domenica 20 gennaio 2013

Chi può essere co.co.pro. Chi no

Con una circolare dell'11 dicembre scorso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito alcune indicazioni operative agli ispettori in materia di contratti a progetto. Ispettori? Qualche lavoratore a progetto li ha mai visti nell'azienda dove lavora? La circolare, visibile al link <http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/182249CE-5BDC-439F-9B87-6A3C0254A599/0/20121211_Circ_29.pdf>, mira a definire con una certa precisione il campo di applicazione di questi contratti per facilitare il lavoro degli eventuali ispettori inviati alla ricerca di violazioni alla legge di riforma del mercato del lavoro.
Nella circolare c'è l'elenco delle occupazioni che per loro natura sono "difficilmente inquadrabili nell'ambito di un genuino rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, ancorché astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma".
Ecco i mestieri per i quali è escluso il ricorso al contratto a progetto: addetti alla distribuzione di bollette o consegna di giornali, riviste, elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche, alle pulizie; autisti e autotrasportatori; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e altri operai edili; piloti e assistenti di volo; prestatori di manodopera in agricoltura; addetti ad attività di segreteria e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi e bevande; prestazioni in call center per servizi cosiddetti in bound.
Tutti coloro che svolgono un lavoro di tipo intellettuale sono esclusi da quest'elenco (e sono decine di migliaia se si pensa a chi lavora in una casa editrice come grafico, redattore eccetera) quindi, a norma di legge, è legittimo che abbiano un contratto a progetto, a meno di dimostrare il contrario, cioè di svolgere un lavoro subordinato. Come? Non è specificato. Per dimostrarlo il lavoratore a progetto dovrebbe avviare un'azione legale contro l'azienda dove lavora avendo la certezza, in caso di vittoria, di essere assunto a tempo indeterminato. Salvo essere poi licenziato "per motivi economici" e liquidato con un indennizzo (nuovo art. 18). Complimenti (si fa per dire) al dottor Paolo Pennesi, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro, autore della circolare.

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