sabato 29 gennaio 2011

Sei morti sul lavoro. Morti chi?

Giovedì 27 gennaio, in un solo giorno, la cronaca ha registrato sei morti sul lavoro. Ho letto questa notizia sul Corriere della Sera del 28 gennaio. Un trafiletto di pochissime righe a pagina 29 in cui non hanno trovato spazio neppure i loro nomi, ma solo le località dove sono avvenuti gli incidenti mortali. Ho fatto una ricerca negli archivi telematici dei giornali: nessuno ha scritto almeno come si chiamavano le vittime. Morti senza nome. Così si dimenticano prima.
Ci si abitua a tutto. Forse era solo una mera questione di spazio. Chissà. Ma non si fa. L'assuefazione all'orrore e all'ingiustizia è indegna di un Paese che ha una Costituzione come la nostra.

Il card. Tettamanzi: "Non rassegniamoci"

"Mi domando se viviamo in tempi in cui si possano definire 'normali' alcuni stili che riscontriamo in diversi ambiti della vita sociale. In politica, per esempio, da tempo non sono in discussione i temi che dovrebbero realizzare il bene comune adesso, in questo delicato frangente storico, dentro questa congiuntura economica segnata pesantemente dalla crisi".
E ancora. "Dai mezzi di comunicazione emerge una classe politica che tende a mettere al centro della propria azione le vicende personali dei suoi più diversi protagonisti. Certo, nessuno chiede di tacere episodi, fatti, denunce, indagini che riguardano quanti sono chiamati ad animare e a guidare il Paese e dai quali tutti attendono esemplarità, nel pubblico e nel privato. Ma, mi domando: giornali e tv contribuiscono davvero a costruire e a promuovere la pubblica opinione quando si lasciano contagiare dal clima avvelenato e violento causato da una politica che dimentica o sottovaluta i bisogni reali e concreti delle persone?".
Queste sono due tra le riflessioni proposte dal cardinale Dionigi Tettamanzi stamattina durante l'incontro con i giornalisti presso l'Istituto dei Ciechi di Milano, in occasione della festa del loro patrono, San Francesco di Sales. Tema dell'incontro: "Faremo (ancora) notizia. La verità, via per la vita, e il futuro dell'informazione". Ad animare l'incontro hanno provveduto gli interventi di alcuni relatori: Chiara Pelizzoni, dell'agenzia televisiva H24; Enrico Mentana, direttore del Tg La7 ("Abbiamo il problema di essere mediatori credibili"); Mario Calabresi, direttore de La Stampa ("Nel flusso dell'informazione la scelta delle notizie è un compito delicato") ; Marco Tarquinio, direttore di Avvenire ("Gli strumenti di comunicazione ecclesiali non sono spazi protetti destinati solo ai fedeli, ma un contributo insostituibile al processo di formazione dell'opinione pubblica"); don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana ("Per fare buona informazione bisogna ricominciare a raccontare la vita di tutti i giorni: famiglia, povertà, disoccupazione, scuola, giovani, integrazione immigrati, convivenza civile della società multietnica. Senza attitudine a raccontare con onestà intellettuale, meglio non fare i giornalisti").
Il contributo offerto dall'arcivescovo di Milano è partito dalla sua personale esperienza di cittadino utente dei media, di cristiano, di vescovo ed è stato articolato in tre punti: gli effetti che l'attuale stile della comunicazione ha sulla vita delle persone; che cosa significhi raccontare secondo verità la vita dei cittadini; infine qual è il contributo che tutti dobbiamo dare per sospingere il Paese fuori dalla situazione difficile e critica in cui si trova. Certo, è la sintesi del suo intervento, i mezzi di comunicazione non aiutano quando presentano un Paese in preda a un litigio isterico permanente oppure esasperano e drammatizzano le notizie ("Se ogni pioggia è un diluvio, tutti gli immigrati sono delinquenti, ogni politico è corrotto, ogni influenza è pandemia.....") raffigurando la realtà in modo fuorviante. C'è anche chi, davanti a ciò che viene così presentato, rimane quasi anestetizzato, assuefatto e ritiene che sia reale solo ciò che può controllare materialmente.
A causa di un'eccessiva esibizione del privato, che va anche oltre l'intimità delle persone, un privato spesso stereotipato, caricaturale, grottesco o patologico (se fosse normale non sarebbe interessante mostrarlo), si diffonde l'idea malsana del "così fan tutti" e le persone, anziché fare uno scatto in avanti e differenziarsi con sano orgoglio da quei comportamenti, sono indotte a rassegnarsi alla proprie debolezze.
Lo sviluppo dell'informazione nel momento in cui, soprattutto grazie a tecnologie sempre più avanzate e ai social network, si moltiplicano le tipologie di "giornalismi", può anche presentare rischi. Un pericolo, per esempio, può essere quello di dare una notizia, un fatto, isolandolo dal suo contesto. Nel suo intervento, l'arcivescovo ha sottolineato come compito del giornalista sia quello di "testimoniare la verità inserendo i fatti della realtà in un più ampio contesto (...) La realtà non può essere utilizzata come una cava di pietre da saccheggiare per costruire a nostro piacere un orizzonte di senso preordinato, aprioristico. Purtroppo pare proprio questo uno degli stili dominanti dell'informazione, specie in politica (...) Rispetto ai fatti della cronaca c'è un 'oltre' verso il quale dobbiamo aiutare lettori e spettatori ad alzare lo sguardo. Di questo abbiamo bisogno. Di questo ha bisogno il Paese. La politica pare che stia abdicando a questa responsabilità: non lo deve fare chi vuole essere un comunicatore veramente libero, chi vuole essere giornalista responsabile".
Allora, da dove ripartire?, si chiede il cardinale. E la sua risposta è: "Ci sono modelli alternativi di vita da raccontare. Ci sono persone e comunità che attendono di essere narrate perché hanno intuizioni, progettano, studiano, lavorano, conseguono successi. Mostriamo l'azione di quanti operano per uscire dalla crisi morale, sociale, economica, politica. Mostriamo la loro volontà, la loro passione, la forza, la generosità: atteggiamenti quotidiani ma che diventano straordinari in un momento in cui l'ordinario pare essere sempre più l'egoismo, l'avidità, le scorciatoie, la corruzione, l'immoralità.....". Continua l'arcivescovo: "Non serve creare ingenue rubriche di buone notizie, ma recuperare passione per la vita reale della gente, aiutarla a ripartire, sostenerla nel suo darsi da fare.... La passione vi sia da guida nel lavoro: sarete così immunizzati dalla tentazione di perdervi nel racconto delle banalità che altri potranno usare per distrarre il Paese dalla necessaria presa di consapevolezza dei propri mali. Siamo in una situazione di crisi: assumiamoci per primi il compito di fare qualcosa per uscirne. Aiutiamo la gente a reagire alla depressione e all'immoralità, stimoliamola a desiderare un Paese migliore, mostrando che è possibile costruirlo ed evidenziando chi già lavora per un futuro migliore. Dunque, non rassegniamoci!".
L'autorevolezza morale con cui l'arcivescovo di Milano sa dialogare, farsi ascoltare e accettare da cristiani, non cristiani e atei è un patrimonio di tutti davvero molto prezioso in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. Una autorevolezza fortemente percepita da tutto il pubblico presente all'incontro.

giovedì 27 gennaio 2011

Oggi è la Giornata della Memoria

"Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla perché non ero ebreo.
Poi vennero per i comunisti
e io non dissi nulla perché non ero comunista.
Poi vennero per i sindacalisti
e io non dissi nulla perché non ero sindacalista.
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa".
Martin Niemoeller, pastore evangelico deportato a Dachau.

Se fossimo un Paese normale

Il presidente della Camera ha chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio. Il ministro per la Giustizia si è riunito con gli avvocati, onorevoli, del collegio di difesa del presidente del Consiglio per mettere a punto la linea difensiva del premier da adottare davanti ai magistrati.
Due anomalie da sanare, se fossimo un Paese normale, con le dimissioni immediate di Fini, Berlusconi e Alfano.
Ma non siamo un paese normale.

mercoledì 26 gennaio 2011

Precari di tutta Italia, mandategli il curriculum

Durante la vergognosa incursione/aggressione televisiva di Berlusconi in chiusura de L'infedele di lunedì scorso (24 gennaio) su La7, il premier, dopo aver coperto d'insulti il programma, il conduttore Gad Lerner e le donne che partecipavano al dibattito, ha sciorinato il fantastico curriculum di Nicole Minetti, la consigliera regionale Pdl al centro dello scandalo di Arcore come procacciatrice di "carne fresca" (per usare un'espressione di Iva Zanicchi, indulgente verso le debolezze del Cavaliere).
"Nicole Minetti è una splendida persona, intelligente, preparata, seria. E' laureata col massimo dei voti, 110 e lode, si è pagata gli studi lavorando, è di madrelingua inglese (sic) e svolge un importante e apprezzato lavoro con gli ospiti internazionali della Regione", ha tuonato con rabbia Berlusconi.
Ecco la mia proposta: precari di tutta Italia, unitevi e mandate ciascuno il vostro curriculum a Berlusconi, ad Arcore, subissate Villa San Martino con curricula pieni di brillanti percorsi di studi senza scorciatoie (soprattutto quelli di voi che hanno imparato bene l'inglese a prezzo di duri e costosi sacrifici in scuole di lingue o all'estero facciano valere il loro merito).
Dicono che Berlusconi sia generoso con chi ha bisogno, perché non dovrebbe essere disponibile con voi, popolo di sfruttati, di senza diritti e senza futuro? In fondo, senza sborsare un euro di tasca propria (vero ragionier Spinelli?), potrebbe emanare subito un decreto legge salva-precari che ponga fine a evidenti abusi di certe aziende, in attesa di una giusta legge del Parlamento che metta ordine nella giungla del mercato del lavoro atipico.

martedì 25 gennaio 2011

Gifuni/Pasolini e l'applauso di Veronica

"Sostenere che c'è un complotto ci libera dal peso di affrontare la realtà", ma anche "La Chiesa dovrebbe passare all'opposizione per riconquistare fedeli". Due affermazioni, tra le tante, per riflettere. Le ha pronunciate un modernissimo Pasolini per bocca dell'attore Fabrizio Gifuni (nella foto, dallo spettacolo 'Na specie de cadavere lunghissimo, monologo magistralmente interpretato da Gifuni, regia di Giuseppe Bertolucci, testo di Giorgio Somavico, recentemente andato in scena al teatro Parenti di Milano). Pasolini è stato ucciso brutalmente nel 1975, quando il dominio assoluto della tv, il suo appropriarsi del cervello delle persone era lontano ancora vent'anni. Eppure lo scrittore-poeta-regista-giornalista già allora ne aveva intuito le dirompenti potenzialità distruttive. Pasolini aveva previsto lo scenario da basso Impero in cui viviamo da metà degli anni '90.
So di dire nulla di nuovo riferendomi alla lungimiranza di uno degli intellettuali italiani più discussi e amati. Tuttavia, sabato scorso (22 gennaio), in platea con la mia famiglia ad applaudire la bravura di Gifuni/Pasolini, d'un tratto ho visto sulla nostra stessa fila di posti due signore composte ed eleganti: Veronica Lario con un'amica. L'ex signora Berlusconi ha applaudito Gifuni con convinzione e con forza, come tutti gli altri spettatori, sottolineando così ancora una volta l'abisso che separa lei, e tutti gli altri spettatori (nonché gran parte degli italiani), dal malato che dovrebbe governarci e che tiene in scacco un intero Paese.

venerdì 21 gennaio 2011

La sottosegretaria Casellati gioca in difesa

Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia, in questi giorni sta facendo un tour de force nei salotti televisivi, che le renderà certamente merito, nel disperato tentativo di difendere l'Indifendibile,
Ha cominciato con scarso successo qualche sera fa, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, facendosi brutalizzare dagli argomenti inappuntabili di Massimo Cacciari, imbattibile in un contraddittorio senza storia. Ieri sera, a Lineanotte, programma d'informazione che va in onda da mezzanotte all'una su Rai3, mi ha quasi commosso quando ha raccontato d'aver visto personalmente quanto è generoso Berlusconi con le persone bisognose che gli chiedono aiuto: "Una volta", ha ricordato la Casellati, "a una vecchina sdentata che gli si era avvicinata in una piazza dicendogli che non poteva permettersi una dentiera, il cavaliere ha dato subito il denaro che le serviva per la protesi". Morale: quindi il Cavaliere non aiuta solo le belle ragazze. Pensionati di tutta Italia fatevi sotto!
Dopo le ore piccole di ieri notte, stamattina all'alba la Casellati, con le occhiaie malcelate da un trucco pesante, era già in piedi per partecipare al dibattito di Omnibus (dalle 7 alle 9.30 su La7). Alla sua sinistra era seduta Livia Turco, una presenza che la infastidiva molto per i sermoncini della "maestrina rossa" del Pd. A un certo punto, dopo aver esclamato che Berlusconi è tanto generoso (aridaie) da aiutare anche le "brutte", la Casellati, rivolta alla Turco, ha sbraitato: "Proprio voi che per anni avete vi siete riempiti la bocca con la libertà sessuale.....eccetera". Ecco, mi sono detta, adesso viene fuori che i festini di Arcore sono colpa del Sessantotto.
Povera Italia. Dopo Gomorra, ci mancava Sodoma.

lunedì 17 gennaio 2011

Dall'harem di Silvio

Due piccole sottolineature nel gran casino (è la parola più appropriata) sollevato dal "caso Ruby Rubacuori". Nell'imbarazzante tentativo di prendere le distanze dallo scandalo che gli è scoppiato addosso, Berlusconi ha detto: "Ho avuto con una donna un rapporto stabile dopo la separazione da Veronica". Subito è partito il toto-fidanzata. Ovvio da un punto di vista mediatico, ma un po' fuori tempo, se Berlusconi intendeva proprio esprimersi al passato. Il premier infatti non ha detto "ho un rapporto stabile", ha detto "ho avuto": è un po' diverso. Le interpretazione possono essere due: "ho avuto" può significare che terreno è libero per tutte le galline che vogliono razzolare nel suo pollaio. Uhm...... Oppure, più probabile, "ho avuto" vuol dire semplicemente che quel rapporto non esiste. Quindi non c'è alcuna fidanzata.
Una volta in moto però, il toto-fidanzata ha offerto alcuni pronostici. Tra i nomi delle presunte dame è saltato fuori anche quello di Francesca Pascale, 25 anni, consigliere provinciale del Pdl di Napoli, ex velina a Telecafone, animatrice del club "Silvio ci manchi". Interpellata dai giornali, la bionda signorina Pascale ha risposto: "Purtroppo no. Magari fossi io la prescelta dal nostro grande e bellissimo Cavaliere.....". Ha detto "prescelta", come lo sono le favorite del sultano in un harem. Rileggere la lettera di Veronica a Repubblica del 31 gennaio 2007.
Meglio farsi governare da un "vecchio porco che tocca il sedere alle donne", ha sintetizzato sbrigativamente Maurizio Belpietro su Libero, "piuttosto che da un giovane ipocrita come Fini".
Grazie, insieme a gran parte di questo Paese farei volentieri a meno di tutti e due.

sabato 15 gennaio 2011

Adesso tocca a Marchionne

A Mirafiori hanno prevalso i Sì con il 54%. Prevalso, non vinto. Perdere diritti non è una vittoria. Penso con grande rispetto a tutti quei Sì messi nell'urna sotto minaccia di perdere il posto di lavoro. Penso con commozione a quanti, soprattutto addetti alle catene di montaggio, hanno votato No.
Adesso tocca a Marchionne mantenere le sue promesse di investimenti. Tocca anche al governo, grande assente dalla scena di questa vertenza (ma paradossalmente grande sponsor dell'ad Marchionne), e naturalmente a tutta la classe politica, sorvegliare che ciò avvenga. Ma mi preparo anche a qualche altro giochetto di prestigio del mago di Detroit/Torino e mi preoccupo.

venerdì 14 gennaio 2011

Il cielo sopra Torino (di Marco Brando)

Alla Fiat Mirafiori di Torino oggi si sta votando per decidere se l'accordo firmato da tutti i sindacati (a parte Fiom Cgil e Cobas) piace a oltre 5mila operai: qualche soldo in più in busta paga e la "salvezza della fabbrica" in cambio di meno pause, più ore di lavoro, più controlli, meno spazi sindacali.
Forse di questi tempi è giusto. Forse no. Ma non è questo che voglio scrivere: oltre tutto, anche se ho le mie idee, richiederebbe molto spazio. Però voglio dire che ieri mi ha colpito un anziano operaio. Intervistato in tv, ha detto a viso aperto: "Io sono vecchio, ma voterò 'No'. Tra un anno me ne andrò in pensione, ma non voglio contribuire a lasciare ai giovani una brutta cosa". Non si è nascosto, si è esposto per esprimere la solidarietà sua e, indirettamente, della vecchia classe operaia.
Oggi il termine solidarietà sembra quasi superato. Ancor più nel mondo del lavoro, frammentato dai contratti a termine e dalla crisi del sindacato. I giovani lavoratori (già fortunati se si considera che un ragazzo su cinque è disoccupato) sempre più spesso hanno contratti a termine e quindi sono quasi sempre preoccupati per il futuro e facilmente ricattabili.
Però la testimonianza di quell'anziano lavoratore mi ha davvero colpito. E mi ha fatto riflettere sul ruolo che la classe operaia per molti decenni ha avuto in Italia (a prescindere dal vecchio Pci); tra gli operai la solidarietà, l'etica e l'orgoglio del lavoro, la coscienza di classe (come si diceva una volta) sono stati uno dei principali pilastri su cui si è retto anche il tessuto morale di questo disgraziato Paese, dai sentimenti così volatili.
Ora quel pilastro non c'è quasi più, qualcosa regge ma senza architravi importanti. Si sta costruendo una società in cui la prepotenza, il narcisismo, l'egocentrismo dovrebbero essere le "forze vitali": la "non solidarietà" trasformata in ideologia, insomma.
Qualcuno dirà che la fine della classe operaia è scritta e inevitabile; può darsi, la Storia ci insegna che la società muta e cambiano anche le forze sociali in campo. Però io spero che nascano alternative che offrano alla nostra società (italiana e non solo) la possibilità di riscoprire l'orgoglio di una comunità, unica strada per trovare la forza di andare avanti anche nei momenti più difficili.
E mentre scrivo queste parole penso a mia madre, operaia tra gli anni Sessanta e Settanta, morta di fabbrica: ricordo che ero piccolo, lei tornava a casa la sera e mi dava un bacio. I suoi abiti da lavoro emanavano un odore di metallo. Mi stringeva. E ogni tanto sentivo le punture delle piccole schegge di ottone che le rimanevano conficcate nella pelle delle mani. Per Natale il padrone regalava uno scatolone con panettone, pelati, torrone. Lai lavorava anche il sabato. Le sirene delle vicine fabbriche scandivano la giornata anche per chi stava fuori: inizio lavoro, pause, fine lavoro.
Dopo il varo dello Statuto dei Lavoratori nel 1970 (ora lo stanno trasformando in una scatola vuota), le condizioni migliorarono. Peccato che nella fabbrica di mia madre si usasse l'amianto e quando lei si ammalò l'asbestosi non era neppure considerata una malattia professionale. Se n'è andata nel 1976. Io avevo 18 anni.
Dedico queste considerazioni a lei e a tutti gli operai del mondo.
(Dal blog di Marco Brando, professionereporter.splinder.com - Nella foto, il manifesto del film "La classe operaia va in paradiso", di Elio Petri, con Gian Maria Volonté, 1972).

I doveri di Sacconi

Mentre è in corso l'illegittimo referendum tra i lavoratori di Mirafiori sul quesito se accettare o respingere il ricatto di Marchionne, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha perso una buona occasione per tacere.
Si può non essere d'accordo con la protesta della Fiom, si può concedere ai lavoratori il diritto ad avere paura, si può pensare che tanto ormai la classe operaia non ha più ragion d'essere nel mondo globale delle crisi globali eccetera..... Ma dire quel che ha detto Sacconi, no. Reiterare, a urne aperte, la minaccia per i dipendenti Fiat di perdere il lavoro in caso di vittoria del No, non si fa.
Se vincesse il No, egregio signor ministro, lei e il governo cui appartiene avreste il dovere di intervenire per trattenere la Fiat dal portare a termine il suo progetto, in nome di quel che ancora di buono esiste in questo Paese: la dignità dei cittadini che vivono solo del proprio lavoro. Lei, Sacconi, avrebbe anche il dovere di chiedere a Marchionne il contenuto del suo piano industriale, avrebbe il dovere di mediare tra l'azienda e le parti sociali. Che cosa avverrebbe a Mirafiori in caso di vittoria del Sì? Siamo sicuri, per esempio, che una produzione andata/ritorno, tra Detroit e Torino, di inquinanti Suv targati Chrysler/Fiat, sia proprio un progetto in linea con uno sviluppo eco-compatibile del nostro Paese?
Sacconi, lei è il ministro del Welfare. Lei ha dei doveri.

giovedì 13 gennaio 2011

Legittimo impedimento: una vittoria di Pirro

La parziale bocciatura delle legge sul legittimo impedimento da parte della Corte Costituzionale, se è vera (per ora si tratta di un'anticipazione dell'Ansa), per chi vorrebbe che la legge uguale per tutti valesse anche per Berlusconi, di primo acchito ha più l'aria di una vittoria di Pirro. In sostanza, la Consulta con la sua decisione demanda alla magistratura di valutare le ragioni che impedirebbero la presenza del premier in aula, anzi in questo spirito auspica addirittura una maggiore e leale collaborazione tra magistratura e governo (!).
Nel pieno rispetto della suprema corte, mi chiedo però dove vivano questi giudici. Quali altri insulti ai magistrati si vuole che Berlusconi pronunci per convincersi che non esistono premesse per questa collaborazione?
Comunque il collegio di difesa del premier (pagato dai cittadini, essendo stati tutti questi avvocati preventivamente eletti in Parlamento - anche questa è cosa assai "strana") è certamente già al lavoro per studiare nuove scappatoie per sottrarre il premier alle aule dei tribunali. Certamente il premier viaggerà di più. E poi, dietro l'angolo, si sono anche le prescrizioni....

mercoledì 12 gennaio 2011

Economia e lavoro: due spunti per riflettere

"La flessibilità, quando è a buon prezzo e se ne può abusare, può scappare di mano. Quando invece costa di più di qualcuno che è fisso, si ragiona su come utilizzarla". (Bruno Manghi, sociologo e ex sindacalista Cisl su Repubblica dell'11 gennaio 2011).
"In Italia la competitività è crollata e l'economia è rimasta ferma per incapacità manageriali e politiche. Il Paese è in ritardo di dieci anni. Suggerisco ai sindacati di collaborare nell'opera complessiva di recupero delle posizioni per salvare i posti di lavoro e rilanciare l'economia. Come contropartita, ai sindacati dovrebbe essere data una corresponsabilità nella conduzione dell'azienda". (Edward Prescott, economista conservatore, premio Nobel 2004, su Repubblica di oggi, 12 gennaio 2011).

Il ricatto di Marchionne, le lacrime di Agostino

Le lacrime di Antonio Agostino, vecchio operaio Fiat in pensione, davanti ai cancelli di Mirafiori martedì 11 gennaio 2011, segnano un punto di non ritorno nella storia del nostro Paese. E' un'immagine che ha un forte valore simbolico. E' un'immagine che mi ha commossa.
Comunque vada a finire il referendum-ricatto tra i lavoratori dell'azienda torinese, davvero nulla sarà più come prima. Meno diritti per i dipendenti Fiat in cambio del mantenimento dei posti di lavoro. Oppure la Fiat se ne andrà altrove. Il governo è d'accordo. Anche la dignità del lavoro è ormai una merce. La chiamano modernità.
(Le foto sono di Alessandro Contaldo)

giovedì 6 gennaio 2011

Dopo quella mia lettera al "Corriere della Sera"

Questa assenza prolungata dalle pagine del mio blog non è dovuta a una lunga vacanza, ma al tempo che ho dovuto dedicare (in questo periodo già affollato dalle feste di fine anno) alle reazioni alla pubblicazione, sul Corriere della Sera del 18 dicembre scorso, di una mia lunga lettera sulla condizione di precarietà diffusa nel mondo del lavoro, che ormai riguarda non più una, ma alcune generazioni.
La lettera, più o meno, è quella che ho scritto in occasione del compleanno di mia figlia, che in questo blog appare in data 11 dicembre 2010. La versione pubblicata dal Corriere della Sera si può trovare nel sito del Corriere scrivendo il mio nome e cognome nel motore di ricerca (purtroppo non posso copiare qui il link perché, non so per quale ragione tecnica, non viene accettato).
In questa lettera, col pretesto del compleanno di mia figlia, non intendevo parlare di lei, del suo caso, come qualcuno ha frainteso, o purtroppo ha voluto fraintendere. Intendevo invece, come ho specificato chiaramente, gettare un sasso nello stagno e sollevare possibilmente una discussione che riguardasse tutti i giovani.
Già il giorno dopo, sempre sul Corriere, sono apparsi due articoli, uno di Maurizio Ferrera, docente di politiche sociali, l'altro di Pietro Ichino, docente di diritto del lavoro. Entrambi, da punti di vista diversi, giungevano alla stessa conclusione: le attese dei giovani vanno ascoltate nell'interesse generale e i modi per farlo ci sarebbero, qualcuno anche a costo zero.
Un docente che ha criticato la mia lettera è stato Paolo Preti, direttore del master Piccole imprese della Sda Bocconi, che ha scritto due articoli pubblicati e visibili su un sito che si chiama ilsussidiario.net.
Il primo intitolato "I veri precari", in cui in modo miope mi accusa di fare la sindacalista di mia figlia, ignorando tutto il resto; il secondo, dal titolo "L'aiuto ai 'precari'", in cui sostiene che "la cosa si è un po' smontata dopo che si è scoperto - Brunetta dixit a Porta a porta - che questa signora è una caporedattrice dello stesso giornale".
Al professor Preti rispondo, nel primo caso, che ha capito proprio nulla dello scopo della mia lettera; nel secondo, che ha fatto male a fidarsi di Brunetta: non sono mai stata, tanto meno adesso che sono in pensione da quasi sei anni, caporedattrice del Corriere, ma ho lavorato al Corriere, come semplice redattrice, oltre trent'anni fa. Non credo proprio che la pubblicazione della mia lettera sia stata una cortesia dei colleghi: nessuna delle lettere che ho mandato in passato al Corriere su altri temi è mai stata pubblicata.
E poi che la discussione non mi sembra affatto che si sia sgonfiata. Il merito va a tutte le voci che, anche indipendentemente dalla mia iniziativa (non ho certo scoperto qualcosa di nuovo), l'hanno tenuta viva. Ma il merito maggiore va al presidente Napolitano che, nel suo messaggio di fine anno, si è speso molto per i giovani e il loro disagio causato dalla mancanza di prospettive per il futuro. E questo è quel che conta.
In questi giorni, a causa della mia lettera al Corriere, ho fatto anche un'esperienza televisiva nel programma Apprescindere (Rai 3), condotto da Michele Mirabella. Purtroppo un'esperienza assai deludente: a causa dello sforamento d'orario del programma precedente il mio intervento è stato brevissimo, compresso nei tempi anche dal Tg che seguiva. Così, anche se il testo della mia lettera è stato utilizzato dagli autori come copertina, in realtà ho potuto parlare pochissimo. Peccato, un'occasione sprecata.
Nel complesso però il dibattito nato intorno a questo argomento mi fa sperare che, prima o poi, qualcuno si ricordi che giacciono in Parlamento delle proposte che sarebbe almeno il momento di discutere per poi prendere delle decisioni concrete, nell'interesse di tutti.