giovedì 25 novembre 2010

Studenti in rivolta. Si ricomincia....

Prima gli studenti inglesi. Il raddoppio delle tasse universitarie da 3 a 6 mila sterline mediamente, fino a un massimo di 9 mila sterline, ha scatenato la rabbia dei giovani contro il governo (straordinaria analogia con il '68 italiano esploso alla Cattolica di Milano nel novembre del 1967 a causa del raddoppio delle tasse di frequenza deciso dal CdA dell'ateneo nell'agosto dello stesso anno). Adesso, in molte città, la rivolta degli studenti e dei ricercatori italiani contro la riforma dell'università firmata dal ministro Mariastella Gelmini.
Nonostante la suggestiva somiglianza però quel che sta avvenendo non sarà un altro '68. Lo scenario è cambiato. Allora il Paese viveva ancora del benessere degli anni '60, quel "miracolo economico" arrivato dopo la fine della guerra e la ricostruzione. Oggi gli effetti di una delle più devastanti crisi economiche internazionali, cominciata due anni fa e per un anno e mezzo negata dal nostro governo, continuano a farsi sentire. Anche i protagonisti dei movimenti sono cambiati. Per esempio, le lotte studentesche di 4o anni fa per il diritto allo studio, la democrazia e "agibilità politica" dell'università erano combattute da studenti di estrazione per lo più borghese (ricordate il celebre articolo di Pasolini sul Corriere della Sera?) cui si aggiunsero gli operai, lavoratori rappresentati da un sindacato unitario e molto forte, che nell'"autunno caldo" si batterono insieme per conquistare garanzie, posti di lavoro che, una volta acquisiti, non era pensabile di poter perdere. Il lavoro era un diritto e in molti casi poteva perfino essere scelto fra diverse opportunità.
Oggi non è così. Oggi tra i giovani c'è la diffusa frustrazione e delusione di non poter, neppure dopo studi brillanti, stage, master all'estero eccetera, progettare il proprio futuro. Al lavoro che poteva garantire una vita dignitosa si è sostituito il lavoro low cost che fa tirare la cinghia. Molti giovani (ma anche quarantenni) sono costretti a farsi sfruttare in un call center o in un qualsiasi altro posto, nella galassia dei contratti atipici privi dei più elementari diritti. I meno sfortunati possono contare sul welfare familiare, ma nessuno può contare sulla solidarietà concreta di altri lavoratori, perché nessuno si sente sicuro nel suo posto di lavoro (ci sono sempre una ristrutturazione o una delocalizzazione che incombono). A complicare le cose, il sindacato, già indebolito e impreparato di fronte a sfide nuove, di recente si è pure diviso.
In queste condizioni è molto difficile che avvenga una saldatura tra studenti e lavoratori che dia il via a un movimento più ampio, capace di arrestare l'iter di una riforma universitaria unilaterale e sgradita a studenti e professori, e capace di arrestare l'emorragia dei diritti dei lavoratori. Per questo dimostrazioni come l'occupazione del Colosseo, la scalata della Torre di Pisa e la salita sui tetti di edifici pubblici e monumenti da parte dei nostri studenti e ricercatori rischiano di restare le spie di un malessere che, non curato, può solo diventare cronico e peggiorare la paralisi del nostro Paese.
Le domande dei giovani sono sacrosante. Tocca alla politica rispondere al più presto. Tocca al sindacato chiamare a raccolta tutti i lavoratori perché i diritti perduti non siano perduti per sempre. L'arrivo di una donna capace e determinata, come Susanna Camusso, alla guida della Cgil, è il miglior auspicio perché questo avvenga. Non sarà il '68, l'importante è che si ricominci a chiedere rispetto e dignità per le persone e il lavoro.

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