mercoledì 20 aprile 2011

La favola del lavoro manuale

Quelli che la sanno lunga (come il ministro Tremonti) sulle cause del precariato e sulle ricette per risolvere questo grave problema da tempo raccontano la stessa storia che, in sintesi, dice così: in Italia abbiamo circa quattro milioni di precari e circa quattro milioni di extracomunitari che fanno lavori manuali, qualificati e non. Ergo: se i nostri precari si adattassero a fare i muratori, gli elettricisti, i pizzaioli, le parrucchiere, le infermiere eccetera non avremmo il precariato e non avremmo bisogno degli immigrati (i quali, comunque, sarebbero qui e, a parte vivere di carità laica o cristiana, non oso pensare cosa accadrebbe se non avessero un lavoro).
Allora, due considerazioni. La prima: i "soloni" dell'economia sono tutti solo capaci di fare (forse) previsioni un giorno sull'altro (bella forza), ma nessuno di loro ha saputo prevedere con una certa precisione vent'anni fa quali esigenze avrebbe avuto oggi il mercato del lavoro, non dico per seguirne scrupolosamente le indicazioni, ma almeno l'avremmo saputo prima e forse qualcuno avrebbe potuto rinunciare alla propria vocazione e fare scelte in linea col mercato (un po' triste, ma in certi casi efficace).
Per anni ai nostri figli sono stati offerti corsi di laurea che purtroppo si sarebbero rivelati inutili, li abbiamo mandati a frequentare costose scuole all'estero, abbiamo assicurato loro che la laurea sarebbe stata il passaporto per entrare agevolmente nel mondo del lavoro, li abbiamo stimolati a crearsi una solida preparazione nel settore che più sentivano congeniale, a prescindere dai settori tradizionalmente forti (ingegneria, economia), perché felicità è anche fare un lavoro in cui ti senti realizzato. Le famiglie hanno investito anche i loro risparmi sulla formazione dei figli. Per che cosa? Per sentirsi dire adesso che hanno sbagliato tutto, che era meglio indirizzare i propri figli verso una scuola professionale. Così oggi potrebbero fare tutti gli artigiani, anche chi non ne aveva la vocazione. Per favore. Da una ragazza che voleva diventare giornalista o insegnante di latino, e che oggi invece fa per forza l'infermiera, avrei qualche problema anche a farmi fare una puntura, senza contare che seguendo la strada del tutti-facciano-i-lavori-manuali si andrebbe inevitabilmente verso una bolla dell'artigianato e allora non ce ne sarebbe più per nessuno: né per gli artigiani "per necessità" né per gli immigrati.
Seconda considerazione: mi piacerebbe sapere che lavoro fanno i figli grandi dei ministri di questo governo che continua a occuparsi d'altro.

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