giovedì 28 aprile 2011

Medici: ieri troppi, oggi pochi. Chi ha sbagliato?

Per tanto tempo si è detto che in Italia c'era sovrabbondanza di medici. Ultimamente invece pare che manchino e che addirittura tra qualche anno dovremo importare dall'estero non solo gli specialisti ma anche i medici di famiglia.
Non ho alcun pregiudizio al riguardo, ma se adesso di questo ci si lamenta viene spontanea una domanda: invece di istituire il numero chiuso alle iscrizioni alla facoltà di Medicina per mancanza cronica di strutture, aule, docenti, non sarebbe stato meglio fare uno sforzo per trovare le risorse necessarie per assicurare il diritto allo studio a un maggior numero di aspiranti medici?

mercoledì 20 aprile 2011

La favola del lavoro manuale

Quelli che la sanno lunga (come il ministro Tremonti) sulle cause del precariato e sulle ricette per risolvere questo grave problema da tempo raccontano la stessa storia che, in sintesi, dice così: in Italia abbiamo circa quattro milioni di precari e circa quattro milioni di extracomunitari che fanno lavori manuali, qualificati e non. Ergo: se i nostri precari si adattassero a fare i muratori, gli elettricisti, i pizzaioli, le parrucchiere, le infermiere eccetera non avremmo il precariato e non avremmo bisogno degli immigrati (i quali, comunque, sarebbero qui e, a parte vivere di carità laica o cristiana, non oso pensare cosa accadrebbe se non avessero un lavoro).
Allora, due considerazioni. La prima: i "soloni" dell'economia sono tutti solo capaci di fare (forse) previsioni un giorno sull'altro (bella forza), ma nessuno di loro ha saputo prevedere con una certa precisione vent'anni fa quali esigenze avrebbe avuto oggi il mercato del lavoro, non dico per seguirne scrupolosamente le indicazioni, ma almeno l'avremmo saputo prima e forse qualcuno avrebbe potuto rinunciare alla propria vocazione e fare scelte in linea col mercato (un po' triste, ma in certi casi efficace).
Per anni ai nostri figli sono stati offerti corsi di laurea che purtroppo si sarebbero rivelati inutili, li abbiamo mandati a frequentare costose scuole all'estero, abbiamo assicurato loro che la laurea sarebbe stata il passaporto per entrare agevolmente nel mondo del lavoro, li abbiamo stimolati a crearsi una solida preparazione nel settore che più sentivano congeniale, a prescindere dai settori tradizionalmente forti (ingegneria, economia), perché felicità è anche fare un lavoro in cui ti senti realizzato. Le famiglie hanno investito anche i loro risparmi sulla formazione dei figli. Per che cosa? Per sentirsi dire adesso che hanno sbagliato tutto, che era meglio indirizzare i propri figli verso una scuola professionale. Così oggi potrebbero fare tutti gli artigiani, anche chi non ne aveva la vocazione. Per favore. Da una ragazza che voleva diventare giornalista o insegnante di latino, e che oggi invece fa per forza l'infermiera, avrei qualche problema anche a farmi fare una puntura, senza contare che seguendo la strada del tutti-facciano-i-lavori-manuali si andrebbe inevitabilmente verso una bolla dell'artigianato e allora non ce ne sarebbe più per nessuno: né per gli artigiani "per necessità" né per gli immigrati.
Seconda considerazione: mi piacerebbe sapere che lavoro fanno i figli grandi dei ministri di questo governo che continua a occuparsi d'altro.

lunedì 18 aprile 2011

Una scelta da rispettare

Ho grande rispetto per la scelta di Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, il volontario trucidato a Gaza, di non far passare da Israele la salma di suo figlio nel viaggio di rientro in Italia. Lui avrebbe voluto così, ha dichiarato la donna ignorando l'appello di Etgar Keret, scrittore israeliano, che sul Corriere della Sera di ieri la invitava a ripensarci in nome della speranza di pace in una terra da troppo tempo insanguinata.
"Gli israeliani lo hanno sempre considerato un soggetto pericoloso e lo hanno anche arrestato e malmenato. Chi non ha voluto mio figlio da vivo non l'avrà neppure da morto", ha spiegato la madre di Vittorio. La salma di Vittorio nel suo ritorno a casa passerà attraverso l'Egitto.
La decisione di Egidia Beretta, ripeto, merita grande rispetto e silenzio, ma le parole dimostrano ancora una volta quanto sia arduo il cammino verso la pace.

venerdì 15 aprile 2011

Restiamo umani

"Restiamo umani", diceva sempre Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso barbaramente a Gaza. E' un particolare che ha rivelato sua madre, dopo aver appreso la tragica morte del figlio, un giovane al quale penso con affetto, pietà e riconoscenza per il lavoro prezioso che svolgeva da tempo in difesa dei diritti umani.
"Restiamo umani" è un'esortazione di cui tutti i popoli del mondo hanno bisogno, di cui tutti abbiamo bisogno, per colmare quel deficit di umanità che si sta pericolosamente diffondendo tra Paesi in guerra tra loro, tra noi e gli altri, soprattutto quando gli altri sono diversi e vivono in condizioni di grande sofferenza.

mercoledì 13 aprile 2011

Cattivi maestri

A pagina 2 del Corriere della Sera di oggi c'è la foto di una delegazione iraniana, composta da una dozzina di donne in hijab e alcuni uomini, nella tribuna di Montecitorio mentre infuria la tempesta sul processo breve. Che impressione avranno della nostra democrazia quegli osservatori? Saranno più colpiti da come avviene la discussione in aula o dal merito della legge? In entrambi i casi potranno dire che in Italia succedono cose mai viste e che, se qualcuno pensa che il nostro sia ancora un Paese modello dell'Occidente, forse è meglio che si ispiri ad altre democrazie.

lunedì 11 aprile 2011

Chi ha paura dei precari?

Non è vero che nel nostro Paese succede mai nulla. Ne succedono anche troppe. Provo a sintetizzare almeno quel che è accaduto dopo le manifestazioni contro la precarietà, un problema che tocca ormai più generazioni.
Non si era ancora spenta l'attenzione sull'emergenza lavoro con la protesta dei precari, che Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, ha alzato la voce per protestare contro l'isolamento in cui sarebbero state lasciate le imprese. Marcegaglia, al di là di legittime aspettative nei confronti delle promesse di Berlusconi, ha messo le mani avanti temendo che le proteste dei precari possano ottenere qualche risultato, anche piccolo, che le aziende non vogliono. Che i precari comincino a creare qualche preoccupazione agli imprenditori?
Ma no, stia tranquilla Emma: il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha detto che sulle piazze i precari erano così pochi.... e poi sulle piazze tra le sigle sindacali c'era solo la Cgil....non sono precari questi.... e via con altre amenità (ma che ministro del Welfare è questo?).
Che nel lavoro non si possa continuare in questo modo l'ha ribadito anche Gianfranco Fini, appoggiando la recente proposta di Raisi e Della Vedova del Fli, che si richiama a quella di Ichino, prima senza, poi con Montezemolo, che condivide lo spirito della proposta di Rutelli, che cita quella di Boeri....... Sembra di essere alla Fiera dell'Est, infinita filastrocca senza conclusione.
La proposta di Fini è stata subito criticata da Susanna Camusso, segretaria nazionale della Cgil. "Non si possono risolvere i problemi togliendo i diritti", ha tuonato la Camusso. Ma sono più di dieci anni che ai lavoratori tolgono i diritti senza compensarli con giuste tutele: la Camusso se n'è accorta adesso?
Le proposte presentate finora non sono perfette. C'è ancora spazio per migliorarle e rendere giustizia a qualche milione di lavoratori (per esempio, oltre a introdurre eventuali meccanismi di progressiva stabilizzazione dei contratti, ci vorrebbe anche una sanatoria per le situazioni di abuso finora perpetrate).
Le manifestazioni nelle piazze hanno comunque avuto il merito di portare finalmente questo grave problema sulle prime pagine, almeno per un giorno. Questo è un buon segnale.

domenica 10 aprile 2011

I precari battono il primo colpo

Ieri 47 piazze d'Italia si sono animate di giovani e meno giovani per rivendicare il diritto ad avere un presente e un futuro, diritto violato in nome di aspettative di aumento della competitività e dell'occupazione, che la flessibilità avrebbe dovuto garantire.
Invece la flessibilità voluta prima dal centrosinistra (pacchetto Treu, 1997) e poi dal centrodestra (legge Biagi, 2003), praticata in modo selvaggio, senza controlli e senza alcuna tutela, si è dimostrata un fallimento.
Penso che la vera riforma della giustizia sia quella di assicurare giustizia a tutti i lavoratori.
Prossimo appuntamento a Roma, 15-17 aprile, per gli Stati Generali della Precarietà, incontro aperto a tutti i lavoratori, precari, sindacalisti, reti, allo scopo di contribuire alla realizzazione dello sciopero della "categoria".

venerdì 8 aprile 2011

Anche Montezemolo contro il precariato

Il Corriere della Sera di oggi torna sul tema del precariato del lavoro come problema da mettere al centro dell'azione politica, con un articolo firmato dal giuslavorista Pietro Ichino, da Nicola Rossi (entrambi senatori Pd) e da Luca Cordero di Montezemolo.
Chi si appassiona alla dietrologia si interrogherà sulla firma del presidente della Ferrari accanto a quella di due senatori del Pd. Le ipotesi mi sembrano due: Ichino e Rossi come sponsor dell'entrata in politica di Montezemolo; oppure Montezemolo che, in questo modo, conferisce una patente di centrismo all'iniziativa dei due parlamentari del Pd e contemporaneamente intensifica i suoi interventi nel dibattito politico. Tutti per uno, uno per tutti.
Al di là di questo giochino, apprezzo in linea di massima quel che hanno scritto perché dà un altro contributo alla battaglia per superare almeno gli aspetti più gravi del precariato.
Domani ci sarà la grande manifestazione organizzata dalla rete "Il nostro tempo è adesso" in molte piazze italiane. Mi auguro che le piazze stavolta vengano ascoltate.
C'è un altro segnale positivo del risveglio di interesse su questo problema, ed è dato dal disegno di legge presentato ieri da Enzo Raisi e Benedetto Della Vedova di Futuro e Libertà, ddl che si ispira ad altri progetti (di Pietro Ichino, Tito Boeri e altri) che giacciono in Parlamento da alcuni anni e che attendono di essere discussi. Spero che questo risveglio sia duraturo e si concretizzi in provvedimenti efficaci.
Su, cari parlamentari dell'opposizione, ce la potete fare.

mercoledì 6 aprile 2011

I migranti sono un'emergenza? Calma

Oggi è stato annunciato un vertice tra Berlusconi e Sarkozy per affrontare l'emergenza migranti. L'incontro si terrà il 26 aprile, tra 20 giorni.
Un'emergenza???

Per Ichino dalla precarietà si esce così

La settimana scorsa il giuslavorista Pietro Ichino è intervenuto sul Corriere della Sera con una proposta riguardante la notizia che il Tribunale del Lavoro di Genova ha riconosciuto a 15 professori precari della scuola gli stessi diritti dei colleghi assunti a tempo indeterminato (scatti di anzianità, aumenti di stipendio eccetera). La sentenza richiamava una direttiva europea (n. 70 del 1999) che obbliga gli Stati membri, che abbiano la necessità di utilizzare il contratto a termine, a non superare la durata complessiva di tre anni (compresa una proroga). Una direttiva largamente disattesa fino a quando i lavoratori della scuola in Liguria hanno presentato un ricorso ottenendo un risarcimento di 30 mila euro a testa.
Tutto bene tranne che per le casse dello Stato, soprattutto per le conseguenze a catena che questa sentenza può provocare in tutta la pubblica amministrazione e anche nel settore privato (la direttiva europea vale anche per quest'ultimo).
"C'è un solo modo per uscirne", ha scritto il professor Ichino sul Corriere della Sera del 31 marzo scorso. "Bisogna ridefinire la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per tutte le nuove assunzioni che avverranno d'ora in poi, in modo che essa possa applicarsi davvero a tutti, senza portare con sé costi eccessivi e in modo che la flessibilità necessaria sia ripartita in modo uguale su tutti".
Ho scritto al professor Ichino dicendogli che la sua proposta, così articolata, vale per il futuro. Ma adesso? Che cosa si può e si deve fare adesso per chi si trova in questa situazione? Ecco la sua risposta: "Se la nuova regola prevede per tutti i nuovi assunti il rapporto a tempo indeterminato, tutti gli attuali precari dovranno, al primo rinnovo di contratto, essere assunti a tempo indeterminato. Qualcuno potrà essere rifiutato, e allora probabilmente farà causa allo Stato per il passato, ma nella grande maggioranza dei casi il problema si risolve senza grande spargimento di sangue".
Gli ho posto poi il problema del settore privato, dove vige la stessa direttiva europea, ma dove è difficilissimo essere assunti a tempo indeterminato perché qui la parte del leone la fanno i "contratti a progetto", veri e propri contratti di lavoro low cost per le imprese.
Risposta: "La mia proposta di legge (1873/2009 reperibile sul mio sito) prevede che il nuovo regime si applichi in tutti i casi di dipendenza economica dall'ente o azienda per cui si lavora. La definizione (art. 2094) è tale da comprendere quasi tutti i casi attuali di lavoro a progetto e co.co.co.".
Navigando tra i riferimenti citati e un altro (disegno di legge 1481/2009) al quale questi rimandano, ho colto un punto di grande interesse nella nozione di "lavoro dipendente" (art. 5) che qui riporto in sintesi: Si considera lavoratore dipendente da un'azienda il prestatore d'opera personale a carattere continuativo che tragga più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo dal rapporto con l'azienda medesima salvo che la prestazione lavorativa sia svolta in condizione di autonomia e ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: la sua retribuzione annua lorda superi i 40 mila euro; il lavoratore sia iscritto a un Albo o a un Ordine professionale incompatibile con la posizione di lavoratore dipendente. Quando dunque il lavoratore si trovi nella posizione di dipendenza così definita il contratto deve considerarsi sempre stipulato a tempo indeterminato, salvi i casi di lavori stagionali, sostituzione di altro lavoratore momentaneamente assente, assunzione in funzione di spettacoli o stagione teatrale, fiere, mercati e manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, assunzioni con contratto a termine di durata non inferiore ai tre anni, prorogabile o rinnovabile una sola volta per attività di ricerca scientifica o insegnamento.
Questo dice il disegno di legge presentato da un gruppo di senatori, tra cui lo stesso Pietro Ichino. Quanto tempo ci vuole perché venga messo nell'agenda dei lavori parlamentari, discusso, possibilmente migliorato, approvato? E poi quanto ci vorrà perché vengano preparate le norme attuative? Speriamo che la sentenza di Genova, richiamando clamorosamente l'attenzione della politica e delle parti sociali su questo grave problema, possa accelerarne il cammino verso una giusta soluzione.
Intanto sabato 9 aprile il mondo del precariato si mobilita a Roma e in molte altre città. Sosteniamolo.

martedì 5 aprile 2011

Quanti confini nel mondo globale

Cinquant'anni fa il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, primo uomo nello spazio, da un'altezza di 302 km sopra le nostre teste, disse: "Da quassù la Terra è bellissima, azzurra, e non ci sono confini o frontiere".
Lasciando Lampedusa, molti migranti hanno salutato l'isola (da cui avevano avuto tutto) e il nostro Paese (da cui avevano avuto poco o niente) con parole come queste: "Lampedusa grazie", "In Italia la vita è bella", "Grazie Italia: ti amo". Nonostante tutto, aggiungo.
Messa a confronto la frase di Gagarin con le espressioni gentili (nonostante tutto, ripeto) di quelle migliaia di persone venute dal mare, e che non sanno dove andranno a finire, simbolo di una gravissima emergenza umanitaria, si capisce che il cammino da fare è ancora lunghissimo.

lunedì 4 aprile 2011

Tutti sulla stessa barca

Lampedusa sta per essere svuotata dalle migliaia di migranti scesi nelle ultime settimane sulle sue coste. Nello stesso tempo all'orizzonte spuntano altre barche con altri migranti che vi approderanno in un via vai di partenze obbligate e arrivi incontrollabili. E' come cercare di prosciugare un pozzo molto profondo con un secchiello: non si riuscirà mai perché per ogni secchiello che si riempirà, ci saranno litri d'acqua che sgorgheranno dalla sorgente in fondo al pozzo.
Credo che, in prospettiva, il fenomeno migratorio sia inarrestabile. E' nell'ordine delle cose, della globalizzazione, della storia. Piaccia o no, c'è nulla che tenga. Non gli accordi con i governi provvisori dei Paesi del Nord Africa, per arginare le partenze, o la politica dei respingimenti della Lega.
I tentativi di tenere sotto controllo l'ondata dei migranti, anche quando riescono, sono un tampone, un rimedio d'emergenza; alla fine sono destinati a soccombere. E quando non partiranno più tunisini, marocchini, libici eccetera, si affacceranno sul Mediterraneo i popoli dell'Africa centrale e così via.
La vecchia Europa sta diventando terra di conquista pacifica da parte di popolazioni molto giovani e molto povere in cerca di futuro. Non che per noi il futuro sia roseo, ma difficilmente qui si muore di fame e certamente la maggior parte di noi ha anche il superfluo.
La mescolanza di etnie e di culture sembra inevitabile. Perché non diventi una bomba che può deflagrare in conflitti sociali non bisogna alzare muri o costruire, anche metaforicamente, dei ghetti e cercare di relegarvi i nuovi immigrati. Anzi, li si dovrebbe incentivare a non chiudersi, a non isolarsi una volta qui (come ha affermato recentemente la cancelliera tedesca Angela Merkel, ammettendo il fallimento della politica d'integrazione in Germania). Bisognerebbe favorire oggi con ogni mezzo l'accoglienza e l'interazione tra noi e loro, tra loro e noi. Gli scogli da superare sono soprattutto la diffidenza e la paura reciproche. Riuscirci è interesse comune. Un giorno saremo tutti sulla stessa barca, non per migrare ma per convivere.