sabato 23 febbraio 2013

Ultimatum per il postino

Attraverso la rete ho ricevuto una delle immagini più divertenti della campagna elettorale appena terminata. L'ha scattata qualcuno che, per esasperazione, ha deciso di dare un taglio netto alla cospicua corrispondenza molesta spedita dal cavaliere.
Quando poi questa propaganda raggiunge, come in questo caso, una persona che mai ha votato e mai voterà Berlusconi, la reazione del destinatario può diventare pericolosa.
Stai attento, postino.

Il mondo di Candido è pieno di solidarietà

Festa grande ieri alla Gazzetta dello Sport. A quattro anni dalla morte di Candido Cannavò, direttore storico del più importante quotidiano sportivo italiano, la Fondazione Cannavò ha presentato i suoi nuovi progetti nel corso del "Candido day 2013".
Cannavò ha diretto la Gazzetta per quasi vent'anni lasciando anche il segno profondo della sua umanità, un tratto che lo ha portato a cercare umili, emarginati, disabili, carcerati per offrire loro, attraverso la sua narrazione, una sponda, una speranza.
"Ho capito che si può sognare in fuorigioco", ha detto Luis, giovane recluso nel carcere di Monza e attore in un lavoro teatrale messo in scena in quell'istituto di pena da Gianfelice Facchetti per uno dei progetti della Fondazione. Un messaggio che invita a uscire da condizionamenti e steccati per riprendersi la vita anche quando la vita sembra perduta. Parole che sarebbero piaciute a Cannavò.
Il programma della Fondazione per quest'anno ha quattro obiettivi principali.
Il progetto Carceri, già realizzato per San Vittore, si estenderà a quello di Opera. E' un progetto di educazione alimentare, conoscenza del corpo, educazione motoria e sportiva, finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti, oltre la metà dei quali scontano lunghe pene detentive con conseguenze pesanti sul loro fisico.
Poi c'è "Io tifo positivo", idea nata nel 2005 dalla collaborazione di Cannavò con don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria, per continuare a diffondere in modo sano ed educativo la passione per lo sport coinvolgendo sempre più società di calcio e dirigenti scolastici.
il progetto "Donne al volante Panamerica 2013" prevede invece un viaggio di 18 mila km in due mesi nell'America del Sud, dal Venezuela a Capo Horn per supportare l'associazione "Terres des hommes" in un programma per contrastare la violazione dei diritti delle bambine nel mondo.
Infine un intervento per ridare vita al Parco Trotter (ex ippodromo con pista del trotto) a Milano, insieme al Comune e alla Fondazione Cariplo. Il Parco Trotter, area verde cara ai milanesi, in cui per molti anni ha avuto sede la Scuola del Sole con le sue aule e lezioni anche all'aperto, da troppo tempo è in condizioni di degrado totale. Il progetto si chiama "Le ragazze e i ragazzi di via Padova" vuole avvicinare i giovani al basket e sensibilizzare le famiglie sull'utilità dell'educazione motoria.
Nei suoi primi tre anni di vita la Fondazione Cannavò ha già realizzato ventisei progetti sociali e culturali (la mostra Donna e Sport) e un'importante iniziativa editoriale come il volume Le prime pagine della Gazzetta (dalla nascita alla XXX Olimpiade), oltre 450 prime pagine che ripercorrono cento anni di storia dello sport, gli atleti, le squadre, le medaglie, le emozioni.


Dichiarazione di voto

Vigilia elettorale. Temo Grillo, non i grillini. Temo la violenza, le parole d'ordine, gli slogan sbraitati (chi sarò l'otorinolaringoiatra di Grillo?) dell'antipolitica che si fa politica.
I grillini di oggi per certi versi somigliano ai leghisti dell'89. Non bisogna sottovalutarli, come si fece con la Lega Nord, bisogna ascoltarli. Molti di loro sono più vicini a noi di quanto non si pensi: non praticano la violenza verbale del loro capo ma, salvo qualche esagerazione di colore, dimostrano il buonsenso che vuole prevalere sul disinteresse della pubblica amministrazione per le condizioni dei cittadini. Del resto, quante volte anche noi ci siamo augurati che una politica nuova prendesse il posto della politica inefficiente che ci ha governato negli ultimi anni? Non condividiamo l'azione di Grillo, ma certamente il suo movimento ha dato una certa scossa alla vecchia politica politicante.
Domani voterò per Sel alla Camera, anche se non condivido l'idea del referendum sull'art. 18 e voterò Pd al Senato, anche se finora è stato troppo debole in materia di lavoro (due eccezioni solo apparentemente antitetiche, in realtà nate entrambe dal bisogno di coniugare diritti e mercato). Infine voterò Umberto Ambrosoli alla regione Lombardia (senza alcuna eccezione).

giovedì 21 febbraio 2013

Perché Bersani risponde alle provocazioni di B.?

No, Bersani non doveva raccogliere le provocazioni di Berlusconi e rispondere alla restituzione dell'Imu con l'abolizione dei ticket sulle visite specialistiche (abolizione che sarebbe certamente equa essendo una tassa che ricade su chi è più malato, ma che non deve essere oggetto di "questa" campagna elettorale basata sul chi le spara più grosse).
E' vero che talvolta il fine giustifica il mezzo (Niccolò Machiavelli), ma scendere sul terreno del cavaliere è davvero un'idea disgustosa.
Di fronte alle reiterate grida sulle tasse (giuste, per carità, ma qui se ne è abusato), Bersani doveva parlare molto di più di lavoro, magari partendo dalle tasse sul lavoro. Questo mi aspettavo dalla sinistra.

mercoledì 20 febbraio 2013

Non bastava l'art. 18. Qualcuno vuole il 18 bis

Immagino già commenti  tipo: "Non bastava un articolo 18, adesso vogliono anche il 18 bis!".
La proposta di introdurre un art. 18 bis è stata avanzata da Riccardo Nencini, Psi, con l'intento di difendere quei giovani che non hanno mai avuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La vocazione garantista dei socialisti (di certi socialisti, non di quelli che stanno nel Pdl) si vede anche in materia di lavoro.
Ma non basta. Nella stessa occasione Nencini, per ridare speranze ai giovani, sollecita un'età pensionabile inferiore a quella stabilita dalla legge Fornero, così da rimuovere il tappo che blocca sul posto di lavoro persone che potrebbero essere sostituite da forze fresche, e infine l'estensione dell'apprendistato anche a chi ha più di 35 anni (apprendisti adulti? Apprendisti pensionabili......?).
Giusta la prima. Bizzarra la terza.

Quale rivoluzione?

"Quando la miseria si moltiplica e la speranza fugge dall'uomo, è tempo di rivoluzione", disse una volta Oscar Niemeyer, maestro di architettura e di pensiero.
Questa frase sarebbe (è) la fotografia dello scenario in cui viviamo da alcuni anni. Allora perché nessuno fa la rivoluzione? Perché i giovani non si ribellano? Perché non ci siamo ribellati noi adulti quando abbiamo capito che la situazione stava precipitando e ci avrebbe travolti tutti?
Mi capita talvolta, parlando soprattutto con giovani della "generazione perduta" (come l'ha definita il presidente Monti), di dover rispondere a certe loro curiosità sul contesto economico e sociale in cui invece è vissuta e cresciuta negli anni '70 la "generazione fortunata" (di cui faccio parte anch'io).
Lavoro, sogni, prospettive concrete di futuro erano a portata di mano, l'"ascensore sociale" funzionava per chi si impegnava nello studio e nel lavoro e distribuiva opportunità per chi sapeva coglierle. I risultati molto spesso erano gratificanti e ripagavano le famiglie per i sacrifici fatti per i figli. E anche quando i risultati erano modesti, permettevano comunque di vivere mediamente bene e di godere dei frutti guadagnati e redistribuiti dallo Stato sociale (ai giovani d'oggi tutto questo sembra un film di fantascienza, pur declinato al passato prossimo).
Verso la metà degli anni '90, qualcosa però si è inceppato e non solo quell'ascensore si è bloccato irrimediabilmente al piano terra, ma dopo qualche anno si è cominciato ad avvertire anche il rischio che politiche sbagliate lo facessero sprofondare al piano seminterrato. Inutile premere il bottone stop.
Chi avrebbe dovuto ribellarsi? La "generazione perduta" all'epoca era in terza media o in prima liceo e tutto si aspettava fuorché di diventare, dopo l'università, una generazione senza futuro perfino, paradossalmente, un po' sbertucciata (dai bamboccioni ai choosy)  da chi le aveva fatto terra bruciata intorno in nome di una flessibilità del lavoro che, per essere all'altezza dei tempi, doveva essere per forza l'unica forma di lavoro e che, nella pratica, è stata disciplinata con regole (leggi Biagi e Fornero) di facilissima elusione.
In quegli anni cominciavamo a percepire che il futuro dei nostri ragazzi sarebbe stato duro sì, ma noi continuavamo a essere fiduciosi perché sapevamo d'aver dato loro gli strumenti per prepararsi ad affrontarlo ed eravamo quasi certi che tutti i sacrifici che avevamo fatto per la loro educazione e preparazione, non potevano che essere comunque premiati, magari non subito, ma certamente premiati.
La crisi, pur conclamata nonostante la reiterata negazione di chi avrebbe dovuto cercare di affrontarla e gestirla con politiche efficaci, non aveva ancora tuttavia raggiunto le vette degli ultimi due anni.
La speranza che la situazione non potesse peggiorare più di così ci ha ingannati.
Intanto per noi, "generazione fortunata", è passato il tempo della protesta e delle piazze infuocate in cui ci agitavamo in gioventù comunque da garantiti; ora tutta la famiglia (spesso nonni compresi) è impegnata a sostenere psicologicamente ed economicamente i suoi figli senza futuro anche intaccando risparmi destinati alla vecchiaia: una rivoluzione sociale silenziosa, certamente non quella dei tumulti di piazza evocata da Niemeyer, l'unica rivoluzione che l'attuale società, impermeabile a ogni minima richiesta sociale, può concepire e di cui non possiamo neppure vantarci.



lunedì 11 febbraio 2013

Editoria. La morte annunciata dei periodici

Poco fa Rainews ha dato notizia della chiusura o della vendita di una decina di testate della Rcs Periodici: A, Bravacasa, Yacht & Sail, Max, Europeo, Astra, Novella, Visto, Ok Salute e il polo dell'enigmistica. Circa a metà gennaio Mondadori aveva annunciato la chiusura di Casaviva, Men's Health, Ville & Giardini, Panorama Travel.
Ho lavorato in un paio delle testate Rcs che ho citato. Nelle altre, e in tutte le altre riviste dei due maggiori gruppi editoriali italiani, ho molti colleghi e amici.
Le prospettive per ognuno di loro non sono incoraggianti. Diverse centinaia di "esuberi" che verranno prepensionati, licenziati, "venduti" o ricollocati nel migliore e poco probabile dei casi senza tener conto di ruoli, competenze, professionalità.
Una dolorosa, grande débacle che gli editori spiegano soprattutto con la grave crisi che ci attanaglia da alcuni anni e col crollo della pubblicità, in caduta libera; una débacle le cui radici però affondano nei numerosi errori di gestione di tutti coloro che si sono succeduti alla guida dell'azienda negli ultimi 25/30 anni.
Per tanti anni gli editori hanno incassato profitti soprattutto inseguendo il flusso del mercato, sfornando testate che si sarebbero rette su una tendenza (verde e ambiente, salute, divulgazione scientifica eccetera) soggetta alla moda del momento, a fenomeni passeggeri, tendenza fragile quindi, ma in quel momento quelle testate erano "galline dalle uova d'oro".
La crisi dell'intero sistema informazione-consumi-pubblicità ha fatto collassare riviste nate proprio come contenitori di pubblicità, poco inclini per politica editoriale a offrire un'informazione decontaminata da elementi mercantili.
Anche il proliferare di testate fotocopia l'una dell'altra, che si cannibalizzavano reciprocamente, ha ridotto gli spazi di diffusione e sopravvivenza dei periodici, conseguenza alla quale non è estranea anche la progressiva "femminilizzazione" e "periodicizzazione" dei quotidiani, anch'essi affamati di pubblicità. La scarsa, o nulla, autorevolezza di una stampa ormai poco attenta alla qualità dell'informazione e alla dignità del lavoro giornalistico, difese ormai solo dagli ultimi giapponesi rintanati in redazioni senza potere, ha assestato un altro colpo gravissimo alla tenuta del sistema.
Nell'incertezza sul futuro di queste testate, quel che è certo è che a pagare questo altissimo prezzo saranno ancora i lavoratori e le loro famiglie. Nessuno dei responsabili, ormai al caldo con le loro pingui liquidazioni, pagherà un centesimo. Nessuno di coloro che per anni hanno guidato queste aziende senza vedere oltre il loro tavolo, pagherà per questa colpevole miopia.
Finisce un'epoca per il giornalismo dei periodici, che tanto ha fatto nei suoi anni migliori anche per la crescita civile e culturale del nostro Paese, e cambia definitivamente il sistema dell'informazione. Non siamo certi che sarà in meglio.

sabato 9 febbraio 2013

Ma Berlusconi non era quello che non licenziava?

La casa editrice Mondadori, che appartiene alla famiglia di Silvio Berlusconi, dopo aver annunciato la chiusura di quattro testate (Casaviva, Panorama Travel, Men's Health, Ville & Giardini), sta ultimando una ricognizione in tutte le altre testate per individuare quanti saranno i giornalisti in esubero.
Si calcola che quasi certamente saranno un centinaio (35 sono quelli delle testate che stanno chiudendo, più 60/65 distribuiti tra Panorama, Grazia, Donna moderna, Sorrisi e Canzoni eccetera).
Berlusconi, in caso di vittoria elettorale ha messo sul tavolo 4 milioni di posti di lavoro. Qualcosa non mi quadra.

mercoledì 6 febbraio 2013

Giustizia per chi ha contratti di lavoro truffaldini

In tema di occupazione c'è un nodo che si preferisce far passare sotto silenzio per non ingarbugliare ancora di più una materia così complessa: il problema dei lavoratori con contratti falsi, quindi illegali, anche da molti anni, una condizione che è ben nota alle aziende ma che tocca al lavoratore dimostrare per poter chiedere giustizia. Quale giustizia?
La legge Fornero ha introdotto qualche cambiamento formale, ma la sostanza resta ed è una colossale e reiterata truffa ai danni di chi lavora con contratti atipici (progetto, partita Iva) con continuità, mansioni, prestazioni, orari uguali a quelli dei lavoratori dipendenti.
Un'altra legge fortemente ingiusta, il "Collegato al lavoro" del ministro "socialista" del Lavoro Maurizio Sacconi, e con palesi requisiti di incostituzionalità perché genera inuguaglianza tra lavoratori con gli stessi diritti, impedisce a questi cittadini di impugnare tutti i contratti pregressi fuorché l'ultimo. In questo modo tutti gli anni di lavoro passati non possono essere rivendicati, e costituire anzianità a tutti gli effetti, e al lavoratore resta solo la possibilità di impugnare l'ultimo contratto, magari un contratto di pochi mesi. Ma chi avrà voglia di farlo? Nessuno, perché vorrebbe dire essere licenziati immediatamente. A meno di aver trovato precedentemente un altro posto di lavoro.
Il tema è estremamente impopolare fra le aziende, ma se la legge è uguale per tutti allora a questi lavoratori andrebbe restituito quanto è stato loro sottratto con metodi truffaldini e con continuità.

lunedì 4 febbraio 2013

Alitalia nasconde la faccia. Vergogna

Alitalia, che nasconde nottetempo la sua faccia cancellando logo tricolore e tutto ciò che la contraddistingue dal relitto dell'aereo Atr72 della compagnia rumena Carpatair (che operava proprio per conto della nostra compagnia di bandiera) è chiunque non sappia assumersi le proprie responsabilità, è chi mente, è la nostra classe politica affollata di persone che  rubano e nascondono le mani, corrompono e lo negano, mostrano di fare l'interesse dei cittadini e invece perseguono affari personali.
Che tristezza. Neppure sapere che l'operazione è stata autorizzata dalla magistratura "per decoro aziendale" giustifica questo fatto, anzi rafforza l'indignazione di chi ogni giorno ci mette la faccia. Senza contare che l'effetto mediatico della cancellazione della livrea del velivolo produce, anche e soprattutto a livello internazionale, l'effetto opposto. Vergogna.
Tenuto conto della liberalizzazione che fa volare chiunque, il "decoro aziendale" si sarebbe tutelato non sottoscrivendo contratti di subappalto con partner che non sono in grado di operare in sicurezza.

domenica 3 febbraio 2013

Berlusconi no Imu? Chissenefrega

Dopo aver comprato una "mela marcia" che farà molti gol (Balotelli) per il suo Milan, Berlusconi ha dichiarato che nel corso del primo Consiglio dei ministri del nuovo governo (di cui lui ovviamente farà parte) farà restituire agli italiani, e a se stesso per le sue numerose ricche dimore, quanto pagato per l'Imu.
E' questa la proposta choc annunciata? Nulla di sorprendente, è solo la vecchia solita storia per raccattare soprattutto i voti degli sprovveduti (tanti purtroppo) e di chi ha un grave difetto di memoria.
Voglio continuare a pagare le tasse, tutte le tasse, ne mettessero anche una sulla pizza (tassa che sarebbe odiosissima per noi) .... purché ci mettano in grado di pagarle. Come? Col lavoro stabile. Non voglio più sentire promesse elettorali di questo tipo. Tanto tra un po', aumentando il numero di chi perde il lavoro e aumentando quello dei giovani che non lo troveranno mai, le tasse non potremmo pagarle più comunque.
Solo chi riuscirà a dare lavoro vero anche alla fame di futuro delle ultime generazioni di italiani potrà dire d'aver vinto, e non solo le elezioni ma una grande battaglia di civiltà.