Martedì 24 a Venezia, alla presenza del Patriarca, di un Imam e di un Rabbino, erano state celebrate le esequie di Stato di Valeria Solesin, la ricercatrice italiana, dottoranda in demografia alla Sorbona, 28 anni.

Quello che non ho condiviso nelle ultime due settimane è stato, da parte dei media, il voler trasformare una ragazza brillante, studiosa, indipendente, impegnata nel volontariato, una ragazza come per fortuna se ne incontrano nelle università, al cinema, nelle librerie e ai concerti rock, in una sorta di eroina.
Valeria purtroppo è morta. Ma è morta mentre ascoltava musica in locale pubblico, non in un ospedale di Emergency. Questo non toglie niente alla gravità di quanto accaduto, al dolore, alla forte emozione che la sua morte ingiusta ha sollevato. Penso che lei per prima non avrebbe gradito il diluvio di retorica, funerali di Stato compresi, con cui la sua storia è stata raccontata. Ricordo la conclusione di un servizio andato in onda su La7: "Valeria (pausa) e Andrea, il suo fidanzato con la barba da hipster (pausa).....la meglio gioventù".
Quello della meglio gioventù, riferito a Valeria, è stato un tema ricorrente nelle cronache delle ultime due settimane.
Sul Corriere della Sera del 24 novembre Aldo Cazzullo (e non è la prima volta) ha mostrato di non conoscere la realtà dei giovani nel nostro Paese e ha scritto: "Valeria non ha piagnucolato, non si è chiusa in un lamento sterile contro il mondo intero. Il mondo l'ha affrontato, è andata all'estero, ha trovato lavoro in un'università di grande prestigio". Certo che i giovani non devono arrendersi, ma non basta partire lancia in resta...... Povera Valeria, nei suoi sogni di ragazza credo non ci fosse proprio quello di diventare un santino. La sua morte merita solo dolore, solidarietà e rispetto.
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