mercoledì 30 gennaio 2013

Quanti voti vale Balotelli?

Balotelli al Milan. Quanti voti vale per Berlusconi? Il potere lo compra chi può.

lunedì 28 gennaio 2013

Quale sindacato tutelerà i precari senza voce?

Pensavo che Susanna Camusso, dopo aver ammesso in una recente intervista che il sindacato aveva colpevolmente trascurato i precari, ne avrebbe invece tenuto conto nel Piano per il lavoro presentato due giorni fa a Roma. Grande attesa, grande delusione. Ma no, aspetta, c'è una notizia che viene dalla Cgil che dice che la proposta sui giovani del sindacato guidato da Camusso sarà resa nota giovedì 31 gennaio nel corso dell'iniziativa della Cgil "Garantiamo noi!". Una proposta sui giovani, in accordo con l'invito della Commissione Europea che ha istituito la Youth Guarantee, cioè l'impegno da parte delle istituzioni pubbliche ad accompagnare i giovani nel loro percorso d'inserimento lavorativo perché i giovani lavoratori diventino la garanzia di un Paese più dinamico e innovativo.
Tutto bello, aspettiamo di vedere questa proposta concreta. Ma intanto segnaliamo che gran parte dei precari, in attesa che il sindacato cominci a occuparsi anche di loro, sono invecchiati e hanno già alle spalle anche 5/10/15 anni di precarietà. Continuiamo a chiamarli giovani e a far finta che debbano essere inseriti nel mondo del lavoro? Chi tutelerà questi sfruttati sotto ricatto e senza voce?

giovedì 24 gennaio 2013

Camusso: la Cgil ha sbagliato con i precari

Autocritica di Susanna Camusso sui lavoratori precari in un'intervista a Il Foglio di ieri. Alla domanda se il sindacato senta qualche responsabilità per la forte diminuzione dei salari dei lavoratori e il clamoroso aumento della disoccupazione giovanile, il segretario nazionale della Cgil ha risposto: "Forse qualcosa da rimproverarci ce l'abbiamo e io credo che, in questo senso, l'errore più grave commesso in questi anni dalla Cgil sia stato quello di aver sottovalutato il fenomeno del precariato. Mi spiego. Per anni la Cgil ha visto il mondo dei precari come un universo numericamente ridotto, contenuto: senza capire invece che quel mondo ormai era entrato, purtroppo, a far parte del tessuto sociale. La legge 30, quella sul lavoro, per capirci, è una legge che noi non abbiamo mai condiviso; ma una volta che quella legge è stata approvata noi avremmo dovuto preoccuparci di come rappresentare i diritti dei nuovi lavoratori e non soltanto combattere quel principio. Non l'abbiamo fatto".
Bene segretario Camusso. E adesso?
A parte qualche obiezione del tipo che tutti i lavoratori vanno tutelati, anche se sono una minoranza (se no perché adesso tanta attenzione, per esempio, per gli "esodati" che, per quanti siano -non si sa ancora ufficialmente- non sono certo numerosi come i 3,5/4 milioni di precari), che cosa intende fare adesso il sindacato per ristabilire le regole, perché non ci siano lavoratori così palesemente discriminati, perché vengano riconosciuti i loro diritti di oggi ma anche quelli pregressi (anzianità aziendale maturata in caso di lavoro continuo e così via)?

domenica 20 gennaio 2013

Contratti precari: per il Pd l'abuso non c'è più

Sorpresa! Dal programma di governo del Pd è scomparsa la lotta alla precarietà. Vedi: <http://www.partitodemocratico.it/doc/206619/piano-nazionale-per-le-riforme.htm>. Potrebbe essere una conseguenza della recente collaborazione col professor Carlo Dell'Aringa ( post pubblicato il 4 gennaio 2013) entrato nel listino Bersani per le prossime elezioni?  (In breve: Dell'Aringa è l'economista esperto di problemi del lavoro che rappresentava la prima scelta di Monti al ministero del Lavoro per il governo tecnico; l'opposizione di parte della sinistra aprì le porte a Elsa Fornero e non si può dire che le cose siano andate meglio). 
Il Pd vuole abolire l'automatismo che, in caso di abuso (praticamente quasi sempre) dovrebbe trasformare i contratti precari in contratti stabili. Questo automatismo è stato creato dalla riforma Fornero ed è ampiamente disatteso da aziende che, piuttosto di osservare la legge, non rinnovano i contratti. Invece di sollecitare i controlli allo scopo di smascherare contratti illegali e, quando c'è violazione della legge, trasformare ope legis i contratti precari in contratti stabili, il Pd preferisce un'altra strada. Ma un abuso è un reato. Si può far finta di niente?
La strada che il Pd intende percorrere, così come è indicata nel suo programma, è quella che prevede solo la riduzione del costo degli oneri sociali sul lavoro dipendente intorno a un livello intermedio tra quanto viene versato per i dipendenti a tempo indeterminato e quanto viene versato per i lavoratori low cost; l'introduzione di una retribuzione minima e una riforma degli ammortizzatori sociali che riguardi anche i lavoratori che finora ne erano esclusi.
Premesso che è ora di finirla che la crisi la paghino sempre i più deboli e che è ora di finirla che la crisi autorizzi molte aziende ad avere comportamenti illegali, questa ricetta che chiude gli occhi sugli abusi è un po' poco per un partito di centrosinistra; pochissimo per un partito di sinistra.

Chi può essere co.co.pro. Chi no

Con una circolare dell'11 dicembre scorso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito alcune indicazioni operative agli ispettori in materia di contratti a progetto. Ispettori? Qualche lavoratore a progetto li ha mai visti nell'azienda dove lavora? La circolare, visibile al link <http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/182249CE-5BDC-439F-9B87-6A3C0254A599/0/20121211_Circ_29.pdf>, mira a definire con una certa precisione il campo di applicazione di questi contratti per facilitare il lavoro degli eventuali ispettori inviati alla ricerca di violazioni alla legge di riforma del mercato del lavoro.
Nella circolare c'è l'elenco delle occupazioni che per loro natura sono "difficilmente inquadrabili nell'ambito di un genuino rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, ancorché astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma".
Ecco i mestieri per i quali è escluso il ricorso al contratto a progetto: addetti alla distribuzione di bollette o consegna di giornali, riviste, elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche, alle pulizie; autisti e autotrasportatori; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e altri operai edili; piloti e assistenti di volo; prestatori di manodopera in agricoltura; addetti ad attività di segreteria e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi e bevande; prestazioni in call center per servizi cosiddetti in bound.
Tutti coloro che svolgono un lavoro di tipo intellettuale sono esclusi da quest'elenco (e sono decine di migliaia se si pensa a chi lavora in una casa editrice come grafico, redattore eccetera) quindi, a norma di legge, è legittimo che abbiano un contratto a progetto, a meno di dimostrare il contrario, cioè di svolgere un lavoro subordinato. Come? Non è specificato. Per dimostrarlo il lavoratore a progetto dovrebbe avviare un'azione legale contro l'azienda dove lavora avendo la certezza, in caso di vittoria, di essere assunto a tempo indeterminato. Salvo essere poi licenziato "per motivi economici" e liquidato con un indennizzo (nuovo art. 18). Complimenti (si fa per dire) al dottor Paolo Pennesi, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro, autore della circolare.

venerdì 11 gennaio 2013

Berlusconi-Santoro: 1-0 su rigore

Non mi è piaciuto lo scontro (?) tra Michele Santoro e Silvio Berlusconi nella puntata di Servizio pubblico di ieri sera. Tra i due c'era un accordo (non toccare il tema dei processi a Berlusconi) svelato da un Santoro finto-arrabbiato quando il cavaliere ha assestato il colpo basso (la controlettera a Travaglio) della sua vittoria su rigore.
Fin dall'inizio il copione è apparso stucchevole. Dal demenziale monologo introduttivo di Santoro, che è riuscito a mettere insieme tori e toreri, Granada e Vienna, la Gruber, i tubi Innocenti, Hitler "bambino che fa la cacca nel vasino stando bene attento a non sporcare per terra per paura della mamma asburgica", ho avuto l'impressione che il giornalista conduttore volesse strafare in un crescendo sempre più narcisistico e delirante che solo per grazia divina non si è tradotto in un grido finale dello stesso Santoro: "Berlusconi sono io!".
A impedire a Santoro di calarsi nei panni di "madame Bovary" è stato il cavaliere, altro fulgido esempio di Narciso, che ha lottato alla pari per vincere il finto duello.
Santoro e Berlusconi si sono mostrati soprattutto come una consumata coppia di comici televisivi degli anni '60/70 con ruoli intercambiabili, alla Franco e Ciccio per intenderci: una volta è l'uno a fare il capocomico e l'altro fa da spalla; poi viceversa nel dannato sforzo di coinvolgere gli spettatori e di appassionarli al loro duello. Ma quale duello? Erano palesemente complici nel recitare ciascuno la propria parte e quella dell'altro. Hanno ottenuto però ciascuno il risultato che voleva: Santoro l'audience e Berlusconi il rilancio. Se è questo che serve al nostro Paese....

giovedì 10 gennaio 2013

Perfino da McKinsey: più attenzione per i precari

A futura memoria. C'è una notizia sul Corriere della Sera di oggi che mi ha colpito. In Abruzzo, nelle liste del Pd alla Camera dei deputati appare Yoram Gutgeld, senior partner e direttore di McKinsey, multinazionale della consulenza aziendale, più nota come società che elabora nuove strategie di mercato e sforna tagliatori di teste per le imprese che vogliono ristrutturarsi anche alleggerendosi di un numero rilevante di dipendenti.
Gutgeld, già vicino a Matteo Renzi nelle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra, intervenendo sul lavoro ha dichiarato che il governo Monti si sarebbe dovuto occupare più dell'ingresso al lavoro che delle uscite e che bisognerà certamente rivedere la riforma Fornero perché sia riservata più attenzione ai precari. Se lo dice perfino un importante manager della McKinsey.....


martedì 8 gennaio 2013

L'hamburger è stabile. Chi lo cuoce no

McDonald's ha promesso 3 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni (e per dirlo, e vantarsene, ha utilizzato come claim della sua campagna pubblicitaria addirittura l'art. 1 della nostra Costituzione: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro"). E' una promessa che non mi incanta né mi scandalizza. Mi deprime molto.
E' evidente che l'azienda si riferisca ad assunzioni temporanee, flessibili, in una parola: precarie. E non è una sorpresa che ciò rientri da tempo nella politica di sviluppo della multinazionale di hamburger e patatine e anche di tutte le altre aziende che "assumono" (termine che ha perso quasi del tutto il significato di un tempo). Certo, di questi tempi, non si può essere choosy. Molti giovani laureati armeggiano già dietro ai banconi di McDonald's tra cheeseburger e chips. Della serie "non trovo un lavoro adeguato alla mia preparazione quindi meglio un uovo oggi che niente domani".
La struttura organizzativa di certe aziende, infatti, può trovare risposte adeguate alle proprie esigenze nella gamma di contratti che la legge prevede. In certi casi (quando il lavoro è stagionale, per esempio, o legato a condizioni particolari) è legittimo ricorrere a contratti diversi da quello a tempo indeterminato. Ci sono sempre stati. Il problema vero sono gli abusi.
Mi meraviglia la protesta energica della Filcams Cgil (sindacato del commercio e servizi) che ha lamentato la scarsa qualità occupazionale di McDonald's dove l'80% dei lavoratori avrebbe contratti di poche ore settimanali e l'obbligo di prestare servizio di notte e nei giorni festivi. Già, che cosa ci si aspettava?
Per chi ha memoria corta: l'applicazione dei contratti che generano precarietà è cominciata nel 1995 col cosiddetto "pacchetto Treu" (ministro del Lavoro nel governo dei tecnici guidato da Lamberto Dini), è proseguita con la "Legge Biagi" (2003, governo Berlusconi), e non è stata per nulla ostacolata dalla riforma Fornero (2012, governo Monti). E' sacrosanto protestare per ottenere il rispetto delle regole o magari migliori condizioni di lavoro, ma ci vuole uno sforzo innovativo nella strategia sindacale, finalmente fuori da certi vecchi schemi, per individuare nuovi percorsi e strumenti per contrastare il progressivo degrado dei diritti dei lavoratori e soprattutto per denunciare abusi conclamati. Addebitare sempre tutto alla crisi economica, ai mutamenti del mercato del lavoro, a Berlusconi e ai suoi sciagurati governi sono giustificazioni che non producono alcun risultato apprezzabile.

lunedì 7 gennaio 2013

Lavoro: per Monti contano solo le imprese

Il vero progetto di Monti riguardo il problema del lavoro adesso è chiaro. "Serve una riforma del lavoro più vicina alle imprese", ha detto ieri a Sky Tg24. Più vicina di così? Certo, senza le aziende non ci sarebbe il lavoro, ma prima di privilegiarle "a prescindere" si faccia un distinguo tra quelle virtuose, che rispettano tutte le norme (contrattuali, di sicurezza eccetera), e quelle che le disattendono serenamente.

domenica 6 gennaio 2013

Il lavoro nei programmi dei leader

Il lavoro è sempre un tema che scotta, ma alla fine purtroppo non succede mai nulla di positivo per i lavoratori. Almeno finora è andata così. E per il futuro?
Nell'agenda Monti c'è il superamento del dualismo tra lavoratori garantiti e non garantiti (ma non doveva essere il primo obiettivo della riforma del lavoro del governo Monti?). Chissà, forse il professore ha in mente di assestare altri colpi ai diritti acquisiti dei lavoratori così da portare tutti sullo stesso piano dei non garantiti; ed ecco che il dualismo non ci sarà più.
Berlusconi, ancora più piatto, ha dichiarato di voler abolire la riforma del lavoro del ministro Fornero per farne un'altra che faccia tornare (tornare?) per i giovani la capacità di fare impresa (all'insegna delle "start-up per tutti"). Gli altri affoghino pure, grazie.
E Bersani? Bersani si balocca tra la visione "di sinistra" di Stefano Fassina, responsabile del Pd per l'economia, e quella dei "montiani" del Pd. Una scelta vera, slogan a parte, non si è ancora vista.

venerdì 4 gennaio 2013

I miei dubbi sul prof. Dell'Aringa nel Pd

Mi ha molto sorpresa la chiamata del professor Carlo Dell'Aringa a far parte del listino Bersani insieme ad altre personalità della società civile. Il prof. Dell'Aringa, docente di Economia politica all'Università Cattolica di Milano, vicino alla Cisl, co-autore insieme a Marco Biagi del Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, ricerca su cui si basa la cosiddetta Legge Biagi (cui viene attribuita grande responsabilità nella diffusione del lavoro precario), benché sia un economista che gode di buona fama scientifica, sulla carta non sembra proprio l'uomo adatto per combattere la precarietà del lavoro, punto qualificante del programma del Pd. C'è qualcosa che mi sfugge in questa scelta di Bersani.
Il  nome del prof. Dell'Aringa era già stato indicato come probabile ministro del Lavoro e delle Politiche sociali nel governo dei tecnici guidato da Mario Monti; poi l'incarico andò, con grandi aspettative, alla professoressa Elsa Fornero (con conseguenze che  purtroppo lavoratori "esodati" e precari conoscono). Chissà, magari il prof. Dell'Aringa avrebbe fatto meglio...... Non si può sapere. Certo è che la premessa non appare delle migliori nonostante Bersani con convinzione abbia dichiarato che la presenza del prof. Dell'Aringa "renderà più forte il nostro impegno sui grandi temi sociali e del lavoro". Se lo dice lui....  Spero d'essere smentita, ma per il momento i miei dubbi restano. Insieme alla confusione che sta generando questa strana campagna elettorale.

giovedì 3 gennaio 2013

Lavoro: continua la vergogna dei falsi contratti

I problemi irrisolti lasciati sul campo dall'ultimo governo sono tanti. Di molti si parla. Su altri c'è silenzio oppure intervengono importanti opinionisti, politici e tecnici, ciascuno con una propria ricetta buona, almeno nelle intenzioni, per il futuro. E il presente? Chi si occupa oggi di qualche milione di lavoratori con false partite Iva e falsi contratti a progetto? Tardivamente la Cgil si è accorta (dagli altri sindacati neppure un sospiro) che il 31 dicembre scadevano centinaia di migliaia di contratti che generano precarietà. E i contratti scaduti prima e non rinnovati o trasformati in altre tipologie contrattuali peggiori? E quelli che scadranno magari tra un mese o due o più avanti?
Se fossi un giovane di oggi, stabilmente precario e seriamente preoccupato per il futuro, proverei un grande fastidio e anche qualcosa di più, non solo per la scarsa o nulla attenzione ricevuta finora ma anche per i consigli di chi magari, al sicuro tra i suoi pannicelli caldi, scrive editoriali o rilascia interviste, o bacchetta "genitori sindacalisti di figli bamboccioni" dispensando a piene mani il suo sapere che poco ha a che fare con la realtà dei cittadini, delle loro famiglie e del lavoro violato nei suoi diritti primari.
Gli direi semplicemente: la smetta di invitarmi a diventare uno startupper (un'opportunità certamente, ma non per tutti e in qualunque caso), usi invece la sua influenza per richiamare al rispetto delle regole. Come? Intanto sollecitando l'invio nelle aziende degli ispettori del lavoro. Sarebbe, è, l'unico provvedimento serio da prendere per contrastare il precariato, metastasi diffusa indifferentemente tra giovani e non.
Perché non si fanno questi controlli? Perché a certe aziende fa comodo così. Se si facessero emergerebbe che da 10/15 anni una gran quantità di lavoro subordinato è mascherato, tra l'indifferenza di governo, Parlamento e sindacati, da contratti a progetto, partite Iva e ogni altro fantasioso contratto che il ministro Fornero, nonostante più dichiarazioni d'intenti, non è riuscita a eliminare (o non ha voluto). E comunque in Italia spesso è inutile fare le leggi se poi non c'è chi ne controlla l'applicazione.
Che cosa dovrebbe fare un ispettore del lavoro in questi casi? Dovrebbe andare in un'azienda, prendere in esame i contratti atipici di tutti quelli che vi lavorano come collaboratore ma con prestazioni da lavoratore dipendente, verificare da quanti anni quel lavoratore svolge mansioni che ricadono nella categoria del lavoro subordinato e trasformare ope legis quel falso contratto di collaborazione in contratto a tempo indeterminato facendo corrispondere al lavoratore tutte le indennità che negli anni illegalmente non ha ricevuto (contributi, tredicesima, Tfr eccetera). Prima di riformare in toto la complessa normativa sul lavoro questo avrebbe dovuto fare la riforma Fornero: fare piazza pulita degli abusi esistenti. Questo non si chiama assistenzialismo, è giustizia.
E le aziende? Le aziende ricorrano alla flessibilità secondo la legge, non indiscriminatamente, e non si servano della crisi per legittimare comportamenti illegittimi. Gli strumenti contrattuali per far fronte a situazioni che richiedono flessibilità non mancano. Che responsabilità hanno certi imprenditori che predicano bene e razzolano male?
E' il rispetto delle regole che manca. Si continua a far finta di niente anche davanti ad abusi reiterati che producono gravi danni non solo al lavoratore ma anche alle casse dell'Inps, cioè alla collettività. Abusi che potrebbero dar corso a numerose cause di lavoro dalle quali difficilmente le aziende uscirebbero indenni ma che i lavoratori, sotto il pesante ricatto del licenziamento immediato, in genere preferiscono non intentare.
Bene ha fatto Roberto Benigni a illustrare recentemente la bellezza della nostra Costituzione (anche riguardo al lavoro naturalmente -art. 4). Sulla carta. Perché nella sostanza purtroppo le cose stanno diversamente. Mi piacerebbe, per esempio, che il nostro grande artista provasse a fare anche un altro esercizio: rileggere uno a uno tutti gli articoli della nostra Carta costituzionale apponendo a ciascuno di essi un timbro: "Rispettato", "Non rispettato". Con grande riconoscenza e rispetto per il lavoro dei Padri costituenti credo che avremmo molte sorprese.

mercoledì 2 gennaio 2013

Giù le mani da "Fratelli d'Italia"

Riprendo a scrivere dopo una lunga pausa.
Siamo ormai nel pieno della campagna elettorale. Alcuni transfughi del Pdl, riuniti intorno a Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni qualche giorno prima di Natale hanno presentato il loro nuovo partito: "Fratelli d'Italia - Centrodestra italiano". Fratelli d'Italia?
L'inno di Mameli appartiene a tutti gli italiani. Impadronirsi addirittura dell'incipit per battezzare una nuova formazione politica è un'azione per me discutibile e scorretta (lo sarebbe anche se il nuovo partito fosse d'altro segno). Ed è insopportabile che nessuno abbia protestato.