giovedì 13 ottobre 2016

Poteva mancare il Sì degli ex sessantottini?

Ecco un appello a favore del Sì alla riforma della Costituzione di cui francamente non si sentiva la mancanza. Questo manifesto è stato scritto da ex gruppettari, un tempo militanti della sinistra extraparlamentare.

"Lungo gli anni di un mai cessato impegno pubblico, abbiamo appreso che la democrazia non è un tram che si prende e dal quale si scende alla fermata improbabile di qualsiasi tipo di rivoluzione; non significa solo gridare nelle piazze, nelle assemblee, sui social-media le proprie ragioni; non è soltanto rappresentanza ma anche governo; non è solo popolo ma anche istituzioni. La Costituzione è bella ma anche perfettibile. Il tempo presente richiede decisioni tempestive, apparati leggeri, eliminazione di doppioni inutili e costosi e l'allineamento istituzionale con le democrazie più avanzate. Ecco perché noi voteremo Si e invitiamo a votare Sì nel referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016".

Seguono le firme di 68 ex sessantottini provenienti dal Movimento Studentesco, Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Movimento Lavoratori per il Socialismo, tutti intellettuali e professionisti affermati nel campo dell'educazione, della comunicazione, della consulenza aziendale.

Tutte le opinioni sono lecite, per carità. Ma come ci mancano, caro Pasolini, le tue analisi lucide sul futuro privo di Valori che ci attendeva!
Come ci mancano, caro Dario Fo (morto stamattina a Milano) la tua risata sarcastica e il tuo sghignazzo.

mercoledì 12 ottobre 2016

Misure pro occupazione: esclusi sempre gli stessi

La Legge di Stabilità (DEF) 2017 verrà presentata quasi certamente sabato 15 ottobre. Da alcune indiscrezioni pubblicate ieri da Repubblica apprendo che nella manovra ci saranno alcune misure riguardanti l'occupazione.
Bene, è sempre positivo lottare contro la disoccupazione; vuoi vedere che magari il governo (dati Istat alla mano) si è accorto che ad agosto 2016 l'occupazione è leggermente migliorata per le fasce d'età tra 15 e 24 anni, va meglio per gli over 50, ma purtroppo è ancora di segno negativo per lavoratori tra 25 e 49 anni?
All'ultima fascia d'età che ho citato appartiene anche la "Generazione '80", quella che Mario Draghi nell'aprile scorso ha definito "la più istruita di sempre" (forse perché nata da genitori baby boomers che non hanno lesinato sulla formazione dei figli), ma che rischia di essere irrimediabilmente perduta (perché trascinata in basso dal gorgo delle ultime riforme del lavoro che l'hanno resa precaria) e per questo richiede qualche strumento normativo che le dia un po' di ossigeno (ma questo è un aspetto del problema che interessa ben pochi perché riguarda solo i lavoratori di quella generazione e le loro famiglie).
Forse il governo intende finalmente intervenire con degli investimenti pubblici (opere di manutenzione del territorio, dei trasporti, di politica turistica o culturale eccetera) per cambiare il segno di questa tendenza negativa? No, quello che c'è nel DEF riguarda ancora sgravi fiscali dai quali sarà però esclusa la fascia di lavoratori 25-49 anni.
Tra le misure che verranno presumibilmente adottate c'è infatti quella del ritorno degli sgravi fiscali del 2015, a pieno regime (8 mila euro l'anno per 3 anni) per le aziende che assumono stabilmente un loro ex stagista diplomato o laureato al massimo da sei mesi, quindi quasi certamente un giovane under 25.
Gli sgravi sia pure ridotti al 40% (quelli in vigore nel 2016) dovrebbero invece cessare completamente il prossimo 31 dicembre anche se non tutti i lavoratori precari alla data di entrata in vigore del Jobs Act (marzo 2015) sono stati "stabilizzati". Anzi molti di loro, paradossalmente grazie al Jobs Act, sono diventati disoccupati perché non hanno voluto subire il ricatto di dover rinunciare per sempre a far valere i propri diritti maturati negli anni (cioè un contratto stabile ante Jobs Act e il riconoscimento di differenze retributive e contributive) in cambio di un discutibile contratto "a tutele crescenti", e senza neppure un bonus (che ormai non si nega a nessuno) a parziale risarcimento delle spettanze mai avute. Non accetti il ricatto? Perdi il lavoro.
Altre misure del DEF riguardano sgravi per le aziende del Sud che assumono, categorie di lavoratori svantaggiati, un potenziamento della Garanzia Giovani eccetera. Tutto bene tranne che per gli esclusi, sempre gli stessi.
Intendiamoci, l'obiettivo della piena occupazione non è mai stato raggiunto neppure in lontani anni migliori, ma tendere ad avvicinarsi il più possibile senza escludere nessuno è un dovere che si compie soprattutto con una politica economica fatta di investimenti per rilanciare la domanda. E non ho parlato dei voucher.

lunedì 10 ottobre 2016

Votare è un dovere, non sempre è anche un piacere

Campagne elettorali a confronto. Negli StatiUniti la campagna elettorale per l'elezione del Presidente si è ormai trasformata in una guerra tra due clan che non si risparmiano colpi bassi (nel vero senso della parola). I due candidati, Trump e la Clinton, si menano fendenti che, in quel che singolarmente continua a essere considerato il Paese più puritano al mondo, passano tutti dalla camera da letto extraconiugale del candidato repubblicano o del coniuge della candidata democratica. Un confronto segnato anche da altri momenti discutibili. Non era mai accaduto prima d'ora che un faccia a faccia tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti apparisse più una lite da ballatoio tra vicini litigiosi e con pochi argomenti.
Trump è Trump e non capisco lo scandalo che ha sollevato il video con le sue vanterie da sciupafemmine miliardario. Preoccupante è semmai il fatto che sia arrivato a essere il candidato repubblicano alla presidenza: tutti gli americani, soprattutto repubblicani, dovrebbero farsi un esame di coscienza. Se fossi cittadina americana voterei certo la Clinton ma molto malvolentieri perché c'è qualcosa in lei che non mi convince (e non sono le scappatelle di Bill).
In Italia la campagna referendaria si sta trasformando in una guerra tra Guelfi e Ghibellini ormai malamente ridotta a uno scontro tra le tifoserie ultrà di un derby calcistico. Ognuno accampa qualche motivo per fare una ripicca all'altro; la politica parlata sta diventando la palestra per sfottò, battute velenose, per piccoli giochi dispettosi, attorno a poltrone e poltroncine e tra sedicenti innovatori e galantuomini che hanno fatto il loro tempo, che sanno di risse infantili e che nulla hanno a che vedere con la politica vera che si deve occupare del bene del Paese. L'errore di aver personalizzato il referendum continua a fare danni nonostante l'apparente marcia indietro del personalizzatore. E i cittadini un po' smarriti, senza più certezze, stanno a guardare: in bilico tra il Sì e il No, incerti sul da farsi. Pare che saranno in molti a decidere all'ultimo momento o ad astenersi. Per la prima volta credo che andrò a votare (votare si deve, sempre) per astenermi.

martedì 4 ottobre 2016

"Venghino venghino: lavoro qualificato low cost"

Se Renzi è un grande comunicatore non è detto che lo siano anche i ministri del suo governo, anzi.
Dopo le ripetute gaffe del ministero della Salute (retto da Beatrice Lorenzin) con i volantini sul Fertility Day, adesso lo scivolone è stato del ministero dello Sviluppo economico (Carlo Calenda) che ha distribuito ai giornalisti in occasione della presentazione di Industria 4.0, piano nazionale per rilanciare investimenti e industrie italiane, una brochure in cui alla voce "Capitale umano e talento" veniva sottolineata una caratteristica del mercato del lavoro italiano attrattiva per gli stranieri ma negativa per noi: "L'Italia offre un livello di retribuzioni competitivo (che cresce meno che nei Paesi della UE)...". Il fatto che la frase si concludesse con: ".... e una forza lavoro altamente qualificata" non mitigava l'amaro in bocca.
Ma perché il nostro Paese deve "vendere" la sua qualità a basso prezzo e invece non può fare leva sull'aver finalmente sconfitto la corruzione e offrire una burocrazia semplificata?

Renzi-Zagrebelsky in un tweet di Sabelli Fioretti

Per l'ultima volta torno sul confronto Renzi-Zagrebelsy, ma ne vale la pena. Il commento più efficace e sintetico sull'evento è stato quello di Claudio Sabelli Fioretti su Twitter: "Zag è stato un vero disastro! Aveva ragione e non ha saputo dirlo. Renzi aveva torto e l'ha saputo nascondere".

domenica 2 ottobre 2016

P.S. Renzi-Zagrebelsky: il ruolo di Napolitano

Renzi ha dovuto cedere sull'Italicum e nell'incontro con Zagrebelsky ha annunciato che entro ottobre ci sarà una proposta di modifica della nuova legge elettorale (cosa non si fa per la campagna elettorale referendaria....).
Nell'aver cambiato idea su una convinzione che sembrava incrollabile ("la legge elettorale non si tocca") c'è stato lo zampino di Napolitano che ha cercato di far rientrare Renzi nei binari democratici dai quali il premier talvolta deraglia.
Peccato che Napolitano non lo abbia consigliato anche su certe riforme affrettate (vedi Jobs Act) in cui l'unica parte sociale, consultata e ascoltata da Renzi, è stata Confindustria.

Ho sbagliato: Renzi ha sconfitto Zagrebelsky

Ho fatto un errore: ho valutato il confronto tra Renzi e Zagrebelsky col metro e il peso dell'immagine, parametro in cui è facile cadere quando si è pervasi, come avviene dagli anni '80, dalla cultura dell'immagine che, con un automatismo inquietante, ti avvia su percorsi inadeguati se non hai l'acutezza di saper distinguere subito la forma dal contenuto.
Benissimo ha fatto quindi Eugenio Scalfari nel suo commento su Repubblica di oggi a considerare solo quel che i due contendenti hanno detto, non come lo hanno detto. E qui non c'è stata storia: ha vinto Renzi.

sabato 1 ottobre 2016

Renzi-Zagrebelsky: un confronto né Si né No

Il confronto su La7 ieri sera fra Matteo Renzi e il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky si è concluso, secondo me, senza vincitore né vinto. Il giovane premier adrenalinico parlava a raffica e l'anziano e colto professore, soprattutto all'inizio, faticava un po' a prendere l'abbrivio, complice il disagio che, aveva detto ai giornali, gli mettono le telecamere. Renzi credeva di averlo già "asfaltato" dopo i primi interventi, glielo si leggeva negli occhi e nella mimica facciale. Invece poco alla volta il professore si è ripreso e ha potuto sciorinare tutta la sua profonda conoscenza dell'argomento nonostante l'impazienza del moderatore Mentana che teneva d'occhio i tempi televisivi, molto più veloci delle reazioni del professore.
Le ragioni del Sì e del No sono state messe sul tavolo anche tra qualche intemperanza gestuale del premier e qualche malinteso del professore. A un certo punto mi sembrava di assistere a una discesa con gli sci: Renzi giù a capofitto come in una libera olimpica, Zagrebelsky impassibile nello scendere accarezzando la neve e curvando con l'eleganza e lo stile del Telemark.
Ciascuno ha gareggiato a modo suo perché i concorrenti avevano nulla in comune. Sono state messe a confronto due personalità troppo diverse nell'eloquio, nella preparazione e conoscenza dei temi trattati (enciclopedica Renzi, perfettamente a suo agio in uno studio tv: sapeva tutto, con tanto di dati, citazioni e riferimenti precisi; per nulla mediatico, accademico, anche un po' noioso, Zagrebelsky, molto istituzionale nell'andare a cercare il pelo nell'uovo dentro a ogni piega degli articoli della riforma) e questo ha fatto sì che i due andassero quasi sempre
ognuno per la propria strada nonostante i tentativi di Mentana di riportare il confronto tra i confini del Sì o No alla riforma costituzionale.