martedì 6 maggio 2014

Lavoro: una multa che fa ridere (amaramente)

Dell'indignazione di qualche milione di lavoratori precari e delle loro famiglie per le nuove misure del governo che precarizzano ulteriormente il mercato del lavoro, non si è accorto nessuno. Forse ormai la rassegnazione ha lasciato il posto all'indignazione, non so; il fatto è che questo governo, che tante aspettative aveva sollevato con ripetute dichiarazioni di lotta alla precarietà, mi ha completamente delusa.
La nuova, ennesima, riforma del lavoro è stato messa nelle mani di: Giorgio Poletti, ex Pci, già presidente dell'Alleanza delle Cooperative, un imprenditore; Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro del governo Berlusconi, ex Psi, ex Forza Italia, ora col Ncd di Alfano, a suo tempo chiamato "ministro della disoccupazione", acceso sostenitore della flessibilità selvaggia, cioè della precarietà selvaggia, l'uomo che, quando era in carica come ministro, a colpi di decreti ha neutralizzato le residue speranze di quei precari che volevano un riconoscimento formale del lavoro pregresso che avevano svolto con falsi  contratti attraverso un'azione legale da intraprendere una volta scaduti i rispettivi contratti; Sacconi mise delle scadenze così ravvicinate per la presentazione dei ricorsi ai giudice del lavoro da rendere impossibile l'azione legale. Infine, Cesare Damiano, altro ex Pci, lunga carriera nella Fiom-Cgil prima di approdare al Parlamento, dove oggi è presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Non ho capito perché nel gioco degli equilibri politici abbia nettamente prevalso la volontà di Sacconi e di tutto il Nuovo centro destra. Ho visto in un Tg Alfano molto soddisfatto: "Bene, ora c'è più Biagi e meno Fornero", ha detto, come se la Fornero fosse stata di sinistra!
"Ora c'è più Biagi" vuol dire di fatto che le aziende che violeranno il divieto di avere più del 20% di contratti a tempo determinato, invece della stabilizzazione obbligatoria per il surplus di quei contratti pagheranno una multa. Una multa, capito?
Adesso il decreto dovrà ripassare dalla Camera per l'approvazione definitiva. Ancora una volta un provvedimento sulla pelle dei più deboli.

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