lunedì 1 maggio 2017

Primo Maggio, una festa non per tutti

Non c'è da festeggiare il lavoro in questo 1° Maggio. Per un senso di pudore nessuno dovrebbe celebrare la Festa del Lavoro. Il lavoro manca da anni a molti giovani e meno giovani che non sanno neppure che cosa si provi a essere assunti, ad avere diritti, contributi per la malattia e la pensione. Molte persone hanno perso il lavoro, altre rischiano di perderlo.
E' vero, la piena occupazione è un'utopia. Ma uno scenario in cui chi è rimasto indietro venga aiutato concretamente a ripartire non sarebbe cosa impossibile.
Ieri sera ho visto in tv un Matteo Renzi trionfante per la vittoria (purtroppo scontata: il conformismo, soprattutto quello dell'ex sinistra che ha perso il senso critico, è davvero una malattia incurabile) nelle primarie. Per l'ennesima volta Renzi si è appuntato sul petto la medaglia del Jobs Act con i suoi oltre 700 mila posti di lavoro creati. Si è guardato bene però, Matteo Renzi, dal ricordare che quei posti di lavoro li ha comprati a spese dei contribuenti con quasi 20 miliardi di defiscalizzazioni concessi a pioggia per tre anni a tutte le aziende che assumevano a tempo indeterminato (anche a quelle che magari per anni avevano sfruttato biecamente quei lavoratori precari nell'indifferenza del sindacato).
Si chiama "contratto a tutele crescenti" quello introdotto dal Jobs Act, ma ciò che cresce nel tempo è solo l'entità dell'indennizzo in caso di licenziamento. E la tentazione di licenziare qualcuno, trascorsi tre anni di defiscalizzazione, per qualche azienda poco seria sarà molto forte.
Infine, a Susanna Camusso segretaria nazionale della Cgil che, in occasione del 1° Maggio, ha lamentato che "per i giovani si fa troppo poco" chiederei dov'era il sindacato quando (oltre 15 anni fa) il lavoro veniva spogliato di dignità e diritti e nasceva il precariato.

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