sabato 27 febbraio 2010

Un caso di bullismo istituzionale

Berlusconi ha definito i magistrati "una banda di talebani". Il premier ormai straparla a ruota libera, e sempre con arroganza. Siamo al bullismo istituzionale.

venerdì 26 febbraio 2010

Salvate l'ingegner De Benedetti (e tutti i maschi)

Dalla Germania arriva una proposta provocatoria, ma in fondo poi non tanto: inventiamo l'uomo nuovo. Non l'uomo nel senso universale dell'essere umano, ma proprio il genere maschile. Di fronte allo strapotere delle donne, che soprattutto nella realtà tedesca sono vincenti, bisognerebbe tutelare il nuovo sesso debole, l'uomo.
L'idea di una Commissione per le pari opportunità, che si occupi delle discriminazioni che riguardano gli uomini, è nata dal congresso sulla condizione maschile che si è svolto all'università Heinrich Heine di Duesseldorf. Sul tema è previsto un fiume di dibattiti.
Osservando su La Repubblica di ieri (pag. 39) una foto dell'ingegner Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica insieme con il suo amministratore delegato, Monica Mondardini, vien la conferma che la tendenza della schiacciante superiorità femminile in molti casi sia già una realtà: il temibile "Ingegnere" sembra intimorito, quasi sottomesso, per il piglio, la grinta, la sicurezza e la baldanza asciutta della sua manager numero uno.
Forse bisognerebbe aprire un dibattito (grazie, no) sulle donne in carriera e la femminilità.

Anche nella sconfitta, grande Carolina

Nella sconfitta si vede la grandezza di un atleta. Carolina Kostner, la campionessa di pattinaggio artistico sulla quale puntavano le ultime speranze dell'Italia di vincere una medaglia d'oro alle Olimpiadi invernali di Vancouver, è caduta, si è rialzata, è caduta e ricaduta più volte. Alla fine si è classificata al 16° posto. "Non mi arrenderò", ha detto, "finché non avrò esaurito tutte le cadute che sono in me".
Brava Carolina.

giovedì 25 febbraio 2010

Non c'è solo la marea nera del petrolio

Dal cormorano del Kuwait, impastato del petrolio della guerra del Golfo, ai cormorani ricoperti di petrolio in val Padana. La marea nera di petrolio che, uscita dolosamente dalla ex raffineria di Villasanta (Monza), attraverso il Lambro si è riversata nel Po e finirà nell'Adriatico, non uccide solo l'ecosistema e l'economia del territorio, ma anche la salute dei cittadini. E' il simbolo di tutte le schifezze che travolgono da troppi anni i cittadini e la vita democratica, è la fotografia di questo bel Paese. Ammesso che se ne trovino i responsabili, con la giustizia lenta che abbiamo, ma soprattutto con la giustizia che verrà, credo che questo delitto resterà impunito. Come altri.
Per i nostri governanti l'emergenza è ormai routine, da curare preferibilmente con appalti lucrosi per certe imprese amiche, magari legate alla criminalità, impegnate nelle opere di bonifica e ricostruzione.
Ma quale bonifica? La prima bonifica utile sarebbe quella di ripulire seriamente la politica dai soggetti compromessi col malaffare e la criminalità; subito dopo, una bella pulizia di un'altra marea nera, costituita da tutti i "mostri" che il berlusconismo ha creato e/o ha fatto crescere a dismisura: i miti del successo, del denaro, della popolarità a ogni costo, della furbizia. Infine, imprimere una bella correzione di rotta: in Parlamento politici eletti dai cittadini e non dai partiti; cercare di stabilire il primato dell'etica, della legalità, quindi della meritocrazia, della cultura attraverso una vera riforma della scuola, rilanciare valori dimenticati come l'onestà, il rispetto. Insomma, cercare di costruire finalmente il Paese che non c'è.

venerdì 19 febbraio 2010

Quando la mafia prende il posto dell'Inps

"La mafia, la camorra, la 'ndrangheta sono diventate per chi non ha niente un vero ammortizzatore sociale. E' una cosa drammatica, forte, ma è vera", ha detto il cantante napoletano Nino D'Angelo parlando dei mali del Sud nella sua canzone Jammo ja, presentata al Festival di Sanremo. Uno scandalo? No, sono parole che dovrebbero indignare le coscienze non perché sono state pronunciate, ma perché talvolta corrispondono terribilmente alla realtà. Non ammetterlo sarebbe un'ipocrisia.
Come testimonia col suo lavoro quotidiano uno scrittore coraggioso come Roberto Saviano, non sono forse queste organizzazioni criminali una sorta di Stato parallelo, uno Stato del Male, con i suoi centri di potere (cupole, cosche, famiglie, eccetera), i suoi uomini, le sue "leggi"? La criminalità prospera nel sottosviluppo e nell'ignoranza, arruola senza fatica nelle sue fila giovani senza lavoro, senza prospettive, senza sogni che non siano quelli del guadagno facile anche, e soprattutto, spargendo sangue. Quando lo Stato di diritto lascia spazi vuoti, non c'è, ecco che la criminalità avanza e ne prende il posto, perfino come garante dello stretto necessario.

mercoledì 17 febbraio 2010

Per Scajola tutti vogliono Termini Imerese

Ma quante sono le proposte per riconvertire l'area industriale di Termini Imerese, che la Fiat ha annunciato di voler chiudere?
Per il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, l'8 febbraio erano otto/dieci. Stamattina, con una dichiarazione in Senato, ha detto che sono ormai quattordici! Se va avanti così, tra un mese saranno trecento. Intanto il ministro non dice di che proposte si tratta. E pensare, ha detto di recente Pierluigi Bersani, che ne basterebbe una.

martedì 16 febbraio 2010

Festival di Sanremo: Morgan ha già vinto

Stasera parte il carrozzone festivaliero di Sanremo. Per oltre due settimane il nome dell'artista milanese è stato sfruttato dalla Rai per fare da grancassa alla grande sagra nazionalpopolare. Risultato: prima che si accendano i rifletttori, Morgan ha già vinto. Al di là dei suoi meriti artistici, di Morgan si è fatto un tale parlare, anche quando a un certo punto lui avrebbe preferito il silenzio, che nessun vero vincitore potrà batterlo.

venerdì 12 febbraio 2010

Berlusconi e le ragazze albanesi

Una battuta infelice e amara. E' quella fatta da Berlusconi oggi, durante l'incontro a Palazzo Chigi con il premier albanese Berisha. Parlando del problema dell'immigrazione irregolare, il capo del nostro governo ha detto, piacendosi molto: "Sullo stop agli sbarchi clandestini faremo un'eccezione solo per le belle ragazze".
Quante belle ragazze albanesi sono arrivate nel nostro Paese perché attratte dal miraggio di un lavoro, e poi sono scese sulle nostre strade, per essere sfruttate, picchiate e qualche volta uccise da un cliente o da un "protettore" violento?
Vergogna.

Bertolaso tra S.p.a. e Spa

Forse, dopo i presunti illeciti commessi da Guido Bertolaso, l'idea di trasformare la Protezione civile in una S.p.a. subirà una battuta d'arresto. E spero che si fermi davvero perché è un progetto che non sta né in cielo né in terra. Come la metteremmo infatti con l'esigenza di una società per azioni di fare bilancio? Di scegliere i suoi settori strategici e abbandonarne altri che fanno poco o niente profitti? La Protezione civile, quando interviene per una calamità, non può fare conti da ragioniere. Deve farne altri, deve salvare vite umane.
La Protezione civile è un organismo che ha compiti di previsione, prevenzione e gestione di eventi straordinari, calamità naturali o disastri causati dall'uomo con conseguenze sulla collettività. La motivazione dichiarata per la trasformazione è suggestiva: per rendere più tempestivi e agili gli interventi di soccorso (problema per il quale si potrebbero studiare altre soluzioni). Insomma la Protezione civile S.p.a. diventerebbe un centro di potere parallelo e non sottoposto a controlli, che riferirebbe direttamente al presidente del Consiglio, azionista unico della società.
C'è poi la questione dei grandi eventi che Bertolaso è stato chiamato ad affrontare che non sono calamità, come il G8 della Maddalena, i campionati mondiali di nuoto a Roma, la realizzazione delle infrastrutture per i 150 dell'unità d'Italia, e anche altre opere minori. Perché? Perché stranamente rientrano nei compiti dell'organizzazione. E poi: "Non sono io che sgomito per fare le cose. Mi chiamano", ha detto oggi in un'intervista al Corriere della sera. Ecco, allora sarà il caso di chiamarlo un po' meno. Anche un duro come Bertolaso, più impegnato di Superman, può stressarsi. E non ci si può meravigliare se ha bisogno di qualche massaggio rilassante. Magari in una Spa.

Se questo è un Paese

Un povero senzatetto massacrato con un tubo di ferro a Milano, nella cabina telefonica in cui si rifugiava di notte.
Gli operai della Fiat di Termini Imerese, che stanno perdendo il posto di lavoro, chiedono a Fiorello, re dell'intrattenimento televisivo, di rinunciare agli spot Fiat come gesto di solidarietà nei loro confronti.
"Vendo un rene al miglior offerente". Questo il disperato annuncio messo in rete da Andrea Pancallo, 20 anni, di Vercelli, per ottenere il denaro necessario per pagare l'assistenza a suo padre, malato di Sla da sei anni.
Un operaio di 36 anni, Sergio Marra, di Bergamo, distrutto per aver perso il lavoro, si è dato fuoco ed è morto bruciato vivo.
A un anno dalla morte di Eluana Englaro è ancora polemica. "Identificarla con la sua agonia, con la sua fine, con le dispute sulla sua fine, arreca offesa alla sua persona. E' illecito farne un simbolo, un'icona, una bandiera per battaglie future su quei temi, perché lei è stata ed è Eluana, non un'icona né una bandiera", ha scritto Claudio Magris sul Corriere della Sera 10 febbraio 2010. Un commento che tutti dovrebbero leggere.
Concluso il lavoro della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale sul caso di Stefano Cucchi, il giovane entrato vivo e uscito morto dal carcere. Presto sarà resa nota la relazione finale."Quando è morto, mio fratello era disidratato e denutrito per colpa dei medici", ha dichiarato Ilaria Cucchi ieri al Tg3.

giovedì 11 febbraio 2010

Sul precariato: parole, parole, parole

Non se ne può più. Seguire sui giornali il dibattito sul precariato, dei giovani e no, è davvero deprimente. Quasi tutti quelli che intervengono (soprattutto politici e giuslavoristi), non fanno che chiacchiere. Il lavoro è la prima vera emergenza di questo Paese, e il governo deve decidersi a fare qualcosa di concreto per ridare il futuro alle nuove generazioni, che ormai cominciano anche a invecchiare restando precari a tempo indeterminato.
Innanzi tutto gli stagisti. Sono tutti sfruttati. Invece di essere formati, i più sfortunati fanno fotocopie o ricerche on line; gli altri lavorano. Certo, il confine tra formazione e lavoro può essere labile, se però almeno questi ragazzi avessero alla fine qualche possibilità concreta.....
Poi, i co.co.pro, cioè i lavoratori "a progetto". Qualcuno ha mai visto un ispettore del lavoro andare in un'azienda a fare i controlli? A vedere cioè se ci sono davvero progetti da eseguire, o se si tratta di lavoro di routine con le caratteristiche del lavoro subordinato?
Veniamo alle chiacchiere. Ho preso in esame alcuni articoli usciti negli ultimi giorni sul Corriere della sera. Eccone una breve rassegna.
Il ministro Renato Brunetta continua a dare i numeri. Dopo aver proposto la modifica dell'art. 1 della Costituzione, là dove dice che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro; dopo aver proposto un'indennità di 500 euro al mese ai giovani per stimolarli a uscire di casa, adesso (4 febbraio 2010) dice che i padri ipergarantiti sono responsabili della precarietà dei figli. Il rimedio? Il solito: modificare il famigerato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Le chiacchiere continuano con la replica del giuslavorista Pietro Ichino (8 febbraio 2010): bisogna riscrivere il diritto del lavoro, vecchio di quarant'anni, in modo che possa essere applicato a tutti i rapporti di lavoro.
Gli risponde un altro teorico, Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro all'università di Modena (9 febbraio 2010): non sono le leggi a creare il lavoro, ma gli investimenti nel sapere e nella conoscenza. E poi azzarda questa ipotesi: le aziende vorrebbero dare ai giovani il posto fisso, ma non trovando nessuno con la preparazione richiesta, preferiscono assumerlo con contratto atipico, per avere il tempo di prepararli (!). Colpa dei giovani, insomma.
Lucida e pragmatica, finalmente, la visione di Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil (9 febbraio 2010): siamo l'unico Paese al mondo ad avere 45 tipologie contrattuali quando ne basterebbero tre: contratto a tempo indeterminato, apprendistato con formazione, contratti a termine solo per la stagionalità. E conclude: "Il fatto che in questi anni si sia fatta avanti la convinzione che sia vincente la diminuzione dei diritti e dei salari è profondamente sbagliata e la prova è arrivata con la crisi: di certo l'art. 18 non impedisce alle aziende di licenziare".
Chiude il cerchio l'ineffabile Brunetta (10 febbraio 2010): dobbiamo offrire ai nostri giovani un rendimento adeguato all'investimento in denaro e fatica che la conoscenza e l'istruzione richiedono. Non si tratta di assicurare solo difese e protezione (ma dove? ma quando?), ma le opportunità, che spesso vengono loro negate, di far valere le loro competenze, anche nei confronti dei padri (ancora). E conclude che non è un obiettivo facile, ma non è possibile eluderlo.
E allora, che cosa si aspetta?

mercoledì 10 febbraio 2010

Non si maltrattano anche così i giornali?

Quel che sto per fare non è assolutamente originale. Avendo lavorato per molti anni nei giornali, sono molto infastidita quando mi capita di leggere strafalcioni, oltraggi alla lingua italiana e svarioni di ogni genere che appaiono con facilità. Comincerò quindi, almeno idealmente e/o illusoriamente, a rimuoverli mediante le mie semplici segnalazioni.
La prima è per un bell'articolo di Natalia Aspesi sui 50 anni del film La Dolce Vita, pubblicato su Repubblica domenica scorsa, 7 febbraio. Premetto subito che la Aspesi non c'entra (vedi suo articolo a pag. 38). Chi ha sintetizzato però il suo pezzo per un richiamo in prima pagina l'ha fatto in malo modo: "Oggi l'indignazione è un sentimento sepolto e lo sputo (allusione a quelli diretti a Fellini da molti milanesi indignati alla proiezione in anteprima del film - ndr) non è più un'emozione, ma il mezzo per liberarsi dai chewing-gum che imbrattano i marciapiedi". Che imbrattano i marciapiedi? Che poi imbrattano i marciapiedi.

Foibe: per non dimenticare

Oggi, 10 febbraio, è il "Giorno del Ricordo", una ricorrenza istituita dal Parlamento italiano nel 2005 in memoria dei quasi 10 mila cittadini italiani morti nelle foibe e degli oltre 300 mila esuli provenienti dal Carso, dall'Istria, dalla Dalmazia con la sua bellissima città "veneziana" di Zara, cedute con trattato di Parigi (1947) alla Jugoslavia di Tito dopo la sconfitta dell'Italia nell'ultima guerra.
Gli eventi accaduti in quelle terre dal 1943 al 1947 sono piuttosto complessi e, per molti, scomodi. Nonostante le celebrazioni ufficiali da parte delle maggiori autorità dello Stato, primo tra tutti il presidente Giorgio Napolitano, e di tutte le associazioni di reduci e profughi, il ricordo di questa pagina dolorosa della nostra storia, purtroppo, è ancora un po' trascurato.
Una chiara sintesi di quei tragici eventi è stata fatta dal programma televisivo La storia siamo noi, di Raitre. Ne riporto qui un brano significativo.
Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. E' in quelle voragini dell'Istria che, fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi 10 mila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano "nemici del popolo". Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945 quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l'Istria. Le truppe del maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì a uscire da una foiba. E' una carneficina che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine tra l'Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.
Nel febbraio del 1947 l'Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l'Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'Urss, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il Pci non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il Pci a lasciar cadere il problema nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati "cittadini di serie B", e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d'altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l'occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco.
Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge le vicende degli italiani uccisi nelle foibe istriane. E' una ferita ancora aperta perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo. Con l'istituzione della giornata in ricordo dei morti nelle foibe inizia l'elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia.
Perché su questo crimine contro l'umanità cessino "l'oblio e le forme di rimozione diplomatica che hanno pesato nel passato e causato pesanti sofferenze agli esuli e ai loro famigliari" di cui ha parlato il presidente Napolitano, non basta però il "Giorno del Ricordo". Ci vorrebbe più coraggio. Innanzitutto quello di parlarne, di conoscere e di far conoscere la storia. Si potrebbe cominciare col portare qualche scolaresca a visitare la foiba di Basovizza, in provincia di Trieste (nella foto), diventata simbolo di queste atrocità ("Le vittime dei titini venivano condotte, dopo atroci sevizie, nei pressi della foiba; qui gli aguzzini, non paghi dei maltrattamenti già inflitti, bloccavano i polsi e i piedi tramite fil di ferro a ogni singola persona con l'ausilio di pinze e, successivamente, legavano gli uni agli altri sempre tramite fil di ferro. I massacratori si divertivano, nella maggior parte dei casi, a sparare al primo malcapitato del gruppo che ruzzolava rovinosamente nella foiba trascinando con sé gli altri", da www.lefoibe.it); e gli insegnanti non dovrebbero aver paura di approfondire con i ragazzi uno dei momenti più dolorosi e vergognosi della nostra storia.
Mi piace ricordare qui alcune parole dell'invocazione per le vittime delle foibe del vescovo di Trieste, mons. Antonio Santin (1959): "Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell'amore le vie della pace".

martedì 9 febbraio 2010

Una giornata nell'Italianistan

Ho ricevuto questo messaggio dalle rete e lo pubblico.
Salve, sono un cittadino dell'Italianistan. Vivo a Milano 2, in un palazzo costruito dal Presidente del Consiglio. Lavoro a Milano in un'azienda di cui è mero azionista il Presidente del Consiglio. Anche l'assicurazione dell'auto con cui mi reco al lavoro è del Presidente del Consiglio, come del Presidente del Consiglio è l'assicurazione che gestisce la mia previdenza integrativa.
Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale, di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.
Quando devo andare in banca, vado in quella del Presidente del Consiglio.
Al pomeriggio, esco dal lavoro e vado a fare la spesa in un ipermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal Presidente del Consiglio.
Alla sera, se decido di andare al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio (questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal Presidente del Consiglio).
Se invece la sera rimango a casa, spesso guardo la tv del Presidente del Consiglio con decoder prodotto da società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall'agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio. Soprattutto guardo i risultati della partite, perché faccio il tifo per la squadra di cui il Presidente del Consiglio è proprietario.
Quando non guardo la tv del Presidente del Consiglio, guardo i programmi della Rai, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il Presidente del Consiglio ha fatto eleggere. Allora mi stufo e vado a navigare un po' in internet con provider del Presidente del Consiglio.
Se però non ho proprio voglia di tv o di navigare in internet, leggo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del presidente del Consiglio.
Naturalmente, come in tutti i Paesi democratici e liberali, anche in Italianistan è il Presidente del Consiglio che predispone le leggi che vengono approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti e avvocati del Presidente del Consiglio,......che governa nel mio esclusivo interesse.

domenica 7 febbraio 2010

Moratti: il peggior sindaco di Milano

Che cosa ha fatto Milano di male per avere un sindaco come Letizia Moratti? Più osservo la mia città e più mi convinco che nessun sindaco, prima di lei, ha fatto peggio di lei.
La sciura di via Bigli, così distaccata dai problemi dei milanesi, sempre rigida nella sua messa in piega inossidabile, non osa più camminare tra le massaie dei mercati rionali come faceva in campagna elettorale. Troppe cose a Milano non funzionano. L'aria è tossica (e non sarà l'aspirina dell'Ecopass a ripulirla), il centro è sporco, le periferie di più, i trasporti sono indegni di una città che guarda all'Europa, l'Expo è una grande opportunità dal futuro incerto (comincia a circolare l'ipotesi di un supercommissario - il solito Bertolaso - o, addirittura, della rinuncia).
Prendiamo ad esempio i trasporti pubblici. E' stato annunciato nei giorni scorsi un piano per ridurre gli incidenti sempre più frequenti in cui sono coinvolti tram e autobus. Premesso che la prima cosa da fare sarebbe la manutenzione dei mezzi, dei binari e degli scambi, il rimedio che invece il Comune intende adottare è demenziale: dimezzare il percorso di alcune linee tramviarie, evitare cioè che certi tram lunghi (ma chi ha voluto i jumbo-tram?) e a lunga percorrenza attraversino il centro città. Complimenti vivissimi e spazio alle auto.
Se si entra nel merito, inoltre, c'è ancora da scandalizzarsi. Un caso molto significativo: solo sei anni fa, con una spesa di circa 50 milioni di euro, il tram 15, una delle linee interessate a questo provvedimento, è stato trasformato in metrotramvia (una specie di metro' leggero). Così è stato sottratto spazio alla carreggiata per installarvi i binari, creando sì al 15 un percorso protetto, ma anche facendo addirittura passare i binari proprio nel mezzo di una bella piazza alberata (Agrippa). Risultato: traffico più congestionato (carreggiata ridotta a una sola corsia di marcia) e meno visibilità e lavoro per tutti i negozi del quartiere.
Anche le vetture destinate a sostituire quelle attuali cambieranno: saranno più corte; peccato che chi le ha progettate ha pensato a viaggiatori "senza piedi". Sfido chiunque a salire su una di queste carrozze (Sirietto, nella foto) passando attraverso la doppia fila di passeggeri seduti vis-à-vis, i cui piedi ostruiscono il passaggio degli altri utenti perché non c'è spazio per ritrarre i piedi sotto ai sedili al fine di agevolare il passaggio delle persone. Insomma, seduti o in piedi, un bel pestone qui è assicurato. E poi, se trovate alle fermate un display luminoso con le informazioni precise sui passaggi, beh, allora di che cosa vi lamentate?

lunedì 1 febbraio 2010

Ma si può vivere così?

Dopo che, dopo l'Angelus di ieri, è intervenuto anche il Papa, a chi toccherà il prossimo appello in difesa dell'occupazione, al Padre eterno? Nonostante il numero dei disoccupati e quello dei precari siano in vistoso aumento, governo e Parlamento continuano a occuparsi solo delle vicende giudiziarie del premier e non si vergognano neppure di farlo in modo così esplicito, in totale disinteresse per i veri problemi dei cittadini, vessati da una crisi economica molto pesante, certo non "psicologica" . La stampa non può sottrarsi (ci mancherebbe) al dovere di informare, quindi le pagine dei giornali e i servizi dei tg sono sempre più pieni del gran lavoro del ministro della Giustizia, Alfano e dell'avvocato del presidente del Consiglio, Ghedini, i principali artefici della politica salvifica indispensabile a Berlusconi per sottrarsi al giudizio.
Ma si può vivere così?