domenica 30 novembre 2014

Lavoratori italiani, eroi normali

Gli eroi siamo noi. Sono eroi tutti i lavoratori italiani che vivono la normalità, che continuano a fare il proprio dovere benché truffati ogni giorno da uno Stato inadempiente, uno Stato che si comporta da imbroglione da fiera di provincia che ti fa il gioco delle tre carte sotto il naso e tu sei già bell'e fritto. Qualcuno ricorda gli esodati della Fornero? Non se ne sente più parlare. E i precari della pubblica amministrazione?, della pubblica amministrazione sottolineo (lo Stato non dovrebbe avere la coscienza pulita?).
E in questi giorni, come una ciliegina sulla torta, ci è toccato leggere notizie come la nomina del nuovo vertice Alitalia in cui hanno posti di primo piano Luca Cordero di Montezemolo come presidente non esecutivo e Roberto Colaninno presidente onorario. Era proprio necessario destinare cariche e laute remunerazioni a chi come lavoro fa il prestanome? Brunetta dove sei?

lunedì 24 novembre 2014

Gli slogan della politica. Che noia!

C'era una volta "Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". Poi è venuto il momento di "Non accettiamo lezioni da parte di.... (l'avversario di turno), "Non ci facciamo dettare l'agenda da.... (di nuovo l'avversario) e "Così non si va da nessuna parte".
Altro che nuovo, "cambia il suonatore ma la musica è sempre la stessa".

sabato 25 ottobre 2014

Né con la Leopolda né con la Cgil

Due eventi hanno monopolizzato la giornata di oggi: la Leopolda a Firenze e la manifestazione della Cgil a Roma. Tra quel "nuovo" e quel "solito" sto con nessuno dei due. 
Sto con tutti gli altri italiani, e siamo in tanti, che non ne possono più d'essere sempre gli unici a pagare gli alti costi sociali di una situazione politica ed economica da troppo tempo insostenibile. 
Sto con esodati e precari, categorie di lavoratori dai diritti violati nonostante "la Costituzione più bella del mondo", categorie di lavoratori addirittura create con leggi votate da un Parlamento che non ha  provato alcuna vergogna nel crearle e ignorate (precari) o difese debolmente (esodati) da un sindacato fermo agli anni '70. 
L'Italia non è un Paese "scalabile", come ha detto l'arrampicatore Renzi, è un Paese che merita una classe politica migliore, capace di esprimere un governo  che risolva i suoi problemi con competenza, equità e giustizia.

venerdì 10 ottobre 2014

Chi ha paura del "Jobs Act"?

Il governo decide di riformare le regole del mercato del lavoro e una parte della sinistra insorge: in difesa di quel che resta dell'art. 18 (già depotenziato dalla Fornero) si schierano la minoranza Pd, la Fiom e la Cgil; e inoltre Bersani dichiara che la priorità non sono nuove regole del lavoro ma la lotta all'evasione fiscale (come dire mettiamo in stand by per adesso l'emergenza lavoro).
Evidentemente nelle famiglie di questa sinistra non ci sono figli o nipoti precari o "stabilmente precari" che da anni aspettano giustizia. Per intenderci, quelli della "generazione perduta".
Perché arroccarsi su tutto e non contestare invece solo quel che non si condivide del Jobs Act?
Qualcuno della sinistra si è accorto o no che le nuove regole dovrebbero (nonostante le buone intenzioni dichiarate il condizionale è d'obbligo) far cadere finalmente la legge vigente (Fornero-ex Biagi)?
La legge Fornero-ex Biagi, che aveva frantumato il sistema lavoro in nome della flessibilità con una quarantina di contratti diversi, ha molte responsabilità per la situazione attuale. Non ha fatto emergere il lavoro nero e, favorendo in modo evidente gli imprenditori con una miriade di contratti low cost utilizzati indiscriminatamente e spesso in modo illecito, ha creato precarietà su precarietà. Non si può sempre e solo imputare alla grave crisi economica che ci ha travolto la responsabilità del degrado del sistema lavoro. Ecco quindi l'urgenza di avere nuove regole.
Sappiamo tutti che per creare nuovi posti di lavoro occorre crescere ed essere più produttivi. Ma, quanto alla produttività, come si fa anche solo a stimolarla quando ci sono lavoratori con contratti di uno o pochi mesi oppure di un giorno?









giovedì 9 ottobre 2014

Il "puzzle" della riforma del lavoro

C'è molta confusione attorno alla nuova riforma del lavoro (Jobs act). Quel che non capisco è perché, in barba alla sbandierata voglia di semplificazione, la si stia facendo (parola grossa, meglio disegnando), come uno spezzatino: prima il decreto Poletti (con l'apprendistato e la contestatissima norma sul contratto a tempo determinato), poi il maxiemendamento (dove non si parla di art. 18), sottoposto alla fiducia dopo una accesa bagarre in aula; altri temi infine (tra cui l'art. 18) dovranno trovare collocazione all'interno della legge di stabilità.
Il dottor Azzaccagarbugli non avrebbe potuto fare di meglio.



mercoledì 1 ottobre 2014

Renzi, D'Alema e le opinioni di Sacconi

Tre personaggi sulla scena del Jobs Act. Premetto che su Matteo Renzi condivido molto del recente editoriale del direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli. Non mi piace, tra le altre cose, il tono muscolare con cui liquida gli interlocutori che non la pensano come lui prima ancora che aprano bocca né certe sue recenti frequentazioni. A proposito di Jobs Act sanno qualcosa della sua arroganza i sindacati che vorrebbero arginare la sua furia iconoclasta sull'art. 18 e, in ritardo di vent'anni, vorrebbero discutere di precarietà del lavoro. Però mi piace la sua voglia di cambiamento e di rilancio di un Paese asfittico, sempre guidato da una classe politica meritevole neppure della sufficienza quando non della bocciatura.
L'intervento polemico (accettabile) e sprezzante (inaccettabile) di D'Alema alla riunione della direzione del PD  l'altro ieri sulla riforma del lavoro ha mostrato un ex leader protagonista che non si rassegna a una piccola parte. Lo dico con dispiacere perché D'Alema, fama da politico acuto e intelligente e gran teorico, tuttavia non ha mai portato il Paese a risultati positivi e concreti né quando è stato al governo né quando ha guidato l'opposizione.
Dio ci guardi infine da Sacconi. Dopo l'annuncio di alcuni emendamenti che la maggioranza renziana vorrebbe ora introdurre nella legge delega, Sacconi ha dichiarato che se ci saranno emendamenti  questi non potranno rappresentare quanto deciso dalla Direzione del Pd perché "tutte le modifiche devono essere concordate con il relatore, che sono io, e che come è noto ho le mie opinioni". Reazione isterica di uno che una volta era socialista, e poi è diventato berlusconiano; uno che, da ministro del Lavoro e del Welfare, è diventato ministro della Disoccupazione e della Precarietà. Sacconi dell'Ncd, un partito che se va bene rappresenta il 5% ma che governa col Pd; uno che ha dato un forte impulso alla precarietà che ora Renzi vorrebbe cancellare.
Presidente Renzi, ma non ha niente da dire a Sacconi?

mercoledì 24 settembre 2014

Il lavoro è da riformare anche secondo giustizia

"Dove eravate in questi anni? Dove eravate quando nel mondo del lavoro si è prodotta la più grande ingiustizia tra chi il lavoro ce l'ha e chi no, tra chi ce l'ha a tempo indeterminato e chi precario?", ha tuonato qualche giorno fa Matteo Renzi rivolto ai sindacati, ancora una volta scesi sul terreno della difesa dell'art 18, articolo dello Statuto dei lavoratori (1970) della cui tutela godono un terzo dei lavoratori italiani (circa 7 milioni contro 22 milioni di lavoratori che non ne hanno diritto).
Certo, lo schiaffo brucia e comunque uno scossone andava dato. Tardivamente solo Landini (Fiom-Cgil) e Bonanni (Cisl) avevano ammesso di non aver fatto abbastanza per i precari (avrebbero potuto tranquillamente dire di aver fatto mai nulla!).
Nulla ha fatto però anche la politica di sinistra che, in tema di lavoro, sembra essersi svegliata ora improvvisamente da un sonno durato vent'anni: dopo la breccia aperta nel 1997 dal "pacchetto Treu" (centrosinistra) con il riconoscimento del lavoro interinale, il centrodestra ha avuto un'autostrada a disposizione per le sue leggi di riforma del mercato del lavoro, passate senza trovare opposizione, con effetti devastanti sul futuro di alcune generazioni.
Adesso che si è tolto questo sasso dalla scarpa, Renzi dovrebbe smetterla di menare fendenti e passare a una fase costruttiva. Con chi? Renzi non è persona che accetti suggerimenti (e stranamente - o no - sembra più in sintonia con i Sacconi e i Brunetta che con i suoi compagni di partito) e ha tutta l'aria di voler procedere "muro non muro tre passi avanti". Ecco, faccia attenzione il nostro premier; la linea dell'uomo solo al comando ha portato sempre ad andare a sbattere.