mercoledì 6 aprile 2011

Per Ichino dalla precarietà si esce così

La settimana scorsa il giuslavorista Pietro Ichino è intervenuto sul Corriere della Sera con una proposta riguardante la notizia che il Tribunale del Lavoro di Genova ha riconosciuto a 15 professori precari della scuola gli stessi diritti dei colleghi assunti a tempo indeterminato (scatti di anzianità, aumenti di stipendio eccetera). La sentenza richiamava una direttiva europea (n. 70 del 1999) che obbliga gli Stati membri, che abbiano la necessità di utilizzare il contratto a termine, a non superare la durata complessiva di tre anni (compresa una proroga). Una direttiva largamente disattesa fino a quando i lavoratori della scuola in Liguria hanno presentato un ricorso ottenendo un risarcimento di 30 mila euro a testa.
Tutto bene tranne che per le casse dello Stato, soprattutto per le conseguenze a catena che questa sentenza può provocare in tutta la pubblica amministrazione e anche nel settore privato (la direttiva europea vale anche per quest'ultimo).
"C'è un solo modo per uscirne", ha scritto il professor Ichino sul Corriere della Sera del 31 marzo scorso. "Bisogna ridefinire la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per tutte le nuove assunzioni che avverranno d'ora in poi, in modo che essa possa applicarsi davvero a tutti, senza portare con sé costi eccessivi e in modo che la flessibilità necessaria sia ripartita in modo uguale su tutti".
Ho scritto al professor Ichino dicendogli che la sua proposta, così articolata, vale per il futuro. Ma adesso? Che cosa si può e si deve fare adesso per chi si trova in questa situazione? Ecco la sua risposta: "Se la nuova regola prevede per tutti i nuovi assunti il rapporto a tempo indeterminato, tutti gli attuali precari dovranno, al primo rinnovo di contratto, essere assunti a tempo indeterminato. Qualcuno potrà essere rifiutato, e allora probabilmente farà causa allo Stato per il passato, ma nella grande maggioranza dei casi il problema si risolve senza grande spargimento di sangue".
Gli ho posto poi il problema del settore privato, dove vige la stessa direttiva europea, ma dove è difficilissimo essere assunti a tempo indeterminato perché qui la parte del leone la fanno i "contratti a progetto", veri e propri contratti di lavoro low cost per le imprese.
Risposta: "La mia proposta di legge (1873/2009 reperibile sul mio sito) prevede che il nuovo regime si applichi in tutti i casi di dipendenza economica dall'ente o azienda per cui si lavora. La definizione (art. 2094) è tale da comprendere quasi tutti i casi attuali di lavoro a progetto e co.co.co.".
Navigando tra i riferimenti citati e un altro (disegno di legge 1481/2009) al quale questi rimandano, ho colto un punto di grande interesse nella nozione di "lavoro dipendente" (art. 5) che qui riporto in sintesi: Si considera lavoratore dipendente da un'azienda il prestatore d'opera personale a carattere continuativo che tragga più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo dal rapporto con l'azienda medesima salvo che la prestazione lavorativa sia svolta in condizione di autonomia e ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: la sua retribuzione annua lorda superi i 40 mila euro; il lavoratore sia iscritto a un Albo o a un Ordine professionale incompatibile con la posizione di lavoratore dipendente. Quando dunque il lavoratore si trovi nella posizione di dipendenza così definita il contratto deve considerarsi sempre stipulato a tempo indeterminato, salvi i casi di lavori stagionali, sostituzione di altro lavoratore momentaneamente assente, assunzione in funzione di spettacoli o stagione teatrale, fiere, mercati e manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, assunzioni con contratto a termine di durata non inferiore ai tre anni, prorogabile o rinnovabile una sola volta per attività di ricerca scientifica o insegnamento.
Questo dice il disegno di legge presentato da un gruppo di senatori, tra cui lo stesso Pietro Ichino. Quanto tempo ci vuole perché venga messo nell'agenda dei lavori parlamentari, discusso, possibilmente migliorato, approvato? E poi quanto ci vorrà perché vengano preparate le norme attuative? Speriamo che la sentenza di Genova, richiamando clamorosamente l'attenzione della politica e delle parti sociali su questo grave problema, possa accelerarne il cammino verso una giusta soluzione.
Intanto sabato 9 aprile il mondo del precariato si mobilita a Roma e in molte altre città. Sosteniamolo.

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