domenica 16 marzo 2014

A. Olivetti: storia d'amore tra impresa e cultura

Parole come: "Io penso la fabbrica per l'uomo e non l'uomo per la fabbrica" oppure: "Educare i giovani a conoscere i valori della cultura" non sono state pronunciate da un sindacalista arrabbiato degli anni '70 o da un preside di liceo. Sono parole di Adriano Olivetti, figura centrale nello scenario italiano degli anni '40 e '50. Quale scenario? L'intero scenario. Olivetti era imprenditore, scrittore, urbanista, raffinato intellettuale, politico, visionario, creativo e pragmatico insieme. Era l'uomo della comunità non dei partiti. Era l'uomo del futuro, non del presente. Accanto a sé
in azienda volle persone di cultura: scrittori, poeti, artisti, architetti, designer per realizzare quella sperimentazione tra impresa, arte e cultura che per lui rappresentava anche il miglior investimento produttivo.
Quando Olivetti cominciò il suo lavoro in azienda (ricordò egli stesso nel discorso a tutti i dipendenti della vigilia di Natale 1955) ricevette dalle mani del padre, Camillo, questo mandato: "Ricordati che la disoccupazione è una malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: tu devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell'ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro". Un compito impegnativo che Adriano ha onorato quando ancora non si parlava della "responsabilità sociale dell'impresa" (principio di cui oggi si parla molto ma quanto a praticarlo....).
Ad Adriano Olivetti si devono primati prestigiosi dell'industria italiana ancor prima che nascesse il made in Italy, come il primo elaboratore elettronico al mondo, l'Elea (realizzato da una squadra di giovani ingegneri guidati da Mario Tchou, ingegnere elettronico italiano d'origine cinese; design Ettore Sottsass, vincitore del Compasso d'Oro nel 1959). Un vantaggio che sembrava incolmabile per la pur agguerrita concorrenza americana, un vantaggio che invece venne colmato con sorpasso dopo la prematura (1960) morte di Adriano Olivetti quando l'azienda cominciò a passare attraverso diverse mani, tra cui quelle dei lupi della finanza.
Oggi Olivetti non è più una realtà produttiva, è sopravvissuto solo il marchio per le esigenze del marketing globalizzato. Fine di una grande storia d'amore tra impresa e cultura.
Alla figura di Adriano Olivetti è stato dedicato l'incontro "Fare cultura è un'impresa", organizzato dall'Associazione culturale Silvia Dell'Orso il 14 marzo scorso a Milano nell'ambito di "Visioni d'Arte", rassegna di film e documentari di divulgazione di beni culturali.
Silvia dell'Orso (sopra), milanese, era una saggista e giornalista molto attiva nella divulgazione di temi legati ai beni culturali, ambientali, artistici. A lei, morta nel dicembre 2009, è stata intitolata l'associazione che ha lo scopo di continuare il suo lavoro e lo fa con iniziative tematiche sempre di grande interesse: l'argomento di quest'anno era la relazione tra Arte e Impresa (prima dell'incontro su Olivetti ci sono stati appuntamenti sui pionieri del design e dell'architettura, sulla pubblicità dal cinema alla tv, sui materiali innovativi per la produzione seriale.
Per informazioni: Associazione culturale Silvia dell'Orso, via Andrea Ponti 20, Milano, tel. 0289123122, www.associazioneculturalesilviadellorso.org; info@a-sdo.org

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