venerdì 24 giugno 2011

Napoli pattumiera. Berlusconi sta a guardare

L'immondizia di Napoli è responsabilità di tutti i governi che si sono succeduti. L'immondizia di Napoli che continua a crescere a dismisura è anche la metafora più efficace di quel che sta succedendo nel nostro Paese, travolto da scandali, malcostume, criminalità, malgoverno che rendono l'aria mefitica.
Smaltire una volta per tutte i rifiuti di Napoli non è solo indispensabile alla salute dei cittadini, ma sarebbe anche un buon modo per assecondare il vento nuovo che soffia. Ecco perché Berlusconi, tra l'altro sotto ricatto da parte della Lega, sta a guardare.

lunedì 20 giugno 2011

E' morto Lamberto Sechi, il mio maestro

Stamattina è morto Lamberto Sechi, maestro di giornalismo, il mio maestro.
Diventato direttore di Panorama nel 1965, Sechi trasformò il mensile mondadoriano nel primo newsmagazine italiano nel maggio del 1967 (ricordo che il primo numero del settimanale - era il primo, ma portava sotto la testata il numero 57 perché il nome non era cambiato - aveva un grande scoop in copertina, la foto impressionante del corpo in fiamme e della Ferrari accartocciata di Lorenzo Bandini, pilota italiano di Formula 1, che bruciavano sul circuito di Montecarlo, un'immagine spietata per la sua nitidezza e drammaticità).
Su Sechi e sugli anni passati a Panorama, prima come segretaria, poi come redattrice, potrei scrivere un libro. Qui voglio soprattutto ricordare un aspetto del suo modo di fare il giornale, ciò che ha fatto di lui il maggiore innovatore del linguaggio giornalistico.
La sua fonte d'ispirazione era il giornalismo anglosassone, dal quale aveva ripreso il motto "I fatti separati dalle opinioni". Guidò Panorama con autorevolezza e rigore (per la sua severità era molto temuto da redattori e collaboratori) fino alla fine degli anni '70 coniugando spesso il suo motto con una linea editoriale di sinistra moderata e schierandosi invece apertamente a favore delle battaglie per i diritti civili (divorzio, aborto); nel suo ufficio, dietro la scrivania, campeggiava una gigantografia di John Kennedy, eroe ancora senza macchia. Naturalmente sapeva benissimo che separare i fatti dalle opinioni era utopia, però lo sforzo di cercare con puntiglio la verità, di raccontarla in modo acritico, era il primo dovere di noi redattori.
"Io ho molti amici, Panorama non ne ha", era solito dire quando riceveva qualche pressione. Portò pienamente a termine l'incarico ricevuto dal vecchio editore Arnoldo Mondadori, che una volta gli aveva detto: "Lei pensi a fare un bel giornale. A venderlo ci penso io".
Con Sechi Panorama raggiunse risultati sorprendenti tanto da costringere l'eterno concorrente, L'Espresso, ad abbandonare il formato "lenzuolo" per adottare quello del newsmagazine, più pratico e più adatto alle nuove esigenze dei lettori, soprattutto dei giovani.
Sechi diresse Panorama fino al 1979, quando una rivolta in redazione, da lui vissuta come una "congiura dei suoi figli" (nata per una nomina interna al giornale che innescò una sorta di reazione a catena di rivendicazioni sindacali e di maggior autonomia professionale) lo costrinse a dimettersi. Diresse poi il quotidiano La Nuova Venezia, il settimanale L'Europeo e i periodici del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera.
Alla sua "scuola" si sono formati molti giornalisti (tra loro anche diversi futuri direttori). Non tutti docili nell'assumere il suo imprinting, anche perché Sechi, nemico giurato della scrittura creativa, pretendeva uno stile di scrittura omogeneo, asciutto, un non-stile, che doveva rendere impossibile riconoscere, mentre si leggeva, l'autore dell'articolo. Discutibile, ma questo era lo "stile Panorama", uno stile che ha rivoluzionato il modo di scrivere nei giornali togliendo al linguaggio orpelli, verbosità e pesantezza. Per il giornalismo di quegli anni fu una terapia d'urto, ma ci voleva. "Siamo noi a dover fare fatica nell'essere chiari, non chi legge": una specie di diktat.
Nella scrittura il periodo-tipo era molto elementare: soggetto, verbo, complemento, pochi aggettivi, vietato l'abuso di avverbi. "Ogni articolo, dalla politica all'economia, dalla scienza alla cultura, deve poter essere capito anche da Antonio Brambilla, terza media, Cinisello Balsamo" (non voleva certo escludere i giovani lettori del Centro-Sud; il fatto è che Panorama allora era più diffuso nel Nord).
L'attacco di un pezzo doveva essere sorprendente, meglio se un po' spiazzante, per incuriosire il lettore e trattenerlo nella lettura fino all'ultima riga. Anche i titoli di Panorama hanno fatto scuola: calembour, giochi di parole costruiti ispirandosi a titoli di libri, film, canzoni, modi di dire, una modalità di titolazione originale, di grande impatto, divertente finché non è diventata quel che non doveva essere: scontata e inflazionata.
La lotta ai luoghi comuni era un altro pallino di Sechi. Tra i suoi bersagli preferiti le espressioni "dal canto suo" e "un'apposita commissione". "Da quale canto volete che uno parli, agisca, pensi, se non dal canto suo?", tuonava nel lungo corridoio della redazione, all'ultimo piano della storica sede della Mondadori, in via Bianca di Savoia 2o. Oppure, "quando viene nominata una commissione per....eccetera, è chiaro che la commissione sia apposita, quindi l'aggettivo è inutile" e via di questo passo. Quanta rabbia, quanti pianti per l'attacco di un pezzo che non era mai come lui voleva.
Lamberto Sechi, mitico direttore e maestro, ha fatto piangere più volte anche me. Nel corso degli anni ho capito che nella maggior parte dei casi aveva ragione. Ciao direttore.

domenica 19 giugno 2011

Pontida: Bossi che abbaia non morde

Niente di nuovo sotto il sole di Pontida. Bossi ha bisogno di Berlusconi e Berlusconi ha bisogno di Bossi. Così i due compari, sempre più malandati (Bossi, lo dico con rispetto, a causa della malattia; Berlusconi sembra invecchiato di colpo di altri dieci anni, o forse è in ferie la sua truccatrice) continuano a sostenersi a vicenda in una sorta di perverso accanimento terapeutico mentre il Paese agonizza. Svegliati Italia!

sabato 18 giugno 2011

Grazie Santoro, ma quella tuta da operaio....

Davvero importante l'iniziativa di Michele Santoro ieri sera a Bologna, e anche una bella risposta al comportamento indegno del ministro Brunetta. "Tutti in piedi: entra il lavoro".
Grazie a Santoro per aver acceso una grande luce sul nostro problema più grave, un problema assolutamente ignorato, quando non vilipeso, dal governo "ad personam" del nostro Paese. Grazie a tutti coloro che hanno "testimoniato" il lavoro: i precari innanzi tutto, e a uno strepitoso Roberto Benigni ("Siete la parte migliore del Paese", "Non chiedetemi battute su Brunetta. Troppo facile, sarebbe come sparare sulla 'crocetta' rossa").
Però Santoro, la tuta da operaio la lasci a Cipputi e ai suoi compagni. Indossata da lei può suscitare ironie troppo facili e controproducenti che allontanano l'attenzione dal vero problema. Per quanto lei sia vicino alla loro causa, e lo ha dimostrato più volte in passato e adesso, lei non è un operaio.
Grazie Santoro per la bella iniziativa di Bologna.

Quell'arcobaleno nel cielo sopra Milano

Questo post avrei voluto scriverlo la sera del 30 maggio scorso. Un problema fisico al braccio e alla mano destra me l'ha impedito. Ormai sono state dette molte cose riguardo la strepitosa vittoria di Giuliano Pisapia, nuovo sindaco della mia città, ma voglio lo stesso esprimere la mia immensa felicità pubblicando, sia pure tre settimane dopo, la foto che mi ha inviato l'amico Giancarlo Guerrini Rocco, un'immagine che ha un forte valore simbolico: l'arcobaleno nel cielo di Milano dopo un violento nubifragio, un arcobaleno che abbraccia il Duomo e la città intorno, quasi a voler dire che da quel momento comincia un'altra vita per Milano.
Un augurio, e speriamo un presagio, anche per il nostro Paese.

mercoledì 15 giugno 2011

I precari, Brunetta, sono la nostra meglio gioventù

Il ministro Brunetta è indegno (eufemismo) del ruolo che ricopre. Ieri ha insultato i precari della Pubblica amministrazione definendoli "la parte peggiore del Paese" e si è sottratto vigliaccamente al confronto, insultando così tutti i quattro milioni di precari italiani, la nostra "meglio gioventù". Spero che il presidente Napolitano, sempre molto sensibile ai problemi delle generazioni senza futuro, alzi la voce. Brunetta deve essere sfiduciato subito. Licenziamo Brunetta.
Parafrasando una celebre (ancorché maleducata) battuta del padrone di Brunetta, mi viene da dire che "Brunetta è più alto che intelligente".
Anche l'on. Stracquadanio (Pdl) ha gettato benzina sul fuoco. Commentando le ragioni della sconfitta referendaria ha sostenuto che è colpa della rete e di quegli sfaccendati "che non hanno un cazzo da fare e passano le ore davanti al computer" (ma Internet non era una delle tre "i", con "Impresa" e "Inglese", che avrebbero dovuto rilanciare il nostri Paese dopo i guasti del centro-sinistra?).
Questa gente deve andare a casa, deve andare a casa, deve andare a casa........

domenica 12 giugno 2011

PER I LETTORI

Questo blog è fermo da circa tre settimane a causa di un problema fisico che mi impedisce materialmente di scrivere. Riprenderò appena possibile. Grazie