lunedì 27 marzo 2017

Papa Francesco, Milano e la cotoletta di Khalid

Che grande idea, quella di papa Francesco, di venire a Milano. Milano di ieri. Milano delle fabbriche. Milano operosa. Milano delle osterie. Milano città ritrosa, discreta, mai sfacciata. Milano ricca di meravigliosi giardini nascosti. Milano del "Ceruttigino", di Jannacci e i suoi "barbun", Milano dei Navigli. Milano di piazza Fontana. Milano di oggi. Milano città europea. Milano della moda e del design. Milano multietnica, multiculturale, multireligiosa. Milano del "milanese imbruttito". Milano della finanza. Milano della povertà. Milano dell'accoglienza. Milano della Scala. Milano dell'happy hour. Milano dei servizi e della tecnologia. Potrei continuare all'infinito con i volti di ieri e di oggi dell'unico, grande mosaico che compone la mia città al cui centro svetta l'amatissima "Madunina" del Duomo. Tante sfaccettature che Francesco ha colto in pieno anche se, per sottolineare l'aspetto ecumenico della sua visita, con molto garbo ha precisato: "Milanesi sì, ambrosiani certo, ma parte del grande popolo di Dio". Come a dire che siamo tutti figli di un unico Padre e che non ci sono figli preferiti. Quel che è certo è che sabato 25 marzo, nella lunga "toccata e fuga" (undici ore) di papa Francesco in terra ambrosiana, Milano ha sorpreso perfino per chi la conosce.
L'entusiasmo, la gioia, la commozione, la speranza suscitate da papa Francesco in tutti coloro che l'hanno seguito in una delle sue tappe (quartiere Case Bianche, Duomo, carcere di San Vittore, parco di Monza, stadio Meazza) o l'hanno aspettato lungo le strade del suo passaggio hanno certamente lasciato un segno, non importa quanto profondo, importante è che l'abbiano lasciato.
Per raccontare ciò che mi ha più colpito non bastano poche righe. Cerco di sintetizzare con qualche nota. "Sono venuto da sacerdote", sono state le sue prime parole agli abitanti delle case del quartiere di periferia. Così, in semplicità, ha conquistato subito tutti: credenti e non credenti, cristiani, ebrei e
musulmani, persone di ogni estrazione sociale, ragazzi, giovani e anziani.
A don Gabriele, il sacerdote che in Duomo sottolineava come l'evangelizzazione difficilmente faccia "prendere pesci", Francesco ha risposto: "Voi prendete il largo, poi sarà il Signore a prendere pesci". Grande Francesco!
Ma è nel carcere di San Vittore (nella foto, il Santo Padre all'arrivo a San Vittore) che Francesco, senza parlare esplicitamente di misericordia, l'ha insegnata col suo esempio: "A nessuno posso dire che è in carcere perché se lo merita. Perché voi e non io? Il Signore ama me quanto voi, lo stesso Gesù è in voi e in me. Noi siamo fratelli peccatori".
E Khalid, giovane detenuto, trovatosi seduto di fronte a Francesco alla lunga tavolata del carcere, ha detto al Corriere della Sera d'aver provato un'emozione indescrivibile perché il Papa è una persona molto aperta e anche d'essere stato molto fortunato perché così ha potuto "scroccare" a Francesco metà della sua cotoletta. Chissà se è vero che l'ha "scroccata" o se è stato un gesto di Francesco di fronte a quel ragazzone che di cotolette ne avrebbe mangiate cento.... (più facile la seconda).
La cotoletta, icona della cucina milanese, è stata poi al centro di un divertente apologo diretto ai cresimandi raccolti nello stadio Meazza; nel racconto di Francesco la cotoletta è diventata simbolo di condivisione tra chi aveva da mangiare e chi non ne aveva. "La solidarietà è quella che costa, non quella che avanza", ha concluso il pontefice. Parole su cui riflettere a lungo e poi però agire.
Su come educare i figli nella fede, domanda posta da una coppia di genitori di cresimandi, Francesco ha ammonito che bisogna stare attenti perché "non ci sono solo parole" e "i bambini ci guardano", ha concluso citando l'omonimo film di Vittorio De Sica del 1943 (il cinema italiano di quegli anni del dopoguerra, ha detto Francesco andando indietro nella memoria, è stato anche "una perfetta catechesi per mostrare l'umanità"). Vero, come dimenticare la lezione del neorealismo con Ladri di bicicletteMiracolo a Milano  e altri titoli, l'intensa umanità di quei personaggi appartenenti a classi economicamente e anche moralmente disagiate, in lotta perenne con la sopravvivenza quando si affacciavano i primi cambiamenti nel tessuto sociale del Paese?
Nel saluto finale ai ragazzi della Cresima il Santo Padre si è detto preoccupato per la piaga del bullismo e dai ragazzi si è fatto promettere: "Bulli mai, e non permettete che avvenga attorno a voi!". Con questa promessa gridata dalle tribune di uno stadio più avvezzo a grandi partite di calcio che a raduni di fede, fatta in un tripudio di canti, coreografie e sventolio di sciarpe come bandiere, è finita la giornata milanese di Francesco.
Prima di andare allo stadio il Pontefice aveva celebrato la Messa nel parco di Monza, il momento liturgico della sua lunga giornata milanese. Qui, dell'omelia mi piace ricordare come ancora una volta il suo pensiero sia andato alle difficili condizioni di vita di molte famiglie. "Oggi tutto sembra ridursi a cifre lasciando, per altro verso, che la vita quotidiana in molte famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza". Quante volte Francesco ha richiamato l'importanza del lavoro che dà dignità alle persone e ha condannato gli abusi verso i lavoratori precari? Tantissime."Chi toglie lavoro fa un peccato gravissimo perché toglie dignità alla persona", aveva detto pochi giorni prima. Parole chiarissime che corrispondono all'applicazione del Vangelo. E, tornando all'omelia, ha indicato quali sono "le tre chiavi della gioia e della speranza: memoria contro le discriminazioni che seminano fratture e divisioni; appartenenza al grande popolo di Dio  che non ha paura di abbracciare i confini e accogliere chi ha bisogno; non rimanere prigionieri dei nostri miopi orizzonti".
Milano ha accolto papa Francesco col cuore. E Francesco l'ha ripagata col cuore ringraziando la città nel suo buffo dialetto simil-milanese: "Vi ringrazio cari milanesi. E' vero, a Milàn si riceve col cor in man". Grazie a te, Francesco, autentico "costruttore di ponti"!
Ricordo personale. Sono stata una delle componenti del gruppetto di volontari della SAMZ, la parrocchia di S. Antonio Maria Zaccaria (Matteo, Silvia, Luigi, Valentina, Lauretta e Simona. Purtroppo mancava la capogruppo Silvana, assente per influenza). Eravamo tra i 3.700 volontari della diocesi di Milano che hanno prestato servizio nelle strade attorno al carcere di San Vittore in appoggio alle forze dell'ordine e ai volontari della Protezione civile. Condividendo questa straordinaria e indimenticabile esperienza, tra i componenti della nostra squadra è stata subito amicizia. Grazie a tutti.



4 commenti:

Silvia Bozzini ha detto...

Grazie Valentina per come hai descritto Milano e interpretato la visita di Francesco.

Anna Martinelli ha detto...

Le tue riflessioni danno emozione. Si sente che c'eri in ogni senso. Ti dico i punti che mi hanno più colpita. "Milano con il cuore in mano" anch'io l'ho pensata come un incitamento a mantenere lo stesso cuore soprattutto quando il clima diventa ben diverso da quello festoso e le circostanze possono spegnere la generosità. Nello stesso senso mi sembra che vada la risposta data a don Gabriele: voi prendete il largo poi sarà il Signore a pensarci. Mi ricorda il "Non abbiate paura" di Giovanni Paolo II. Infine l'affermazione "Vengo da sacerdote". Io credo che con ciò abbia voluto affermare tutto il senso della sua visita. Valentina, quel che hai scritto ci dà abbondante materiale per un buon esame di coscienza.

Giovanna Tettamanzi, Anna Pizzati ha detto...

Grazie per questo contributo. Si capisce che è scritto col cuore.

Mariuccia Benetti ha detto...

Non sapevo che tu tenessi un blog. Ho letto l'articolo su papa Francesco e non solo. Ti seguirò anche in futuro.

Posta un commento