della rissa da osteria. L'ora X è giunta. Detto in romanesco: dateve 'na mossa.

Barbara Palombelli prende di mira i giovani che hanno lasciato l'Italia. La mia opinione è che la Palombelli ha un poco ragione. Ma non del tutto. Gran parte della responsabilità infatti credo sia della mia generazione che, come diceva Giorgio Gaber, "ha perso": incaponendosi sull'ideologia prima, e non riuscendo a governare il cambiamento poi, questa generazione di "sessantottini" (quelli ormai ai posti di comando e quelli che non hanno smesso di contestare e rivendicare) ha permesso alla fine che si creassero certi "mostri" (cattiva politica e cattiva finanza, per esempio, che hanno responsabilità maggiori rispetto alla globalizzazione) che hanno mangiato gran parte delle risorse disponibili, alzato il livello di povertà dei poveri e di ricchezza dei ricchi e quasi azzerato le opportunità per i giovani. Che saranno anche un po' viziati, che saranno anche stati abituati dalle famiglie a un tenore di vita magari al di sopra delle loro possibilità, ma che non hanno la fortuna di poter programmare il loro futuro, di poter sognare, come abbiamo fatto noi che "ci siamo laureati nelle università presidiate dalla polizia, in mezzo ad autobus in fiamme, eccetera".
Parole come quelle della Palombelli sono state talvolta riferite da altri osservatori anche a tutti i giovani non espatriati, che oggi lamentano una condizione di vita di gran lunga inferiore a quella dei loro genitori. Ma questi non sono un'élite, sono una massa che, paradossalmente, fa meno rumore.