lunedì 17 febbraio 2014

#matteononstareserenomapedala

Matteo Renzi si è tuffato nella sua nuova avventura politica con uno spettacolare doppio salto mortale in avanti e libero. Pericoloso per alcuni, coraggioso per altri.
Il "metodo Renzi", moralmente discutibile, politicamente rappresenta una trasgressione dei riti del Palazzo. Il comportamento di Renzi infatti va in direzione ostinata e contraria rispetto a quel che aveva detto, ripetuto e tweettato (#enricostaisereno). E quando ha deciso di sfiduciare Enrico Letta deve essersi certamente ispirato al motto del suo concittadino Niccolò Machiavelli "il fine giustifica i mezzi".
Stamattina il sindaco di Firenze nonché segretario del Pd, Matteo Renzi, ha ricevuto da Napolitano l'incarico di formare il nuovo governo; compito che si sta rivelando più arduo di quanto egli stesso avesse previsto, ma che non lo fermerà.
Per la polverosa e stantìa politica italiana il ciclone Renzi è un vero choc. Riuscirà il nostro eroe a compiere quelle riforme indispensabili e urgenti per raddrizzare le sorti del Paese?
Nessuno può rispondere a questa domanda, a meno che abbia la palla di vetro o una fiducia  incondizionata in Renzi. Al punto in cui siamo, non ci resta che andare avanti e sperare che ci riesca. Buon lavoro Matteo e tanti auguri all'Italia.

venerdì 14 febbraio 2014

Napolitano non consulti Berlusconi!

Quel che sta accadendo nella politica italiana è qualcosa di davvero inedito: un governo (Letta) sfiduciato non dal Parlamento ma dalla direzione dei proprio partito (il Pd di Renzi). Si era mai visto eppure lo stiamo vedendo, e non ci sorprendiamo neppure più di tanto, anestetizzati come siamo ormai di fronte a qualunque inosservanza o sfregio delle regole.
Quel che proprio non vorrei vedere tra poco, ma proprio non vorrei vedere, quando ci saranno le consultazioni del Presidente della repubblica per individuare a chi dare l'incarico (ovviamente al sindaco di Firenze e segretario del Pd) di formare il nuovo governo, è Berlusconi salire al Colle per incontrare Napolitano.
Per favore, Presidente, glielo chiedo col tono accorato di una cittadina di questo Paese che ha dovuto accettare l'inaccettabile nei vent'anni di egemonia berlusconiana, non riceva Berlusconi!
Forza Italia deleghi pure uno dei suoi falchi o falchetti nel colloquio con Napolitano, ma Berlusconi non deve mettere piede al Quirinale! Il pregiudicato (anche in attesa di altri giudizi) e senatore decaduto Berlusconi già avuto un ingiusto riconoscimento da Renzi, che lo ha convocato per trovare l'accordo sulla nuova legge elettorale.
Basta con Berlusconi! Questa sarebbe la vera svolta, caro Matteo Renzi!


mercoledì 5 febbraio 2014

Quale disfattismo, presidente? E' la realtà

"Basta con il disfattismo" è la parola d'ordine del presidente Letta. Commentando con orgoglio i risultati raggiunti con il suo pellegrinaggio negli emirati (soprattutto i 500 milioni di investimenti concessi da un fondo del Kuwait), Letta ha detto chiaro e tondo che è ora di finirla con una visione catastrofica delle condizioni generali di salute del nostro Paese.
Ha ragione, "l'ottimismo è il sale della vita", diceva il poeta in uno spot.
Grazie a Enrico Letta per il suo impegno nel portare a casa qualche risultato; 500 milioni di euro possono sembrare pochi, ma coi tempi che corrono sono comunque un risultato soddisfacente.
Per essere un po' ottimisti, però, bisognerebbe cominciare a vedere non dico il bel tempo su tutta la penisola, ma almeno che cominci timidamente a far capolino il sole al di qua delle Alpi. Invece 161 vertenze occupazionali (aziende che chiudono o delocalizzano lasciando a casa i
lavoratori) continuano a giacere sul tavolo del governo, e non è che ogni giorno il loro numero diminuisca.
Forse ci vuole più pazienza. Bisognerà dirlo soprattutto a chi non riesce più a fare la spesa per lo stretto indispensabile.

martedì 4 febbraio 2014

Rivoluzione? Magari... No, grazie

L'ingiustizia sociale, le profonde disuguaglianze, la disoccupazione e la mancanza di prospettive per una vera ripresa (altro che "la crisi è finita", presidente Letta) negli amati/detestati anni '70 avrebbero scatenato la rivolta nelle piazze. Oggi, a parte qualche sporadico sussulto di protesta che non ha mai raccolto ampi consensi, si va in piazza per uno sciopero, un comizio, un concerto, ma non più in tantissimi, e tutti uniti, per "fare la rivoluzione". Eppure i motivi non mancherebbero.
Per Romano Prodi, economista, ex presidente del Consiglio (intervistato due giorni fa da Aldo Cazzullo del Corriere della Sera), "la mancanza di una rivolta sociale si spiega col fatto che la perdita del lavoro oggi avviene goccia a goccia; infinite gocce che fanno molto più di un fiume, ma non fanno una rivoluzione".
Aggiungerei, sempre riferendomi agli anni '70, che allora c'era soprattutto il collante degli ideali, della solidarietà, che teneva unite masse di lavoratori e studenti nelle loro rivendicazioni, che inevitabilmente sfociavano nelle piazze. Oggi gli ideali sono crollati insieme all'ideologia che li sosteneva, l'unità si è persa, gli operai, disoccupati o delocalizzati, stanno scomparendo, gli studenti sono travolti (talvolta purtroppo non solo metaforicamente) dalle macerie della scuola. Chi può andare in piazza? La classe media? La classe media, bastonata, frantumata e sempre più impoverita dalla crisi, dal fisco, dalla precarietà dei suoi figli, non ha progetti se non quello di riuscire a dare una mano a figli e nipoti. Fare la rivoluzione? E con chi? Certo che ci vorrebbe, però.... No, grazie, ho già altro da fare. Si è persa la dimensione collettiva e si agisce ormai solo individualmente, ognuno per sé. Almeno fino a quando ci sarà da parte qualche risparmio.
Ricordo il titolo, ironico e pieno di aspettative, di una commedia teatrale degli anni '70, Arriva la rivoluzione ma non ho niente da mettermi (di Umberto Simonetta). Oggi sarebbe un rassegnato Ho qualcosa da mettermi ma non arriva la rivoluzione.