mercoledì 26 ottobre 2011

Monterosso: da dove ricominciare

Angelo Betta, il sindaco, ha detto ai microfoni dei giornalisti che Monterosso non c'è più. Un annuncio dettato dallo sconforto. Invece guardi meglio attorno, signor sindaco, e allunghi lo sguardo oltre le montagne di detriti e macerie che hanno invaso le piazzette, le strade, i caruggi della "perla delle Cinque Terre", la bellissima chiesa di San Giovanni, distrutto negozi, alberghi e altre attività legate al turismo e si sforzi di arrivare su su, in cima a via Roma, dove comincia o finisce (a seconda della direzione dello sguardo) il centro storico, quel borgo antico ferito dalla collina che non poteva più sopportare l'incuria dell'uomo, e da un diluvio d'acqua che l'ha spinta giù, verso il mare. Monterosso, pure in ginocchio, c'è ancora (nella foto, ruspe in piazza Garibaldi, davanti ai portici della canonica). Finita l'emergenza però si dovrà cercare di ricominciare, magari provando a trasformare questa tragedia in un'opportunità di rinascita vera. Bisogna assolutamente provarci.
Conosco Monterosso da quasi trent'anni. La preferisco d'inverno, quando è schiaffeggiata dalle mareggiate e pochi turisti infreddoliti la tengono accesa. Ho un rapporto d'amore/odio con questo bellissimo paese, quasi un presepe di case irregolari rosa o gialle con le persiane verdi, addossate le une alle altre, come a sorreggersi, luogo amato da poeti, musicisti e pittori, un tempo borgo marinaro e contadino, oggi "patrimonio dell'umanità" ma meta soprattutto di un turismo "mordi e fuggi" che, a lungo andare, in assenza di regole, ne metterà in pericolo la sopravvivenza.
Ho alcuni amici a Monterosso, ai quali per ora posso solo esprimere una grande solidarietà, una partecipazione vera al loro senso di sgomento e di annichilimento. Voglio andare ad abbracciarli al più presto. So che mi troverò davanti a uno scenario di distruzione che mi auguro non si ripeta più in alcun borgo irripetibile del nostro Paese.
Vedo scorrere sul mio computer le immagini del ribollire limaccioso e minaccioso dell'acqua marrone di fango che corre impetuosa verso la spiaggia: mi ricordano l'alluvione di Firenze (novembre 1966). E penso anche a Vernazza, l'altro borgo delle Cinque Terre colpito altrettanto duramente da questa tragedia, ai paesi della val di Vara e alla Lunigiana, terra che segna il confine tra Liguria e Toscana.
Per fermare o almeno rallentare quella corsa, lo sappiamo tutti, occorre una politica del territorio più seria e rispettosa. Lo scenario delle Cinque Terre è unico e fragile, autentico dono della natura, richiede protezione e amore (scenario ben descritto nel sito del giornale on line Linkiesta: www.linkiesta.it/alluvione-cinque-terre). Lo sappiamo tutti, ma chi dovrebbe vigilare e operare non lo fa.
Degli angoli di Monterosso amo soprattutto il molo, mi piace guardarmi intorno da lì, dove non riesco mai a leggere il libro che ho tra le mani perché gli occhi si alzano dalle pagine e scrutano il mare e l'orizzonte seguendo i pensieri, senza pensare. Peccato che le barche dei pescatori siano sempre meno mentre il numero dei battelli che da aprile a novembre attraccano ogni giorno cresca sempre di più. Da ogni battello sbarcano centinaia di "giornalieri" sciabattanti che sciamano nel centro storico seguendo un ombrellino plurilingue e poi, nelle due ore di tempo libero, affollano focaccerie, pizzerie, ristoranti menù turistico, enoteche, qui compri il pesto, i limoni, là il vino e le acciughe.
Quando ripartono, le casse dei commercianti sono piene e Monterosso non ha un bell'aspetto. Certo, l'attività economica ha le sue esigenze (perfino le cantine, in molti casi, sono state trasformate in abitazioni da vendere a caro prezzo; ovunque dilaga il business dei bed & breakfast), ma trascurando l'ambiente si finisce per far male anche all'economia. Occorre assolutamente trovare un punto d'equilibrio.
Ora c'è da lavorare duro per ricostruire. Per primo, e non lo dico io ma chi si intende di queste cose, bisognerebbe ripopolare la terra, riprendere a coltivarla perché solo accudendola la terra è amica e non si trasforma in pericoloso terriccio secco e franoso che, appena piove un po' di più, si lascia scivolare l'acqua addosso e precipita sui centri abitati e li travolge e sconvolge. E poi il turismo diventi davvero ecostenibile. A Monterosso le ultime abitazioni sono degli anni '60. Recentemente però è stato costruito al limite del centro storico un silo-parcheggio e un altro è in costruzione lì a fianco. Poi, che bisogno c'era di incastonare una piscina nel parco di un albergo a picco sul mare? Non basta certo l'obbligo di lasciar fuori le auto dal paese per dire che Monterosso rispetta l'ambiente. Certo, è meglio di niente, ma quel rispetto è un'altra cosa. Si ricominci da lì.

1 commento:

Anonimo ha detto...

si vede che hai capito bene monterosso. ci conosciamo?

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