venerdì 27 gennaio 2017

"Inciampare" nella Shoah per non dimenticare

Mano nella mano per ricordare l'Olocausto. Domani a Milano alle ore 15 si formerà una lunga catena umana da via Plinio 20 al Binario 21 del Memoriale della Shoah, per difendere le "pietre d'inciampo" incastonate nel marciapiede o nel selciato davanti al portone d'ingresso delle case dove abitavano gli ebrei milanesi deportati nei lager nazisti.
L'idea di queste pietre, opera dell'artista tedesco Gunter Demnig che le ha realizzate più di vent'anni fa, è quella di creare una sorta di "museo diffuso" che in Europa e tutti i Paesi dell'Est  ricordi coloro che hanno perso la vita nei campi di sterminio a causa della follia nazista.
Una di queste pietre deposte a Milano pochi giorni fa, quella in memoria di Dante Coen (nella foto), è stata imbrattata da vandali non ancora identificati proprio in via Plinio 20, da dove partirà la manifestazione di domani.
Le "pietre d'inciampo" sono piccole targhe di ottone con inciso il nome di chi è stato arrestato, l'anno di nascita e la data di morte in campo di concentramento; loro scopo è quello di ridare un'identità a vittime spogliate anche della loro individualità, ridotte a un numero marchiato sulla pelle, e di far riflettere chiunque vi si imbatta.
Le prime "pietre d'inciampo" che ho incontrato sul mio cammino le ho trovate in molte vie di Berlino e sono rimaste impresse nella mia memoria. Come impresse resteranno quelle collocate di recente nella mia Milano. Abbiamo tutti il dovere di non dimenticare.

giovedì 12 gennaio 2017

Referendum art. 18. Perché la Consulta ha detto no

Risultato pressoché scontato: la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum per abrogare il nuovo art. 18 (quello contenuto nel Jobs Act, per intenderci, che ha sostituito il vecchio art. 18 dello Statuto dei Lavoratori) mentre ha dato il via libera alla consultazione per cancellare i voucher e a quella contro le limitazioni di responsabilità in materia di appalti.
Perché? Le motivazioni della Consulta si conosceranno solo tra un mese ma c'era da aspettarsi che la formulazione del quesito referendario sul nuovo art. 18 avrebbe prodotto il giudizio di inammissibilità da parte dei giudici costituzionali. La ragione è fin troppo semplice: per la nostra Costituzione i referendum possono solo essere abrogativi o di revisione costituzionale. La Cgil invece chiedeva non solo l'abrogazione del nuovo art. 18 (quindi che fosse ripristinato il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo) ma l'estensione del reintegro a tutte le aziende con più di cinque dipendenti (contro i 15 dipendenti stabiliti dallo Statuto dei Lavoratori).
La seconda parte del quesito, e non occorre essere dei giuristi, non aveva natura abrogativa ma propositiva. Certo, la Consulta avrebbe potuto respingere solo l'ultima parte del quesito, ma ha ritenuto di non farlo (per la cronaca, l'istituzione del referendum propositivo nel nostro ordinamento era contenuta nella legge di riforma costituzionale bocciata dagli elettori lo scorso 4 dicembre).