giovedì 25 giugno 2015

Stipendi Pa e pensioni: chi ha avuto e chi ha dato

"Chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato". Non sono una costituzionalista, ma mi sento di dire che questo mi è sembrato il principio ispiratore, poco consono a uno Stato di diritto, di un paio di interventi di uno Stato pasticcione in materia di pensioni e di contratti e retribuzioni della Pubblica amministrazione.
Nel primo caso la sentenza della Consulta ha giudicato illegittimo il blocco della perequazione delle pensioni deciso nel 2011 dal governo Monti, sentenza che dovrebbe essere applicata retroattivamente e che comporterebbe un esborso di circa 5 miliardi di euro secondo una stima dell'Avvocatura dello Stato. Una decisione che ha provocato ovviamente un terremoto per i conti dello Stato, infatti il governo Renzi ha già escogitato il modo per disattenderla prevedendo un rimborso parziale e non a tutti i pensionati.
Nel secondo e più recente caso la Consulta ha agito diversamente. Giudicando illegittimo, ma stavolta non retroattivo, il blocco dei contratti e delle retribuzioni degli statali deciso nel 2010 dal governo Berlusconi, la Consulta ha agito secondo alcuni con senso dello Stato; un po' furbescamente, secondo altri. In sostanza, invocando quanto aggiunto all'art. 81 della Costituzione nel 2012, e cioè "l'equilibrio tra le entrate e le spese di bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico", la Consulta toglie le castagne dal fuoco al governo Renzi che non sarà tenuto a risarcire i dipendenti statali per i mancati adeguamenti dei loro stipendi.
Intendiamoci, l'art. 81 della Costituzione sancisce un buon principio se lo Stato fosse retto da buoni amministratori. Invece così non è e nella quotidianità l'applicazione di questo principio finisce per pesare sull'equilibrio dei bilanci famigliari.  Siamo sicuri che non ci fossero altri sprechi da eliminare per avere i conti in ordine?
In estrema sintesi, lo Stato fa le leggi ma è il primo a trovare il modo per non rispettarle. E anche l'immagine della Corte Costituzionale non ne esce proprio bene.

domenica 21 giugno 2015

Elisabetta Sgarbi preferisce i precari a progetto

Dal Tg3 Linea Notte del 20 giugno 2015. Tra gli argomenti trattati c'è la riforma della scuola con la previsione di assunzione di circa 100 mila precari. Dopo gli interventi di un paio di ospiti in studio, prende la parola Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale della Bompiani (RCS Libri), scrittrice e regista (è presente infatti per presentare il suo docufilm Per soli uomini, che testimonia l'esistenza dura di tre uomini che lavorano nel fragile ecosistema del Delta del Po allevando pesce).
Allacciandosi alla questione dei precari della scuola, la Sgarbi interviene: "I precari, sì, ma dov'è effettivamente una politica di assunzione dei precari? Per quel che riguarda le case editrici esistono un'infinità di contratti a progetto che forse diventeranno assunzioni, ma dove i ruoli sono totalmente indistinti. Il 'progetto' ancora definiva un obiettivo..... e quindi un'attività all'interno della casa editrice, l'assunzione ci sarà ma probabilmente queste persone si troveranno a svolgere un ruolo che.....". Interviene mormorando il conduttore Maurizio Mannoni: "Nella scuola (i precari) un ruolo lo troveranno. Del resto lavorano nella scuola.... verranno regolarizzati". E interrompe le parole un po' sconclusionate della Sgarbi annunciando con decisione:"Ora vediamo i titoli dei giornali sulla scuola......".

sabato 20 giugno 2015

Una sanatoria vantaggiosa secondo Ichino

Due giorni fa ho fatto una domanda all'on. Ichino, giuslavorista. L'occasione è stata l'incontro "Dall'art. 18 al Jobs Act" che si è svolto presso la sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, dove il giuslavorista si è confrontato con Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil.
Non avendo Ichino risposto pubblicamente (forse per mancanza di tempo?), alla mia domanda se era vero che nel decreto attuativo sul riordino dei contratti era prevista la sanatoria pro-aziende di cui al post precedente, al termine del dibattito l'ho avvicinato e gli ho ripetuto la domanda.
“Certamente”, è stata la risposta dell’on. Ichino. “Del resto, scusi, in questo modo il lavoratore ha il vantaggio di poter scegliere se accettare la conciliazione oppure fare causa”.
Una risposta che mi ha lasciato di stucco. Invece di risarcire il lavoratore che ha ricevuto un danno da contratti precari reiterati si fa una sanatoria per premiare l’azienda che ha tratto beneficio da quel danno.
Questa sanatoria sarà punitiva soprattutto per quei lavoratori che sono precari da molti anni, un altro schiaffo a quella “generazione perduta” (secondo una infelice definizione di Mario Monti quando è stato presidente del Consiglio) formata da ex giovani invecchiati nella precarietà, di cui nessuno si occupa perché è troppo scomodo guardare indietro, meglio far finta di niente a guardare avanti.
Un altro regalo alle aziende, virtuose e non, che hanno già avuto l’abolizione dell’art. 18 e lo sgravio contributivo di 8 mila euro all’anno per tre anni. E questa sarebbe la lotta alla precarietà? La fine del dualismo nel mercato del lavoro?

giovedì 18 giugno 2015

Ultimo scandalo Jobs Act: la sanatoria pro aziende

Per rispettare la legalità il Jobs Act sarebbe in gran parte da riscrivere. L'ultima novità contenuta nel decreto sul riordino dei contratti è scandalosa.
Invece di prevedere una sanatoria a favore dei lavoratori che sono stati brutalmente truffati con falsi contratti a progetto e false partite Iva riconoscendo loro, nel passaggio al nuovo contratto "a tutele crescenti", l'integrità dei contributi pregressi e una somma una tantum per le differenze retributive, tredicesima e Tfr, il legislatore ha pensato ancora una volta di beneficiare le imprese, soprattutto quelle disoneste. Come? Dopo l'abolizione dell'art. 18 e gli 8mila euro di sgravi contributivi all'anno (per 3 anni) a favore delle imprese, ecco la beffa: nel passaggio dai contratti atipici a quello "a tutele crescenti" il 1° gennaio 2016 scatterà una sanatoria ancora a tutto vantaggio delle aziende che hanno violato la legge con l'estinzione di quanto dovuto ai lavoratori in materia contributiva, amministrativa e fiscale per il tempo di lavoro pregresso. In sostanza il lavoratore dovrà rinunciare a tutto quanto gli è dovuto firmando una conciliazione; in cambio l'azienda s'impegna a non licenziarlo per un anno.

venerdì 12 giugno 2015

Jobs Act: non è tutto oro quel che brilla

Non passa giorno che non ci siano annunci confortanti sull'aumento dell'occupazione a tempo indeterminato grazie al Jobs Act. Bene, contrariamente a quanto viene sbandierato ai quattro venti, si tratta di contratti "a tempo indeterminato e a tutele crescenti" che di "indeterminato" hanno nulla perché si può licenziare con molta facilità e di "crescente" hanno solo un modesto indennizzo per chi è licenziato.
Non mi stupisco che nessuno dica questa sacrosanta verità. Del resto se il Jobs Act, voluto da un sedicente governo di centrosinistra, è piaciuto solo a chi l'ha scritto e alla Confindustria (felice del regalo di tre anni di incentivi e della cancellazione dell'art. 18 salvo rari casi di discriminazione) un motivo ci sarà.
Certo, sempre meglio un uovo oggi che una gallina domani; merito del Jobs Act, e glielo riconosco, è quello d'aver agitato un po' le acque stagnanti del mercato del lavoro, per molti anni paralizzato da leggi inique che hanno creato una precarietà diffusa (quella sì, purtroppo, stabile). Però si sarebbe potuto fare di meglio. Quindi, la si smetta con i facili trionfalismi sull'aumento dell'occupazione, la verità è molto meno brillante.

giovedì 11 giugno 2015

La paga di Gad Lerner e quella dei colleghi RCS

Ieri ho letto che Gad Lerner ha deciso di interrompere la sua collaborazione con il gruppo Repubblica-Espresso (editore non nuovo a stati di crisi) perché, rispetto al lavoro che fa, ritiene di essere pagato poco (Primaonline.it).
Poi ho letto che RCS Mediagroup ancora una volta farà ricadere sui lavoratori il peso delle scelte dissennate compiute da un management incapace e irresponsabile: altri 470 esuberi da ripartire in tutte le attività del gruppo cui far fronte con una nuova richiesta di contratti di solidarietà.
Ovviamente Lerner è libero di pretendere quel che ritiene giusto per il suo lavoro così come l'editore è libero di riconoscerglielo oppure no. E' il mercato. 
Diversamente i colleghi RCS non hanno alcuna libertà perché, per poter lavorare, da qualche anno sono sotto ricatto e sembra che continueranno a esserlo.
Per non cadere in troppo facili moralismi trovo che la vicinanza di queste due notizie sia un po' stridente. E in ogni caso, comunque, avrei preferito non doverle leggere.

mercoledì 3 giugno 2015

La cattiva politica scaccia quella buona

Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, è stata denunciata per diffamazione da Vincenzo De Luca, "impresentabile" neoeletto governatore della Campania. Un po' in ritardo ma la Commissione ha fatto il suo dovere e troppo impulsivamente De Luca ha risposto. Comunque vada a finire questa brutta storia, penso che si accentuerà ancora la lontananza dei cittadini dalla politica proprio quando il Paese ha più bisogno della politica, della buona politica.