lunedì 11 febbraio 2013

Editoria. La morte annunciata dei periodici

Poco fa Rainews ha dato notizia della chiusura o della vendita di una decina di testate della Rcs Periodici: A, Bravacasa, Yacht & Sail, Max, Europeo, Astra, Novella, Visto, Ok Salute e il polo dell'enigmistica. Circa a metà gennaio Mondadori aveva annunciato la chiusura di Casaviva, Men's Health, Ville & Giardini, Panorama Travel.
Ho lavorato in un paio delle testate Rcs che ho citato. Nelle altre, e in tutte le altre riviste dei due maggiori gruppi editoriali italiani, ho molti colleghi e amici.
Le prospettive per ognuno di loro non sono incoraggianti. Diverse centinaia di "esuberi" che verranno prepensionati, licenziati, "venduti" o ricollocati nel migliore e poco probabile dei casi senza tener conto di ruoli, competenze, professionalità.
Una dolorosa, grande débacle che gli editori spiegano soprattutto con la grave crisi che ci attanaglia da alcuni anni e col crollo della pubblicità, in caduta libera; una débacle le cui radici però affondano nei numerosi errori di gestione di tutti coloro che si sono succeduti alla guida dell'azienda negli ultimi 25/30 anni.
Per tanti anni gli editori hanno incassato profitti soprattutto inseguendo il flusso del mercato, sfornando testate che si sarebbero rette su una tendenza (verde e ambiente, salute, divulgazione scientifica eccetera) soggetta alla moda del momento, a fenomeni passeggeri, tendenza fragile quindi, ma in quel momento quelle testate erano "galline dalle uova d'oro".
La crisi dell'intero sistema informazione-consumi-pubblicità ha fatto collassare riviste nate proprio come contenitori di pubblicità, poco inclini per politica editoriale a offrire un'informazione decontaminata da elementi mercantili.
Anche il proliferare di testate fotocopia l'una dell'altra, che si cannibalizzavano reciprocamente, ha ridotto gli spazi di diffusione e sopravvivenza dei periodici, conseguenza alla quale non è estranea anche la progressiva "femminilizzazione" e "periodicizzazione" dei quotidiani, anch'essi affamati di pubblicità. La scarsa, o nulla, autorevolezza di una stampa ormai poco attenta alla qualità dell'informazione e alla dignità del lavoro giornalistico, difese ormai solo dagli ultimi giapponesi rintanati in redazioni senza potere, ha assestato un altro colpo gravissimo alla tenuta del sistema.
Nell'incertezza sul futuro di queste testate, quel che è certo è che a pagare questo altissimo prezzo saranno ancora i lavoratori e le loro famiglie. Nessuno dei responsabili, ormai al caldo con le loro pingui liquidazioni, pagherà un centesimo. Nessuno di coloro che per anni hanno guidato queste aziende senza vedere oltre il loro tavolo, pagherà per questa colpevole miopia.
Finisce un'epoca per il giornalismo dei periodici, che tanto ha fatto nei suoi anni migliori anche per la crescita civile e culturale del nostro Paese, e cambia definitivamente il sistema dell'informazione. Non siamo certi che sarà in meglio.

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