Dal manifesto degli espatriati: "L'Italia non è un paese per giovani. E' per questo che siamo dovuti andare via, o non possiamo farvi ritorno a breve. L'Italia è un paese col freno a mano tirato, nella migliore delle ipotesi. Un paese dove la classe dirigente - che si autoriproduce da decenni - ha fallito. All'estero i giovani hanno uguale diritto di cittadinanza delle generazioni che li hanno preceduti. Il percorso di carriere all'estero è chiaro, definito e prevede salari mediamente di gran lunga maggiori rispetto all'Italia, soprattutto per giovani neolaureati. All'estero non conta l'anagrafe: puoi ottenere posizioni di responsabilità a qualsiasi età, se vali. Anche a 25 anni...". Finale: "Noi giovani professionisti italiani espatriati intendiamo impegnarci, affinché l'Italia torni a essere un ‘paese per giovani', meritocratico, moderno, innovatore. Affinché esca dalla sua condizione terzomondista, conservatrice e ipocrita. E torni a essere a pieno titolo un paese europeo e occidentale. Ascoltate la nostra voce!".
Eh no, qui non ci siamo. La conclusione è sballata. Ve l'immaginate un sessantottino che avesse scritto a un Fanfani: per favore, stammi a sentire, avrei da chiederti... Cari ragazzi, noi ci siamo laureati in mezzo agli autobus in fiamme, alle università presidiate dalle polizie, in mezzo a scioperi di mesi, per comunicare avevamo il gettone e i telefoni pubblici rotti e non Twitter o Facebook, lavoravamo per comprarci le sigarette. Dunque, niente sensi di colpa. Zero. Immaginate un mondo a misura vostra, lottate e lasciateci invecchiare in pace. Perché dovremmo ascoltarvi, cari espatriati (spesso a spese di noi ipocriti terzomondisti genitori)? Noi ultracinquantenni ci siamo battuti già, molti anni fa, per i nostri lavori, le nostre pensioni, i diritti sociali e civili. Ora tocca a voi, dimenticatevi di noi e dei nostri errori (a ciascuno il suo). Impegnatevi a cambiarlo, questo paese per vecchi. Mollate i popoli viola, smettete di lanciare petardi veri o di carta, tornate qui che c'è tanto da fare. Lasciate le pigrizie catalane di Barcellona, le folli notti berlinesi, la Londra sempre swinging, i loft newyorkesi e venite - se credete, se non è troppa fatica - a battervi per i vostri diritti, le vostre leggi, il vostro futuro. Vi informo che fra qualche mese quella classe dirigente fallita si ripresenterà al voto, al giudizio degli elettori e cercherà di rinfrescare le liste delle coalizioni pescando qua e là fra i più ambiziosetti ed esibizionisti di voi. Prima che ciò accada, trasformate il giusto e severo verdetto che avete pronunciato partendo per gli Erasmus, i Leonardo, le borse di studio per cui si sono battuti i matusalemme che schifate, in un'azione collettiva e positiva. Basta denunce, basta giudizi, è l'ora di fare. Scendete in campo aperto, voi così post ideologici, così informati sulle meravigliose condizioni sociali europee: potrete dare una svolta necessaria. Smettete di astenervi, di lamentarvi, di piangere, di distaccarvi, di elogiare un altrove sempre più adeguato alle vostre meravigliose qualità. Se siete così gagliardi, qui l'agonia dei Palazzi è davvero alle scene finali, il teatrino della politica è sceso sotto il livello minimo della rissa da osteria. L'ora X è giunta. Detto in romanesco: dateve 'na mossa.
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