lunedì 24 marzo 2014

Lo stipendio di Moretti secondo Abravanel

Nel dibattito scatenato dall'improvvida prima dichiarazione di Mauro Moretti (nella seconda ha aggiustato un po' il tiro), amministratore delegato del Gruppo FS, sulla propria retribuzione, ho ascoltato quel che ha detto a Rainews 24 Roger Abravanel, manager, scrittore, ex director McKinsey, voce della meritocrazia, editorialista del Corriere della Sera.
Premesso che non bisogna punire i bravi manager, Abravanel ha affermato che un conto è tagliare i compensi nella pubblica amministrazione (da fare), altro è porre un limite alle retribuzioni dei manager nelle società a partecipazione pubblica, aziende che devono misurarsi col mercato.
Inoltre, ed è questo ciò che mi ha colpito di più nell'intervista, Abravanel ha detto che, tra gli elementi che formano le retribuzioni dei grandi manager delle aziende a partecipazione statale c'è anche una quota che compensa il rischio di perdere l'incarico quando cambia il governo che li ha nominati (spoil system). Però, ha aggiunto Abravanel, è difficile che questo accada.
Ricordo che talvolta è accaduto anche che un manager, responsabile di una gestione fallimentare (Giancarlo Cimoli nominato da Prodi alle Ferrovie dello Stato), invece di perdere il posto ben retribuito, fosse andato a far danni - e che danni - altrove (all'Alitalia, nominato da Berlusconi).
Bene, il principio è giusto: il rischio di perdere il lavoro va compensato. Anche la flessibilità del lavoro, proprio perché comporta un alto rischio di perdere il lavoro, dovrebbe costare di più alle aziende. Un principio che dovrebbe valere per tutti. Ma non è così.
Come la mettiamo infatti con tutti coloro la cui occupazione, per esempio, non ha alcuna garanzia di stabilità, come i lavoratori costretti, in violazione della legge, a fare i finti professionisti o i finti autonomi con stipendi che, se non venissero integrati dal welfare famigliare (le pensioni dei genitori o dei nonni), basterebbero loro solo per vivere con fatica alla giornata?  Non parliamo del futuro.
Nel nostro Paese c'è sempre qualcuno più uguale degli altri di fronte alla legge.

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