mercoledì 17 luglio 2013

Addio molto triste a "L'Europeo"

L'Europeo è morto per la seconda volta. La mitica testata che ha avuto un ruolo di primo piano nella storia del giornalismo italiano è tra quelle (con A, Bravacasa, Max, Yacht&Sail) che RCS Periodici ha purtroppo deciso di chiudere. Un caro e solidale saluto ai miei colleghi della redazione che con la chiusura de L'Europeo hanno perso il lavoro.
E' a L'Europeo e alle grandi firme dei suoi inviati che devo, fin da ragazzina, la nascita di una grande passione per i giornali fino a trasformarla nel mio lavoro da grande.
In prima linea nel raccontare la politica, la cultura, i grandi mutamenti sociali nel nostro Paese, il settimanale L'Europeo fondato nel 1945 da Arrigo Benedetti è vissuto, sia pure con fortune alterne, fino al 1995 raccontando con un'informazione di qualità, fatta soprattutto di grandi inchieste, la rinascita del dopoguerra, il miracolo economico, gli incredibili anni '60 in cui tutto era possibile e ogni sogno realizzabile (fu allora che conobbi L'Europeo), terminati con la bomba di piazza Fontana a Milano; i difficili anni '70 con la contestazione, gli scioperi, le manifestazioni contro la guerra in Vietnam e anche le lotte per i diritti civili e l'emancipazione delle donne; poi, anni '80, la perdita della coscienza del "collettivo" e l'inizio di un nuovo individualismo, gli anni dell'"edonismo reaganiano"; infine gli anni '90 con Tangentopoli e la "discesa in campo" di Berlusconi.
Una cavalcata interrotta nel febbraio 1995 con la sospensione delle pubblicazioni e un arrivederci. "Già, perché non è finita qui", concludeva allora l'editoriale del direttore Daniele Protti.
Infatti, con  la nuova formula di una rivista monografica trimestrale, bimestrale, poi mensile, dedicata alla rivisitazione della storia passata per raccontare l'oggi, L'Europeo, sempre diretto da Protti (che ringrazio per avermi allora chiamata in squadra) riapparve nelle edicole nel 2001. Il ricchissimo archivio di reportage e articoli scritti per il vecchio Europeo settimanale da Tommaso Besozzi, Giorgio Bocca, Oriana Fallaci, Camilla Cederna, Mino Monicelli, Gianni Roghi, Luigi Barzini, Gianfranco Moroldo, Lina Coletti, Alberto Ongaro e molti altri, nonché da collaboratori tra cui Alberto Moravia, Ennio Flaiano, Manlio Cancogni e Anna Maria Ortese poteva rivedere la luce in una nuova veste grafica elegante e ricca di immagini corredata da nuovi testi per attualizzare il tema del numero (cronaca nera, cinema, mafia, musica, emigrazione, America, gli anni '70, il miracolo economico, il design, la Chiesa eccetera).
I 105 numeri de L'Europeo usciti dal 2001 a oggi sono un grande libro di storia, dove la storia è raccontata anche dalla viva voce dei protagonisti che l'hanno fatta e per questo risulta scorrevole, ricca di dettagli, di facile lettura, come un film che ti scorre davanti agli occhi, ma che hai la possibilità di mettere in pausa quando vuoi per soffermarti su qualcosa che ti ha colpito.
Caro Europeo, ho avuto la fortuna di far parte della piccolissima redazione che dodici anni fa ti ha riportato alla luce. E' stata un'esperienza stimolante lavorare per te che eri stato nei miei sogni giovanili e, per di più, avendo tra le mani un materiale tanto prestigioso da rimettere in pagina per i lettori vecchi e soprattutto per la curiosità di molti nuovi.
Mi addolora sapere che l'editore ha deciso un'altra volta di farti morire; e temo che stavolta sia per sempre.
Il direttore Arrigo Benedetti in un editoriale del 1950 scrisse: "I giornali non sono scarpe" per dire che quando le scarpe sono consumate si buttano; dei giornali invece, anche quando vanno al macero, qualcosa (quel che hanno trasmesso) resta.
Il giornale, per Benedetti, non era un prodotto come gli altri. Pensiero che gli editori di oggi, ispirati da altre logiche, certamente non hanno condiviso.

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