martedì 26 maggio 2015

Ricordo dell'amica Silvia Del Pozzo, giornalista

Qualche giorno fa (22 maggio) se n'è andata Silvia Del Pozzo, giornalista, cresciuta professionalmente nella redazione di Panorama, alla scuola di Lamberto Sechi, mitico fondatore del primo newsmagazine italiano.
Da tre anni Silvia lottava con caparbietà ed energia contro un tumore, ma solo negli ultimi giorni s'è dovuta arrendere. Non è retorico dire "con caparbietà ed energia" perché dalla diagnosi della malattia in poi, nonostante ripetuti cicli di chemio e altre terapie, Silvia ha continuato a condurre la sua vita di sempre: mai mancata un'anteprima teatrale (fino all'ultimo ha tenuto la rubrica di teatro sul mensile Style), un concerto o una rappresentazione alla Scala, una mostra, un film appena uscito ("Ho visto l'ultimo di Moretti, Mia madre: commovente, bellissimo"), una serata conviviale.
Silvia ha convissuto con la sua malattia con la consapevolezza di chi conosce bene ogni aspetto del suo nemico e con tutte le forze vuole neutralizzarlo. Ha continuato a fare progetti nonostante il progredire del male: visitare Expo, fare un giro sui Navigli per vedere la nuova Darsena, le vacanze estive da organizzare. Ha perfino cambiato casa (con tutto lo stress che un trasloco comporta) per avere una stanza in più per la persona che, all'occorrenza, avrebbe dovuto accudirla. Come dire: un passo alla volta, la malattia avanza ma io mi attrezzo.
Silvia Del Pozzo era nata a Vicenza da genitori piemontesi. Le due componenti delle sue origini le hanno dato una sorta di doppia personalità. L'allegria, la disponibilità, la verve, il senso dell'amicizia nella vita privata. La caparbietà, il pragmatismo, il senso del dovere e un certo perfezionismo fino alla pignoleria, nella professione. Dopo la laurea in lettere all'università di Padova Silvia si trasferì a Milano, dove entrò alla Mondadori.
Intanto, nei primi anni Settanta, anni roventi e dolorosi ma sempre stimolanti, Panorama, in un continuo testa a testa con L'Espresso, diventava il più importante newsmagazine italiano.
Il sogno di Silvia era scrivere e lo realizzò in breve tempo diventando giornalista professionista proprio a Panorama dove, in quegli anni epici, bisognava essere curiosi di tutto e saper scrivere di tutto, precisi e documentati, all'insegna de "I fatti separati dalle opinioni".
Silvia si fece presto notare per i suoi brillanti articoli sul teatro e sull'architettura, le sue due grandi passioni. Tra i personaggi intervistati: Luca Ronconi e Giorgio Strehler, Giulio Einaudi e Valentino Bompiani, Jeanne Moreau, Oscar Niemeyer e Renzo Piano, Tom Cruise, Woody Allen e Al Pacino.
Il passo successivo (1995) fu Carnet, nuovo mensile di divulgazione culturale della Darp (De Agostini-Rizzoli Periodici), dove Silvia, caporedattore dal pugno di ferro in guanto di velluto, ha fatto crescere una redazione di giovani giornalisti.
Adesso Silvia non c'è più ma nessuno, è certo, la dimenticherà.
E nessuno, amici, capi, colleghi, redattori e collaboratori dimenticherà mai anche le serate a casa sua con la sua stellare pasta e fagioli. Si faceva a pugni per essere invitati.
Rachele Enriquez e Valentina Strada






venerdì 20 marzo 2015

Maurizio Lupi: la famiglia prima di tutto

Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti e Infrastrutture, ieri si è dimesso "per tutelare la mia famiglia" dopo lo scandalo scoppiato con le intercettazioni che hanno svelato gli affari troppo privati di Ercole Incalza, ex capo della struttura tecnica del ministero Infrastrutture, e tre imprenditori (Stefano Perotti e Francesco Cavallo. Perché Lupi, in questo contesto, deve tutelare la sua famiglia?
Secondo una ricostruzione fatta ieri sera dal programma "Servizio pubblico" di Michele Santoro, Lupi avrebbe mandato suo figlio Luca, neolaureato con 110 e lode in ingegneria civile, da Incalza per avere qualche consiglio per entrare nel mondo del lavoro; Incalza avrebbe mandato il giovane ingegnere da Perotti e Perotti l'avrebbe raccomandato a suo cognato Giorgio Mor, titolare di un'azienda di costruzioni, dicendogli di fargli un contratto da 2 mila euro al mese. Mor, secondo questa ricostruzione, avrebbe detto: "Ma non possiamo fargli un contratto meno formale?". "No, no", è stata la risposta. "Il ragazzo deve essere stabile". Ogni commento sulla precarietà lavorativa di milioni di giovani e non è assolutamente superfluo.
Secondo me, se questa ricostruzione è precisa (d'altra parte ci sono le intercettazioni), Lupi non deve proprio tutelare la sua famiglia. Credo che di trovi nei guai proprio perché l'ha tutelata troppo. 

lunedì 9 marzo 2015

Mondadori e RCS devono assumere i co.co.pro

A partire dal prossimo 1° luglio RCS Libri, per ordine dell'Ispettorato del Lavoro, si è impegnata a trasformare i contratti di 21 lavoratori a progetto in contratti a tempo indeterminato. Mondadori invece ha annunciato che farà ricorso contro questo verdetto dell'Ispettorato (che pure la riguarda). Un verdetto che, riconoscendo dopo quasi due anni di ispezioni, la piena illegalità dei Co.co.pro largamente utilizzati e "abusati" nelle aziende editoriali, ha intimato alle due capofila del mercato librario di sanare le situazioni dei precari impiegati con contratti fasulli.
Due atteggiamenti di segno opposto; forse perché Mondadori e RCS Libri hanno appunto interessi opposti nell'operazione che agita il mondo editoriale (l'acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori) e che, se conclusa, dovrebbe portare la casa editrice di Segrate a diventare il dominus incontrastato del mercato editoriale con una quota di mercato di circa il 40 per cento.
Mondadori infatti, fiduciosa di poter concludere l'acquisto dell'azienda concorrente (costretta a fare cassa a causa della pessima gestione che l'ha ridotta sul lastrico), non intende farsi carico di altri dipendenti (i suoi precari eventualmente regolarizzati per ordine dell'Ispettorato del Lavoro) né tantomeno intende accollarsi quelli di RCS Libri.
E RCS Libri, se vuole concludere al meglio l'operazione, ha tutto l'interesse (bieco) ad alleggerirsi in fretta dei suoi precari liquidando le rispettive vertenze entro il 29 maggio, data di scadenza del periodo di esclusiva concesso a Mondadori per approfondire termini e condizioni dell'operazione.
Quel che è certo è che ora si è messo in mezzo l'Ispettorato del Lavoro con la sua richiesta di regolarizzare i precari nei due grandi gruppi editoriali. Come? Se Mondadori non ne vuole sapere, per RCS Libri c'è anche l'opzione della conciliazione (i suoi 21 lavoratori a progetto hanno ricevuto in questi giorni dall'Ispettorato la convocazione per dare il consenso al tentativo di conciliazione). In caso di assunzione, invece, la questione potrebbe complicarsi: trattandosi di situazioni lavorative ante Jobs Act, il contratto di assunzione di chi lavora da anni con continuità, e come un dipendente, nella stessa azienda sarebbe giusto che fosse retrodatato, quindi ricadere sotto il vecchio regime, col riconoscimento della parte normativa (quel che resta dell'art. 18), economica (differenza di stipendio, tredicesima, TFR) e previdenziale (contributi) pregressa. Il nuovo contratto "a tutele crescenti" in teoria non dovrebbe riguardare questi lavoratori, ma sembra l'ipotesi più probabile.
Temo quindi che la realtà sarà ben diversa e l'esito, secondo giustizia, di questa vicenda di diritti calpestati non sarà affatto scontato.

sabato 21 febbraio 2015

Abolizione dei co.co.pro con scandalo!


La tanto strombazzata abolizione dei contratti co.co.pro da parte del governo è uno scandalo e una truffa. Ancora una volta saranno il lavoratore e la collettività a pagare. Come? Oltre a regalare alle aziende che assumeranno a tempo indeterminato col nuovo contratto a tutele crescenti (dove le tutele sono solo scarsi indennizzi in caso di licenziamento) tre anni di esenzione dal versamento di contributi (a carico quindi della collettività), si è pensato di arrivare all'obbrobrio di una sanatoria pro aziende disoneste, e cioè, in caso di assunzione il lavoratore dovrà rinunciare a rivendicare legalmente quanto gli è dovuto per il pregresso. Sanatoria che avrebbe dovuto essere di segno opposto, a favore del lavoratore truffato da anni con contratti illegali, su cui politica e sindacato da sempre benevolmente hanno chiuso gli occhi. Invece si preferisce premiare il datore di lavoro disonesto, che non pagherà un centesimo per violazioni magari perpetrate continuativamente per molti anni. In cambio l'azienda darebbe al lavoratore la garanzia di non essere licenziato per un anno! Alla faccia delle tutele. Scandalo, scandalo, scandalo, è un vero scandalo.




lunedì 16 febbraio 2015

Gruber, Mieli, Pansa, Donnini, Cairo e i fatti loro

"Conflitto di interessi" è un'espressione ormai uscita dal nostro lessico politico e sociale. In verità, anche quando ne faceva parte, non ha mai portato a sanare il conflitto in questione.
Se a qualcuno fosse sfuggita la puntata di Otto e mezzo del 13 febbraio e ha la pazienza di andarsela a rivedere on line (http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/renzi-e-la-vendetta-di-berlusconi-13-02-2015-147376) troverà quanto segue: Lilli Gruber, padrona di casa nonché autrice di Rcs Libri (Eredità, Tempesta i suoi ultimi due titoli), che intervista Paolo Mieli, presidente Rcs Libri, suo editore e ospite frequente, e Giampaolo Pansa, autore di La destra siamo noi appena pubblicato da Rcs Libri e lanciato in grande stile (Il punto di Paolo Pagliaro) nella stessa puntata di Otto e mezzo.
Tema della serata era "Renzi e la vendetta di Berlusconi", ma poi la conversazione a tre ha spaziato sul libro di Pansa e sulla crisi internazionale. Interessante, certo, ma il sospetto di un incontro tra vecchi (mi perdoni Gruber) compagni di scuola reciprocamente legati da comuni interessi (favorire il proprio editore per Gruber; promozione di un libro per l'editore Mieli e l'autore Pansa) è piuttosto sgradevole.
Lilli Gruber non è nuova a exploit di questo genere. Recentemente aveva intervistato anche Laura Donnini, amministratore delegato di Rcs Libri (ancora l'editore della Gruber!), donna in carriera che tra l'altro, a ogni uscita pubblica, non esita a sottolineare che il ruolo delle donne nel lavoro deve essere valorizzato, e fa finta di non sapere che l'azienda di cui è ad è piena zeppa di donne con contratti precari, illegali in molti casi e, nonostante questo, non perseguiti.
Dimenticavo, Otto e mezzo è un programma de La7 il cui proprietario, Urbano Cairo, è azionista Rcs Mediagroup. E questo chiude il cerchio.
Oddio, che invece di conflitto di interessi sia un caso di sinergie di gruppo? Mah, mi sembra più probabile che si tratti di persone che allegramente si fanno soprattutto i fatti loro, se la cantano e se la suonano in nome della libertà d'informazione.

No ai precari. Linkem li vuole stabili.

Le buone notizie si vedono poco. Sul Venerdì del 6 febbraio 2015, a firma Cinzia Gubbini, una notizia che avrebbe meritato grande rilievo sui quotidiani e servizi nei Tg, e invece, a parte un video su YouTube e un'intervista delle Iene a Davide Rota, amministratore delegato Linkem, mi sembra che sia apparsa solo sulle pagine del supplemento settimanale di Repubblica. Titolo: E' un call center senza precari: E lo dice a tutti. Senza precari? Ebbene sì, sembra proprio di sì.
A invertire la tendenza, che vuole da sempre il call center come principale motore di precarietà lavorativa, è stata Linkem, azienda di telecomunicazioni (internet veloce, senza rete fissa, senza chiavetta). Chiamando il suo numero (06/94444), prima che risponda un operatore si può ascoltare questo messaggio: "I nostri operatori rispondono tutti dal nostro call center che si trova in Italia. Non sono precari e sono assunti regolarmente da Linkem".
Dall'articolo del Venerdì si apprende che su 300 assunti nel call center (con sede a Bari) il 70 per cento ha un contratto a tempo indeterminato, il 30 per cento ha un contratto a tempo determinato e verrà stabilizzato entro pochi mesi.
Investendo sulle persone, coinvolgendole stabilmente nel progetto di crescita, l'azienda sta ottenendo buoni risultati: in media, su 100 chiamate che arrivano al call center circa il 70 per cento si trasforma in una contratto.

martedì 3 febbraio 2015

Lettera al presidente Mattarella

Tanti auguri di buon lavoro, presidente Mattarella. Nel suo discorso d'insediamento lei ha messo in fila gli aspetti critici del nostro Paese, ha voluto riconoscere i meriti di tutti coloro che lavorano per sanare e migliorare il nostro Paese, a partire dai cittadini che fanno correttamente il proprio dovere ed ha  auspicato un futuro in cui tutte le risorse della società italiana si mobilitino per ricostruire la speranza e guardare all'orizzonte con fiducia.
Gli obiettivi che ha indicato sono ambiziosi e basterebbe che ne centrassimo il 60% durante il suo mandato. Per quanto riguarda il lavoro auspico che lei osservi ben bene con la lente della costituzionalità (compito in cui lei è Maestro) la nuova riforma che avanza, quel Jobs Act, così chiamato per attirare l'attenzione degli investitori stranieri, che dovrebbe "favorire" l'occupazione.
Ecco, se favorirà occupazione buona (stabile) andrà bene, ma se, come temo, sarà un altro strumento per creare ulteriore discriminazione tra i lavoratori favorendo soprattutto occupazione cattiva (precaria) mascherata da buona, allora le sarei grata (e con me milioni di cittadini) se facesse notare a chi di dovere che il nostro Paese è, come afferma la Costituzione, una Repubblica fondata sul lavoro. Sul lavoro, non su qualcosa che gli somiglia ma non è. Come succede ormai da vent'anni.
Grazie.