giovedì 24 novembre 2016

Referendum: annullerò la mia scheda

Il 4 dicembre prossimo andremo a votare per una riforma costituzionale scritta dal governo. Calamandrei diceva: "Quando si scrive la Costituzione i banchi del governo devono restare vuoti".
Basterebbe questo a far capire che questa riforma costituzionale è partita col piede sbagliato perché un conto è l'operato della politica, un conto sono le regole che la disciplinano.
Premesso questo, penso che questa riforma non fosse proprio prioritaria rispetto a priorità più urgenti che affliggono il Paese (tra le urgenze, anche la ricostruzione post terremoto ormai uscita dalle scalette dei tg e dalla pagine dei giornali). Il suo primo effetto è stato quello di spaccare il Paese, da una parte il compatto fronte del Sì, col governo e i suoi (anche gli impresentabili Verdini, coautore del testo della riforma, e De Luca, governatore della Campania, i cui metodi fanno assolutamente preferire i rottamati al nuovo), sostenuto con convinzione o controvoglia anche da molti artisti e intellettuali che dicono di non sopportare più la paralisi del Paese (intanto la discussione sulla riforma sta bloccando il Paese da alcuni mesi); dall'altra il variegato, e del tutto casuale nell'accostamento, fronte del No, l'"accozzaglia" per dirla con le parole di Renzi che, a diverso titolo, preferisce un diverso cambiamento e soprattutto una riforma scritta da maggioranza e opposizione, non approvata a colpi di maggioranza.
L'idea che la Costituzione, legge fondante della nostra Repubblica che scrive le regole per tutti, venga in gran parte modificata da circa il 20-25% degli elettori in un clima infuocato da tifoserie ultrà non mi rassicura.
Poiché siamo stati messi di fronte a una sorta di ultimatum "prendere o lasciare", e avendo qualche motivo per votare Sì e altri per votare No, ho deciso che annullerò la mia scheda prima di metterla nell'urna.




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