lunedì 31 ottobre 2011

Messaggio per Sacconi: la precarietà è violenza

Ancora il ministro Sacconi. Ancora lui. Con una mano lancia il sasso dell'allarme terrorismo, tanto per cercare di vanificare sul nascere le imminenti proteste organizzate da sindacati e lavoratori contro i licenziamenti "per ragioni economiche" promessi all'Europa. Nell'altra ha ben saldo nella mano il progetto di togliere altri diritti ai lavoratori, che sarebbero trooooooppo garantiti (vedi quelli della Fincantieri e delle molte altre aziende che scaricano su chi lavora la crisi del mercato e non si curano dell'incapacità dei loro dirigenti superpagati). Dice che con i licenziamenti si rilancia l'occupazione......
Poi annuncia l'interesse del governo per la proposta di legge (non perfetta ma perfettibile o, comunque, qualcosa meglio della precarietà selvaggia), sulla flexsecurity presentata due anni fa, ripeto due anni fa, dal giuslavorista e senatore Pd, Pietro Ichino. Dov'era il governo due anni fa? Che cosa faceva il Parlamento a maggioranza centro-destra due anni fa? In quali altre faccende private del premier erano tutti affaccendati?
Sacconi non conosce vergogna. Vuole denunciare il pericolo violenza e fa finta di non vedere che la precarietà è violenza, una violenza dalla quale le vittime non possono difendersi.
Sacconi viene dal socialismo riformista. Dio ci guardi da questi ex socialisti convertiti (venduti?) al potere del libero mercato senza regole.

domenica 30 ottobre 2011

Grazie Sandro. Monterosso non ti dimenticherà

Oggi, al largo di uno dei bracci di mare più belli delle Cinque Terre, Punta Mesco, è stato ritrovato dopo cinque giorni il corpo di Sandro Usai, 39 anni (qui in una foto di quand'era più giovane), sardo di nascita, monterossino d'adozione, volontario della Protezione civile, portato via dalla furia della massa di acqua, fango e detriti dopo aver messo in salvo alcune persone e mentre cercava di aprire i tombini del paese in un ultimo, estremo tentativo di affrontare quella terribile emergenza.
Sandro era sposato e aveva un bambino di otto anni. A Monterosso da una dozzina d'anni, Sandro era stato bagnino, poi barista e cameriere nei molti locali pubblici del paese. L'ho conosciuto nell'enoteca di una mia amica, tra un bicchiere di Vermentino e un bicchierino di Sciacchetrà. Saputo che avevo lavorato a L'Europeo, un giorno mi ha chiesto se potevo procurargli una copia arretrata della rivista, il numero sulla Fallaci mi pare. Quando gliel'ho portata voleva pagarmela.....
Che paese il nostro. Oltraggiato da chi ha l'arroganza del potere e salvato dalla dignità e dal cuore delle persone semplici. Grazie Sandro. Ciao.

Monterosso, la chiesa di San Giovanni

Oggi, domenica, il mio pensiero va alla bellissima chiesa di San Giovanni Battista, nel centro storico di Monterosso.

sabato 29 ottobre 2011

Una catena umana di solidarietà

Monterosso, il momento della solidarietà dopo la catastrofe. Al molo è attraccato un battello proveniente da La Spezia; una lunga catena di persone sbarca generi di prima necessità (foto di Davide Marcesini).

giovedì 27 ottobre 2011

Scarsa produttività: licenziamo subito Berlusconi!

Il fondatore del partito-azienda, premier del governo-azienda e del Paese-azienda deve essere assolutamente licenziato per scarsa produttività. In oltre tre anni di governo in cui si è dedicato esclusivamente alle intercettazioni, alle nipoti di Mubarak, al bunga bunga, al lodo Schifani, al lodo Alfano, alla prescrizione breve, al processo breve, al legittimo impedimento eccetera, il premier Berlusconi si è distinto per l'assoluta incapacità di governare, quindi di produrre quei beni (buona politica, buona amministrazione, occupazione, lotta all'evasione fiscale, alla mafia, alla corruzione, ai costi dei politici) di cui l'Italia ha bisogno per rilanciare la crescita. Un Paese che non cresce è un Paese nano, come è nana la statura politica di chi vorrebbe governarlo ma non ci riesce: se politicamente è nano, politicamente non ci arriva.
Utilizzando criteri aziendali, a maggior ragione ispirati al provvedimento sui licenziamenti facili promesso da Berlusconi all'Europa, il cavaliere dovrebbe essere licenziato in tronco, senza neppure il preavviso.
L'inettitudine e l'incapacità di Berlusconi a governare ha fatto sì che l'Europa il 24 ottobre perdesse la pazienza e gli imponesse, dopo il primo richiamo della Bce del 5 agosto scorso, di fare le indispensabili riforme strutturali (pensioni, mercato del lavoro - inteso anche come lotta alla precarietà -, giustizia, privatizzazioni) nel giro di 72 ore!
Il nostro, si sa, non ci è arrivato fino ad adesso; era impossibile pensare che di colpo diventasse il Superman di Palazzo Chigi (pardon, di Palazzo Grazioli, Arcore e Villa Certosa), così dopo aver detto che si sarebbe inventato qualcosa si è inventato la lettera d'intenti (parole, parole, parole) in cui ha scaricato sui lavoratori e le loro famiglie il maggior peso della crisi.
E' ora di finirla che a pagare per i problemi delle aziende siano sempre i lavoratori. Non sarebbe ora di licenziare qualche amministratore delegato? In primis l'amministratore delegato dell'Italia.

mercoledì 26 ottobre 2011

Monterosso: da dove ricominciare

Angelo Betta, il sindaco, ha detto ai microfoni dei giornalisti che Monterosso non c'è più. Un annuncio dettato dallo sconforto. Invece guardi meglio attorno, signor sindaco, e allunghi lo sguardo oltre le montagne di detriti e macerie che hanno invaso le piazzette, le strade, i caruggi della "perla delle Cinque Terre", la bellissima chiesa di San Giovanni, distrutto negozi, alberghi e altre attività legate al turismo e si sforzi di arrivare su su, in cima a via Roma, dove comincia o finisce (a seconda della direzione dello sguardo) il centro storico, quel borgo antico ferito dalla collina che non poteva più sopportare l'incuria dell'uomo, e da un diluvio d'acqua che l'ha spinta giù, verso il mare. Monterosso, pure in ginocchio, c'è ancora (nella foto, ruspe in piazza Garibaldi, davanti ai portici della canonica). Finita l'emergenza però si dovrà cercare di ricominciare, magari provando a trasformare questa tragedia in un'opportunità di rinascita vera. Bisogna assolutamente provarci.
Conosco Monterosso da quasi trent'anni. La preferisco d'inverno, quando è schiaffeggiata dalle mareggiate e pochi turisti infreddoliti la tengono accesa. Ho un rapporto d'amore/odio con questo bellissimo paese, quasi un presepe di case irregolari rosa o gialle con le persiane verdi, addossate le une alle altre, come a sorreggersi, luogo amato da poeti, musicisti e pittori, un tempo borgo marinaro e contadino, oggi "patrimonio dell'umanità" ma meta soprattutto di un turismo "mordi e fuggi" che, a lungo andare, in assenza di regole, ne metterà in pericolo la sopravvivenza.
Ho alcuni amici a Monterosso, ai quali per ora posso solo esprimere una grande solidarietà, una partecipazione vera al loro senso di sgomento e di annichilimento. Voglio andare ad abbracciarli al più presto. So che mi troverò davanti a uno scenario di distruzione che mi auguro non si ripeta più in alcun borgo irripetibile del nostro Paese.
Vedo scorrere sul mio computer le immagini del ribollire limaccioso e minaccioso dell'acqua marrone di fango che corre impetuosa verso la spiaggia: mi ricordano l'alluvione di Firenze (novembre 1966). E penso anche a Vernazza, l'altro borgo delle Cinque Terre colpito altrettanto duramente da questa tragedia, ai paesi della val di Vara e alla Lunigiana, terra che segna il confine tra Liguria e Toscana.
Per fermare o almeno rallentare quella corsa, lo sappiamo tutti, occorre una politica del territorio più seria e rispettosa. Lo scenario delle Cinque Terre è unico e fragile, autentico dono della natura, richiede protezione e amore (scenario ben descritto nel sito del giornale on line Linkiesta: www.linkiesta.it/alluvione-cinque-terre). Lo sappiamo tutti, ma chi dovrebbe vigilare e operare non lo fa.
Degli angoli di Monterosso amo soprattutto il molo, mi piace guardarmi intorno da lì, dove non riesco mai a leggere il libro che ho tra le mani perché gli occhi si alzano dalle pagine e scrutano il mare e l'orizzonte seguendo i pensieri, senza pensare. Peccato che le barche dei pescatori siano sempre meno mentre il numero dei battelli che da aprile a novembre attraccano ogni giorno cresca sempre di più. Da ogni battello sbarcano centinaia di "giornalieri" sciabattanti che sciamano nel centro storico seguendo un ombrellino plurilingue e poi, nelle due ore di tempo libero, affollano focaccerie, pizzerie, ristoranti menù turistico, enoteche, qui compri il pesto, i limoni, là il vino e le acciughe.
Quando ripartono, le casse dei commercianti sono piene e Monterosso non ha un bell'aspetto. Certo, l'attività economica ha le sue esigenze (perfino le cantine, in molti casi, sono state trasformate in abitazioni da vendere a caro prezzo; ovunque dilaga il business dei bed & breakfast), ma trascurando l'ambiente si finisce per far male anche all'economia. Occorre assolutamente trovare un punto d'equilibrio.
Ora c'è da lavorare duro per ricostruire. Per primo, e non lo dico io ma chi si intende di queste cose, bisognerebbe ripopolare la terra, riprendere a coltivarla perché solo accudendola la terra è amica e non si trasforma in pericoloso terriccio secco e franoso che, appena piove un po' di più, si lascia scivolare l'acqua addosso e precipita sui centri abitati e li travolge e sconvolge. E poi il turismo diventi davvero ecostenibile. A Monterosso le ultime abitazioni sono degli anni '60. Recentemente però è stato costruito al limite del centro storico un silo-parcheggio e un altro è in costruzione lì a fianco. Poi, che bisogno c'era di incastonare una piscina nel parco di un albergo a picco sul mare? Non basta certo l'obbligo di lasciar fuori le auto dal paese per dire che Monterosso rispetta l'ambiente. Certo, è meglio di niente, ma quel rispetto è un'altra cosa. Si ricominci da lì.

domenica 23 ottobre 2011

Sacconi, l'uomo dalla fronte inutilmente ampia

Qualche giorno fa, commentando la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma che condannava la Lega alla chiusura dei simil-ministeri di Monza per violazione della legge e delle regole sindacali, il ministro per lo smantellamento del Welfare, Maurizio Sacconi, ha dichiarato ad Alessandra Arachi del Corriere della Sera (20 ottobre) che quella sentenza era "creativa e opinabile", che "la giurisprudenza del lavoro, a lungo un'anomalia di questo Paese, oggi si è fortunatamente ridimensionata, anche se emergono ancora capacità creative che certo non aiutano l'evoluzione del nostro mercato del lavoro".
Il ministro Sacconi, sempre più impegnato a smantellare i diritti dei lavoratori, non perde occasione di attribuirsene anche subdolamente il merito (dal mio punto di vista, il demerito), e di vantarsi di ciò di cui si dovrebbe vergognare.
Sacconi mi ricorda un suo collega ministro della Prima Repubblica, Mario Tanassi (socialdemocratico, coinvolto in alcuni scandali tra cui quello della Lockheed), bersaglio del sarcasmo molto pungente di Mario Melloni, detto Fortebraccio, mitico corsivista de l'Unità negli anni dal 1967 al 1982, che di lui scrisse, tra l'altro: "E' arrivata un'auto blu. Non è sceso nessuno. Era Tanassi". Oppure, Tanassi, "l'uomo dalla fronte inutilmente ampia". Come Sacconi.

mercoledì 19 ottobre 2011

Quel che Pisapia può fare per i precari

Oggi ho scritto questa lettera a Giuliano Pisapia, sindaco di Milano.
Caro sindaco Giuliano, apprezzo quel che il comune di Milano ha deliberato in materia di agevolazioni Atm.
Credo tuttavia che Milano abbia perso una buona occasione (spero che si possa rimediare) per dare un esempio di civiltà e di giustizia sociale. Mi spiego meglio.
Ho letto nel sito dell'Atm che aziende, università, ospedali, ministeri, banche, assicurazioni, enti pubblici possono acquistare abbonamenti annuali per i propri dipendenti a condizioni particolarmente favorevoli.
Perché a queste agevolazioni non sono ammessi, a maggior ragione, i precari? Precari che, nella quasi totalità dei casi, sono vittime di abusi contrattuali e non godono di tutele sindacali. Precari che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti senza avere alcun riconoscimento o garanzia (niente Tfr, pensione chissà, indennità di malattia solo in caso di ricovero e, per le donne, maternità uguale licenziamento).
Sarebbe anche il momento di far seguire a inascoltati richiami di alcune istituzioni e a generiche parole di solidarietà per i precari giovani e meno giovani, un'azione concreta.
Milano è stata sempre il maggior centro produttivo del Paese. Se il comune di Milano, per esempio, cominciasse con l'estendere le agevolazioni tariffarie Atm per lavoratori dipendenti anche ai precari, sarebbe un primo, importantissimo segnale e riconoscimento per tutti quei cittadini che, allo stato attuale, non hanno diritto al futuro. E magari quest'iniziativa potrebbe fare da apripista per altri provvedimenti concreti che riequilibrino almeno un po' certe profonde disuguaglianze sociali che tolgono dignità alla persona e al lavoro.
Grazie per l'attenzione. Con i migliori auguri di buon lavoro.
Valentina Strada, Milano.

giovedì 13 ottobre 2011

Chi pensa al futuro dell'Italia?

Berlusconi, manifestando un certo malumore per la situazione critica del governo e della maggioranza, ha detto ai suoi: "Senza di me non avete futuro" (dal Corriere della Sera di oggi). E al futuro dell'Italia e delle nuove generazioni chi pensa?

domenica 9 ottobre 2011

Un mondo migliore se governassero le donne

Il mito della guerra non appartiene alle donne. Non è quindi un caso che il premio Nobel per la pace sia stato assegnato a tre di loro, donne speciali e straordinarie (dai nomi difficilissimi che cerco di trascrivere correttamente): Tawakkol Karman, attivista yemenita impegnata contro il regime di Saleh e nella difesa dei diritti delle donne; Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, prima donna a ricoprire questa carica in Africa, che persegue la promozione sociale delle liberiane come obiettivo principale del suo mandato; Leymah Gbowee, liberiana anche lei, pacifista che ha operato a lungo nel suo Paese, poi nella Repubblica democratica del Congo e oggi in Costa d'Avorio.
Il mondo sarebbe davvero migliore se governassero le donne.

giovedì 6 ottobre 2011

Che cosa devono fare i giornalisti

Questa mattina sono stata al Convegno "Il futuro del giornalismo: Etica e professione" organizzato all'Università degli Studi di Milano dall'Ordine regionale dei giornalisti della Lombardia.
Tra tutte le importanti riflessioni e argomentazioni portate dai relatori, ciò che mi ha colpito di più è stata una frase pronunciata dal direttore dell'Avvenire, Marco Tarquinio, quando ha detto che "i giornalisti devono diventare il cane da guardia di ogni persona umana e dei suoi diritti inviolabili". Quanta umanità e giustizia in questo messaggio...

martedì 4 ottobre 2011

Il lavoro torni al primo posto

Per rendere giustizia alle cinque vittime del crollo di Barletta bisogna restituire con urgenza al lavoro la dignità e il valore che una politica e una finanza dissennate gli hanno sottratto.

sabato 1 ottobre 2011

L'antipolitica non è Della Valle

Chi ha paura di Diego Della Valle? Istintivamente credo che l'imprenditore marchigiano abbia voluto dire proprio quel che ha detto quando, nella lettera pubblicata oggi a tutta pagina su alcuni quotidiani, chiede tout court alla cattiva politica di andarsene per far posto alla buona politica. Non c'è da scandalizzarsi, Della Valle dice quel che pensa la maggior parte degli italiani.
Giusto però anche il richiamo del presidente Napolitano a guardarsi dall'antipolitica perché diciassette anni fa l'antipolitica ha generato proprio Berlusconi e i suoi governi, che da allora si sono presi cura degli interessi personali del cavaliere anziché di quelli del Paese.
Proprio per aver negato la crisi fino a quando, dopo aver sparso falso ottimismo, il rischio di bancarotta si è manifestato in tutta la sua gravità, il governo Berlusconi si è dimostrato assolutamente incapace di governare.
Più che la lettera di Della Valle avrebbe dovuto far male al premier e ai suoi collaboratori la lettera della Bce; quella sì ha rappresentato qualcosa di cui il governo avrebbe dovuto dolersi, oltre che vergognarsi. Vista l'incapacità e l'incompetenza dimostrate dal governo, la Banca centrale europea ha sentito infatti la necessità di dettarne l'agenda. Una ferita sì, ma necessaria per porre un argine all'incapacità conclamata di Berlusconi and company.