"Dove eravate in questi anni? Dove eravate quando nel mondo del lavoro si è prodotta la più grande ingiustizia tra chi il lavoro ce l'ha e chi no, tra chi ce l'ha a tempo indeterminato e chi precario?", ha tuonato qualche giorno fa Matteo Renzi rivolto ai sindacati, ancora una volta scesi sul terreno della difesa dell'art 18, articolo dello Statuto dei lavoratori (1970) della cui tutela godono un terzo dei lavoratori italiani (circa 7 milioni contro 22 milioni di lavoratori che non ne hanno diritto).
Certo, lo schiaffo brucia e comunque uno scossone andava dato. Tardivamente solo Landini (Fiom-Cgil) e Bonanni (Cisl) avevano ammesso di non aver fatto abbastanza per i precari (avrebbero potuto tranquillamente dire di aver fatto mai nulla!).
Nulla ha fatto però anche la politica di sinistra che, in tema di lavoro, sembra essersi svegliata ora improvvisamente da un sonno durato vent'anni: dopo la breccia aperta nel 1997 dal "pacchetto Treu" (centrosinistra) con il riconoscimento del lavoro interinale, il centrodestra ha avuto un'autostrada a disposizione per le sue leggi di riforma del mercato del lavoro, passate senza trovare opposizione, con effetti devastanti sul futuro di alcune generazioni.
Adesso che si è tolto questo sasso dalla scarpa, Renzi dovrebbe smetterla di menare fendenti e passare a una fase costruttiva. Con chi? Renzi non è persona che accetti suggerimenti (e stranamente - o no - sembra più in sintonia con i Sacconi e i Brunetta che con i suoi compagni di partito) e ha tutta l'aria di voler procedere "muro non muro tre passi avanti". Ecco, faccia attenzione il nostro premier; la linea dell'uomo solo al comando ha portato sempre ad andare a sbattere.
mercoledì 24 settembre 2014
mercoledì 17 settembre 2014
Contratto di lavoro a tutele crescenti? Ni
Ieri alla Camera, presentando il programma "Mille giorni" sulle riforme da attuare entro fine legislatura, Matteo Renzi, che aveva sentito alle sue spalle la voce grossa fatta dall'Europa, ha battuto i pugni per la prima volta sul lavoro, parlando esplicitamente di una riforma che faccia superare l'"apartheid" tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B entro quest'anno: riforma da fare, se necessario, anche con un decreto.
Però, quanta improvvisa determinazione!
Su come il governo intenda superare questa discriminazione le idee sembrano ancora molto confuse. Comunque, senza perdere ulteriore tempo, il governo ha presentato, all'interno della riforma chiamata Jobs Act un emendamento che introduce il contratto a tutele crescenti (Ichino), della durata di tre anni, durante i quali il lavoratore gradualmente conquista delle tutele e al termine del quale verrebbe stabilizzato. A prima vista l'impressione è quella di un altro contratto che andrebbe ad arricchire la già foltissima categoria dei contratti esistenti; infatti, dettaglio preoccupante, l'emendamento, che introduce anche il mansionario flessibile e i controlli a distanza prima vietati, mira sì al superamento dell'art.18 (peraltro già depotenziato dalla riforma Fornero) ma per il momento non scalfisce minimamente la giungla di contratti precari che doveva essere sfoltita.
Però, quanta improvvisa determinazione!
Su come il governo intenda superare questa discriminazione le idee sembrano ancora molto confuse. Comunque, senza perdere ulteriore tempo, il governo ha presentato, all'interno della riforma chiamata Jobs Act un emendamento che introduce il contratto a tutele crescenti (Ichino), della durata di tre anni, durante i quali il lavoratore gradualmente conquista delle tutele e al termine del quale verrebbe stabilizzato. A prima vista l'impressione è quella di un altro contratto che andrebbe ad arricchire la già foltissima categoria dei contratti esistenti; infatti, dettaglio preoccupante, l'emendamento, che introduce anche il mansionario flessibile e i controlli a distanza prima vietati, mira sì al superamento dell'art.18 (peraltro già depotenziato dalla riforma Fornero) ma per il momento non scalfisce minimamente la giungla di contratti precari che doveva essere sfoltita.
Per la giungla di contratti (46 tipologie contrattuali) creata ad arte, e fortemente mantenuta, dalle leggi sul lavoro varate dai governi precedenti (centrosinistra, centrodestra e, boh, governo Monti) sarebbe previsto una sorta di censimento per verificarne "la coerenza con il contesto produttivo e col tessuto occupazionale". Cioè gran parte di questi contratti resteranno.
Ma come si fa a crescere se gran parte della forza lavoro, soprattutto quella dei 25-40enni, che potrebbe consumare e spendere per comprar casa, cambiare l'auto, comprare un frigo nuovo..... non lo fa perché non ha certezza per il proprio futuro?
Ma come si fa a rilanciare il lavoro senza cancellare prima le leggi sbagliate, e ingiuste, che l'hanno regolato?
E' vero che il lavoro non si crea per legge o per decreto. Il lavoro si crea con gli investimenti e la crescita; ma con leggi e decreti è stato massacrato e si sono create le premesse per una precarietà diffusa. Riscrivere e semplificare le regole può aiutare. Purché il Jobs Act non diventi l'ennesima riforma che invece di incentivare l'occupazione toglie dignità ai lavoratori.
Ma come si fa a rilanciare il lavoro senza cancellare prima le leggi sbagliate, e ingiuste, che l'hanno regolato?
E' vero che il lavoro non si crea per legge o per decreto. Il lavoro si crea con gli investimenti e la crescita; ma con leggi e decreti è stato massacrato e si sono create le premesse per una precarietà diffusa. Riscrivere e semplificare le regole può aiutare. Purché il Jobs Act non diventi l'ennesima riforma che invece di incentivare l'occupazione toglie dignità ai lavoratori.
venerdì 6 giugno 2014
Anch'io, col cuore, sono sbarcata in Normandia

La settimana scorsa ho visitato alcuni luoghi che sono stati scenario della più grande e più complessa operazione militare del XX secolo, di cui oggi si celebra il 70° anniversario.
Guardavo l'orizzonte dalla collina e mi sembrava di vederli avanzare come il 6 giugno 1944: erano poco più che ragazzi e venivano da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Canada per liberare l'Europa dalla follia nazifascista. Bersagli troppo facili per il nemico arroccato sulla collina.
Quanto sangue per darci la libertà. Quanti eroi, nessuno con la voglia di diventarlo: persone normali, per questo eroi ancora più grandi.
giovedì 22 maggio 2014
Expo 2015: lavorare gratis, lavorare tutti

Ma Expo 2015 non doveva rappresentare anche un'importante occasione di rilancio dell'occupazione?
Certo, tutti i grandi eventi nazionali e internazionali si sono sempre serviti della collaborazione di giovani volontari per ricevere, orientare e gestire la moltitudine di visitatori, ma allora aveva più senso fare una simile esperienza come volontario (vuoi per ampliare le proprie esperienze, crearsi nuove relazioni eccetera) perché comunque il mercato del lavoro era ancora vivo. Ma oggi?
lunedì 12 maggio 2014
I costi della corruzione e non solo....
"Capitale corrotta, nazione infetta". Questo celebre titolo de L'Espresso (inchiesta di Manlio Cancogni sulla speculazione edilizia a Roma, 1956) calza a pennello purtroppo ormai a tutto il nostro Paese.
Tangentopoli non è mai finita: gli arresti "eccellenti" di questi giorni lo testimoniano. Che schifo. E le conseguenze di questi comportamenti criminali le paghiamo tutti, soprattutto pesano sul costo economico e sociale del lavoro.
Da anni, per esempio, la colpa del mercato del lavoro bloccato, troppo rigido, viene attribuita alla crisi economica e questa responsabilità è individuata soprattutto nella rete di protezione dei lavoratori, nei loro diritti che sarebbero sempre troppi e impediscono agli imprenditori di fare gli imprenditori. Balle.
Troppa burocrazia, lentezza biblica della giustizia, i crediti che le aziende fornitrici dello Stato non riescono a riscuotere e l'alto tasso di corruzione (vedi la cronaca recente) sono invece tra i maggiori fattori responsabili della rigidità del mercato del lavoro.
Tangentopoli non è mai finita: gli arresti "eccellenti" di questi giorni lo testimoniano. Che schifo. E le conseguenze di questi comportamenti criminali le paghiamo tutti, soprattutto pesano sul costo economico e sociale del lavoro.
Da anni, per esempio, la colpa del mercato del lavoro bloccato, troppo rigido, viene attribuita alla crisi economica e questa responsabilità è individuata soprattutto nella rete di protezione dei lavoratori, nei loro diritti che sarebbero sempre troppi e impediscono agli imprenditori di fare gli imprenditori. Balle.
Troppa burocrazia, lentezza biblica della giustizia, i crediti che le aziende fornitrici dello Stato non riescono a riscuotere e l'alto tasso di corruzione (vedi la cronaca recente) sono invece tra i maggiori fattori responsabili della rigidità del mercato del lavoro.
Chi ha orecchie per intendere, intenda e la smetta di raccontare frottole.
giovedì 8 maggio 2014
La mia proposta per il lavoro
Il lavoro non c'è perché l'economia non cresce. Il primo assaggio del Jobs Act (nuove regole per apprendistato e contratto a tempo determinato) è molto indigesto: che produca qualche posto di lavoro è tutto da vedere.
Neppure le precedenti riforme hanno fatto crescere l'occupazione o, meglio: il pacchetto Treu (1997) ha introdotto la flessibilità e aperto la strada alla precarietà; la legge Biagi (2003) ha inventato i contratti atipici e ha consolidato la precarietà; la legge Fornero (2012) ha compiuto un maldestro tentativo di contrastare la precarietà e ha rafforzato invece l'equazione flessibilità uguale precarietà.
Il lavoro non c'è e, dicono quelli che sanno, non si può creare per legge. Certo, ma allora perché per legge si è creata la precarietà?
Da diversi anni mi interesso di questo problema. Penso che, con le categorie dell'apprendistato, del contratto a tempo determinato, del contratto a tempo indeterminato e del contratto stagionale, si possano coprire tutte le esigenze del mercato del lavoro. Che bisogno c'è di inventarsi contratti fantasiosi forieri solo di precarietà?
Detto questo, secondo me la soluzione potrebbe essere come l'uovo di Colombo. Il contesto sociale negli ultimi dieci anni è profondamente mutato e lo Statuto dei lavoratori, che risale addirittura al 1970, non corrisponde più alla situazione reale; si potrebbe allora abolire anche quel che resta dell'ormai anacronistico art. 18 (esclusi i casi di discriminazione) e contestualmente abolire tutti, dico tutti, i contratti atipici. Una riforma coraggiosa. Troppo; anche per un governo spregiudicato, come quello di Renzi, che non perde occasione per dire che ascolta tutti ma poi decide per proprio conto.
Neppure le precedenti riforme hanno fatto crescere l'occupazione o, meglio: il pacchetto Treu (1997) ha introdotto la flessibilità e aperto la strada alla precarietà; la legge Biagi (2003) ha inventato i contratti atipici e ha consolidato la precarietà; la legge Fornero (2012) ha compiuto un maldestro tentativo di contrastare la precarietà e ha rafforzato invece l'equazione flessibilità uguale precarietà.
Il lavoro non c'è e, dicono quelli che sanno, non si può creare per legge. Certo, ma allora perché per legge si è creata la precarietà?
Da diversi anni mi interesso di questo problema. Penso che, con le categorie dell'apprendistato, del contratto a tempo determinato, del contratto a tempo indeterminato e del contratto stagionale, si possano coprire tutte le esigenze del mercato del lavoro. Che bisogno c'è di inventarsi contratti fantasiosi forieri solo di precarietà?
Detto questo, secondo me la soluzione potrebbe essere come l'uovo di Colombo. Il contesto sociale negli ultimi dieci anni è profondamente mutato e lo Statuto dei lavoratori, che risale addirittura al 1970, non corrisponde più alla situazione reale; si potrebbe allora abolire anche quel che resta dell'ormai anacronistico art. 18 (esclusi i casi di discriminazione) e contestualmente abolire tutti, dico tutti, i contratti atipici. Una riforma coraggiosa. Troppo; anche per un governo spregiudicato, come quello di Renzi, che non perde occasione per dire che ascolta tutti ma poi decide per proprio conto.
martedì 6 maggio 2014
Lavoro: una multa che fa ridere (amaramente)
Dell'indignazione di qualche milione di lavoratori precari e delle loro famiglie per le nuove misure del governo che precarizzano ulteriormente il mercato del lavoro, non si è accorto nessuno. Forse ormai la rassegnazione ha lasciato il posto all'indignazione, non so; il fatto è che questo governo, che tante aspettative aveva sollevato con ripetute dichiarazioni di lotta alla precarietà, mi ha completamente delusa.
La nuova, ennesima, riforma del lavoro è stato messa nelle mani di: Giorgio Poletti, ex Pci, già presidente dell'Alleanza delle Cooperative, un imprenditore; Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro del governo Berlusconi, ex Psi, ex Forza Italia, ora col Ncd di Alfano, a suo tempo chiamato "ministro della disoccupazione", acceso sostenitore della flessibilità selvaggia, cioè della precarietà selvaggia, l'uomo che, quando era in carica come ministro, a colpi di decreti ha neutralizzato le residue speranze di quei precari che volevano un riconoscimento formale del lavoro pregresso che avevano svolto con falsi contratti attraverso un'azione legale da intraprendere una volta scaduti i rispettivi contratti; Sacconi mise delle scadenze così ravvicinate per la presentazione dei ricorsi ai giudice del lavoro da rendere impossibile l'azione legale. Infine, Cesare Damiano, altro ex Pci, lunga carriera nella Fiom-Cgil prima di approdare al Parlamento, dove oggi è presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Non ho capito perché nel gioco degli equilibri politici abbia nettamente prevalso la volontà di Sacconi e di tutto il Nuovo centro destra. Ho visto in un Tg Alfano molto soddisfatto: "Bene, ora c'è più Biagi e meno Fornero", ha detto, come se la Fornero fosse stata di sinistra!
"Ora c'è più Biagi" vuol dire di fatto che le aziende che violeranno il divieto di avere più del 20% di contratti a tempo determinato, invece della stabilizzazione obbligatoria per il surplus di quei contratti pagheranno una multa. Una multa, capito?
Adesso il decreto dovrà ripassare dalla Camera per l'approvazione definitiva. Ancora una volta un provvedimento sulla pelle dei più deboli.
La nuova, ennesima, riforma del lavoro è stato messa nelle mani di: Giorgio Poletti, ex Pci, già presidente dell'Alleanza delle Cooperative, un imprenditore; Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro del governo Berlusconi, ex Psi, ex Forza Italia, ora col Ncd di Alfano, a suo tempo chiamato "ministro della disoccupazione", acceso sostenitore della flessibilità selvaggia, cioè della precarietà selvaggia, l'uomo che, quando era in carica come ministro, a colpi di decreti ha neutralizzato le residue speranze di quei precari che volevano un riconoscimento formale del lavoro pregresso che avevano svolto con falsi contratti attraverso un'azione legale da intraprendere una volta scaduti i rispettivi contratti; Sacconi mise delle scadenze così ravvicinate per la presentazione dei ricorsi ai giudice del lavoro da rendere impossibile l'azione legale. Infine, Cesare Damiano, altro ex Pci, lunga carriera nella Fiom-Cgil prima di approdare al Parlamento, dove oggi è presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Non ho capito perché nel gioco degli equilibri politici abbia nettamente prevalso la volontà di Sacconi e di tutto il Nuovo centro destra. Ho visto in un Tg Alfano molto soddisfatto: "Bene, ora c'è più Biagi e meno Fornero", ha detto, come se la Fornero fosse stata di sinistra!
"Ora c'è più Biagi" vuol dire di fatto che le aziende che violeranno il divieto di avere più del 20% di contratti a tempo determinato, invece della stabilizzazione obbligatoria per il surplus di quei contratti pagheranno una multa. Una multa, capito?
Adesso il decreto dovrà ripassare dalla Camera per l'approvazione definitiva. Ancora una volta un provvedimento sulla pelle dei più deboli.