mercoledì 8 agosto 2012

Monti e la "generazione perduta"

Molto rumore contro Monti per un paio di recenti dichiarazioni politically uncorrect. La prima in un'intervista a Der Spiegel in cui ha auspicato per i governi una maggiore autonomia dai Parlamenti nazionali nelle trattative a Bruxelles. La seconda al Wall Street Journal in cui ha evocato lo spaventoso scenario dello spread a quota 1.200 se fosse rimasto in carica il governo precedente. Due dichiarazioni successivamente un po' rappattumate.
Minor rumore ha sollevato invece l'intervista che il presidente del Consiglio ha dato a Sette (27 luglio 2012). Eppure anche lì il professore aveva detto cose gravi.
Per esempio, parlando dei 30-40enni italiani definiti la "generazione perduta" per le loro difficoltà o addirittura per l'impossibilità di inserirsi nel mondo del lavoro, Monti, dopo aver citato De Gasperi ("il politico pensa alle prossime elezioni; l'uomo di Stato pensa alle prossime generazioni"), ammette che messaggi di speranza possono essere dati solo ai giovani che verranno tra qualche anno. Quanto alla "generazione perduta", si può cercare di ridurre al minimo i danni e di non ripetere gli errori del passato.
Sono parole che si commentano da sé. Forse è per questo che non le ha commentate nessuno? Nessuno che abbia sottolineato queste parole. Eppure sono pesanti come macigni. Male ha fatto la stampa a non dare il giusto rilievo a questa parte dell'intervista. E comunque a Monti mi viene da dire: mi scusi, professore, ma la riforma del lavoro non l'ha fatta il suo governo? Allora abbiate il coraggio di ammettere quel che molti (anch'io) pensano e cioè che quella riforma tanto sbandierata è stata solo un piccolo rattoppo su uno squarcio di cui la "generazione perduta" non ha colpa ma per il quale paga un conto molto salato.

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