domenica 29 novembre 2015

"Tu scendi dalle stelle" è un canto universale

La polemica suscitata dall'abolizione dei festeggiamenti di Natale nella scuola primaria dell'Istituto Garofani di Rozzano (pochi km a sud di Milano) ha indotto il preside reggente, Marco Parma, a offrire le sue dimissioni, ma ha avuto un grande merito: quello di aver portato alla luce lo scandalo di una struttura cadente, con le porte di cartone dei bagni, parti del tetto crollate, muri scrostati e pericolosamente attraversati da crepe (come appare un un video di Corriere Tv)
I genitori di fede musulmana dei bambini che la frequentano hanno dichiarato alle telecamere di essere estranei alla decisione del preside di non festeggiare il Natale, di non avere nulla in contrario a che i loro figli festeggino il Natale insieme agli altri bambini, cantando Tu scendi dalle stelle perché queste sono occasioni che uniscono.
Una bella lezione di integrazione e di dialogo interreligioso impartita non da sociologi, filosofi e storici ma dal basso, dalle persone comuni.
Questo episodio ha delle analogie con altri in cui sul banco degli imputati appariva l'esposizione del crocifisso in luoghi pubblici. A questo riguardo rimando a quanto ho pubblicato in questo blog il 3 novembre 2009 riprendendo un editoriale assai significativo di Natalia Ginzburg, grande intellettuale del '900, ebrea e atea. L'editoriale fu pubblicato su l'Unità il 22 marzo 1988 e il titolo era: "Quella croce rappresenta tutti: E' il segno del dolore umano". Chi volesse prendere visione della versione integrale di questo articolo (introvabile nell'archivio del l'Unità), può trovarlo qui: <http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/99173_un_articolo_di_natalia_ginzburg_quella_croce_rappresenta_tutti/>

sabato 28 novembre 2015

Poletti parla parla parla. Ma cosa dice?

In due giorni il ministro del Welfare Giuliano Poletti si è distinto con un paio di dichiarazioni che, se non avesse quella specie di elmo capelluto in testa, non avrei esitato a definire ironicamente il prodotto di una delle teste metaforicamente più lucide della squadra di governo.
Con la prima ha dato la colpa del ritardo con cui i nostri giovani laureati si affacciano al mercato del lavoro al fatto che danno troppa importanza al voto di laurea e così, inseguendo il 110 e lode, "che non vale un fico", perderebbero solo tempo. "Meglio 'bruciare' tutto in tre anni e portare a casa un 97 a 21 anni piuttosto che il voto più alto a 28 anni!".
Meglio un uovo oggi che una gallina domani verrebbe da dire con tristezza pensando ai sacrifici di una moltitudine di famiglie per far studiare i figli. Ma chi ha costruito il percorso di formazione universitaria dei giovani con il 3+2? Certo non i ragazzi che, col sistema attuale, sostengono l'esame di maturità a 18 anni e poi hanno davanti cinque anni di università (sei anni per medicina senza la specializzazione).
Per affrontare la competitività internazionale avendo buone carte da giocare occorrerebbe una riforma dell'intero sistema formativo. Ma, a giudicare dalle riforme (scuola e lavoro, tanto per citarne due) fatte da questo governo troppo in fretta e molto
male, ho qualche dubbio che possa uscirne qualcosa di davvero positivo.
La seconda sparata: "Il metodo di misurare il lavoro in ore è un attrezzo vecchio!". "Un attrezzo vecchio?".
Il tatto e le capacità di mediazione di Poletti, quando ha pronunciato queste parole, sono apparsi davvero esagerati. E' evidente che il mondo del lavoro da oltre una decina d'anni sta subendo una trasformazione epocale, segnata soprattutto dalla perdita di diritti dei lavoratori, e il tema che il ministro pone ha molte sfaccettature e andrebbe eventualmente studiato da tutte le parti sociali coinvolte.
Poiché invece questo governo ha sempre imposto il suo pensiero unico sulle grandi questioni sociali sottraendosi a ogni confronto, ecco che questa dichiarazione ha sollevato subito una montagna di polemiche giustificate.
Quando il ministro aggiunge che "dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento l'ora-lavoro", che cosa vuole dire?
La mia impressione è che il nuovo strumento (contratti che non abbiano come unico riferimento l'ora-lavoro) che dovrebbe sostituire "l'attrezzo vecchio" può essere molto pericoloso per i lavoratori se maneggiato male.

Valeria, vittima del terrorismo e della retorica

Ieri a Parigi, sulla spianata degli Invalides, la Francia ha ricordato le 130 vittime degli attentati del 13 novembre scorso. Una solenne cerimonia ufficiale riservata ai familiari e alle autorità, presente il presidente Hollande. I funerali di chi aveva perso la vita in un venerdì sera qualunque sotto le raffiche di kalashnikov di un gruppo di terroristi islamici erano già stati celebrati in settimana nelle rispettive città di residenza (vedi foto).
Martedì 24 a Venezia, alla presenza del Patriarca, di un Imam e di un Rabbino, erano state celebrate le esequie di Stato di Valeria Solesin, la ricercatrice italiana, dottoranda in demografia alla Sorbona, 28 anni.
E' stato scritto molto sulla compostezza del dolore dei genitori di Valeria, dolore che rispetto e che condivido profondamente.
Quello che non ho condiviso nelle ultime due settimane è stato, da parte dei media, il voler trasformare una ragazza brillante, studiosa, indipendente, impegnata nel volontariato, una ragazza come per fortuna se ne incontrano nelle università, al cinema, nelle librerie e ai concerti rock, in una sorta di eroina.
Valeria purtroppo è morta. Ma è morta mentre ascoltava musica in locale pubblico, non in un ospedale di Emergency. Questo non toglie niente alla gravità di quanto accaduto, al dolore, alla forte emozione che la sua morte ingiusta ha sollevato. Penso che lei per prima non avrebbe gradito il diluvio di retorica, funerali di Stato compresi, con cui la sua storia è stata raccontata. Ricordo la conclusione di un servizio andato in onda su La7: "Valeria (pausa) e Andrea, il suo fidanzato con la barba da hipster (pausa).....la meglio gioventù".
Quello della meglio gioventù, riferito a Valeria, è stato un tema ricorrente nelle cronache delle ultime due settimane.
Sul Corriere della Sera del 24 novembre Aldo Cazzullo (e non è la prima volta) ha mostrato di non conoscere la realtà dei giovani nel nostro Paese e ha scritto: "Valeria non ha piagnucolato, non si è chiusa in un lamento sterile contro il mondo intero. Il mondo l'ha affrontato, è andata all'estero, ha trovato lavoro in un'università di grande prestigio". Certo che i giovani non devono arrendersi, ma non basta partire lancia in resta...... Povera Valeria, nei suoi sogni di ragazza credo non ci fosse proprio quello di diventare un santino. La sua morte merita solo dolore, solidarietà e rispetto.