giovedì 12 gennaio 2017

Referendum art. 18. Perché la Consulta ha detto no

Risultato pressoché scontato: la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum per abrogare il nuovo art. 18 (quello contenuto nel Jobs Act, per intenderci, che ha sostituito il vecchio art. 18 dello Statuto dei Lavoratori) mentre ha dato il via libera alla consultazione per cancellare i voucher e a quella contro le limitazioni di responsabilità in materia di appalti.
Perché? Le motivazioni della Consulta si conosceranno solo tra un mese ma c'era da aspettarsi che la formulazione del quesito referendario sul nuovo art. 18 avrebbe prodotto il giudizio di inammissibilità da parte dei giudici costituzionali. La ragione è fin troppo semplice: per la nostra Costituzione i referendum possono solo essere abrogativi o di revisione costituzionale. La Cgil invece chiedeva non solo l'abrogazione del nuovo art. 18 (quindi che fosse ripristinato il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo) ma l'estensione del reintegro a tutte le aziende con più di cinque dipendenti (contro i 15 dipendenti stabiliti dallo Statuto dei Lavoratori).
La seconda parte del quesito, e non occorre essere dei giuristi, non aveva natura abrogativa ma propositiva. Certo, la Consulta avrebbe potuto respingere solo l'ultima parte del quesito, ma ha ritenuto di non farlo (per la cronaca, l'istituzione del referendum propositivo nel nostro ordinamento era contenuta nella legge di riforma costituzionale bocciata dagli elettori lo scorso 4 dicembre).



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