giovedì 14 gennaio 2010

Haiti, mon amour

Sono molto angosciata per il terremoto che ha distrutto Haiti. Ci sono stata molti anni fa in viaggio di nozze. Strana meta, si dirà, per una luna di miele. Me la suggerì un amico tour operator, dicendomi che era un Paese che si stava "aprendo". Di quale scarsa propensione all' "apertura" si trattasse me ne resi subito conto.
Oppressi dal regime di Jean-Claude Duvalier , detto "Baby Doc" figlio del precedente dittatore-presidente François Duvalier ("Papa Doc"), al sicuro nel suo palazzo bianco da operetta, una simil-Casa Bianca stridente rispetto all'ambiente intorno, dalla miseria e dalla fame più disperata (sul mare, lontano dalla capitale Port-au-Prince, gli haitiani stavano invece un po' meglio perché pescavano e avevano da mangiare), gli abitanti di Haiti cercavano solo di sopravvivere: pochi avevano la fortuna di lavorare per il turismo, altri nella pubblica amministrazione corrotta, altri ancora facevano mercato dei loro prodotti. La sera, poi, coprifuoco: tutti in "casa" nelle bidonville per non correre il rischio di incappare disgraziatamente in qualche rastrellamento degli "squadroni della morte", i famigerati tonton macoutes, in cerca degli avversari politici del dittatore-presidente.
L'Aids sarebbe arrivato più tardi, negli anni '80 (o forse c'era già, ma non era ancora riconosciuto e, soprattutto, diffuso), ed era molto vivo in tutti i cittadini l'orgoglio di appartenere alla prima repubblica nera delle Americhe.
A quella miseria si è aggiunta incredibilmente negli anni altra miseria, sotto lo sguardo indifferente e colpevole della comunità internazionale (gli Stati Uniti hanno sempre protetto i governi dittatoriali che si sono susseguiti), e anche a causa delle catastrofi ambientali che l'hanno di continuo flagellata: così Haiti, nonostante la cornice caraibica da cartolina, i grandi resort per turisti con sontuosi buffet lungo le spiagge bianche, si è conquistata il triste primato di Paese più povero dell'emisfero occidentale. Ci è voluto purtroppo uno dei terremoti più violenti e distruttivi per diffondere questa consapevolezza.
Nel vedere alla tv le immagini della tragedia, la commozione è tanta e il dolore di più.

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